Davvero siamo tutti colpevoli, per i massacri di Gaza? Da quel pezzo di terra arrivano solo immagini di macerie e non si comprende che cosa ancora ci sia da distruggere.
Volti scavati, visi di bambini dagli occhi profondi che non hanno più desideri né grida. Bambini che, se sopravviveranno, odieranno per sempre. Nuovi terroristi, odiatori di Israele, di ebrei, di Occidente.
No, non mi sento colpevole. La Chiesa che è la mia voce, voce potente per milioni di flebili voci, ha sempre testimoniato la pace. E non c’è pace senza giustizia e senza verità. Giustizia per i palestinesi e giustizia per gli israeliani.
Seguendo la Chiesa si è sempre invocato il dialogo, l’arma della diplomazia e l’arma della preghiera, per far tacere le armi, per invitare le grandi potenze a far cessare la loro vendita, gli investimenti sugli strumenti di morte.
Da oltre un secolo tutti i Pontefici hanno alzato la loro voce per la pace. Nessuno è stato ascoltato. Quindi non mi sento colpevole di omertà.
Ma tutti un po’ lo siamo se abbiamo sostenuto sistemi di potere che hanno permesso o alimentato le guerre; o se abbiamo pensato che questa violenza non ci riguardasse. O che forse era perfino giustificabile.
Potevamo col voto delle nostre democrazie cambiare la storia? Non credo. La democrazia è figlia dell’Occidente e l’Occidente, pressato da autocrazie proterve, non pare avere futuro.
L’America tradisce la sua vocazione, o forse ci siamo illusi ne avesse una. L’Europa non esiste: 27 Stati nazionali che non riescono ad accordarsi neppure per sveltire le normative e le barriere che li condannano all’irrilevanza.
Non è un soggetto politico, non ha potere di deterrenza e neppure più potere economico, ma è colpa sua, nostra. Da decenni abbiamo divelto l’impalcatura che sorreggeva l’ideale europeo.
Lì dove è nato il diritto. Dove è nata la filosofia, cioè le domande sull’uomo, sulle sue origini e destino. Dove è nata la persona e la difesa del suo essere unico e irripetibile, perché derivante dall’Essere, il Creatore.
Dismesse le sue radici, l’Europa non ha più voce e non conta più nulla, attaccata di volta in volta al carro della convenienza, Usa, Israele o Russia, Paesi arabi, Cina. L’Europa doveva da subito spiegare a Netanyahu che la vendetta provoca altra vendetta, che il terrore non si ripaga col terrore, che la storia di un popolo perseguitato non giustifica l’estinzione programmata di un altro popolo. Doveva dire a voce alta: Non in nostro nome. Non denaro, non armi, ma i corpi dei suoi leader insieme, per dire e mostrare cos’è l’uomo, al confine della striscia di Gaza.
Forse i terroristi di Hamas o i rabbiosi fondamentalisti israeliani non avrebbero gradito; forse non sarebbe cambiato nulla. Ma avremmo fatto vedere che un altro mondo, un’altra ragione è possibile. Perché «se i tempi non sono buoni, noi siamo i tempi». E dovremo rendere conto dell’indifferenza, della comoda pavidità o degli schemi ideologici che sfruttano il dolore per aumentare il consenso, dall’una e dall’altra parte. C’è una parte sola, la dignità della persona.
(foto Reuters)