Ho ricevuto una lunga lettera da un lettore che avevo pensato di rinviare alla lettura di qualche libro denso sul tema, perché sono sempre più convinto che i problemi esistenziali non si risolvono con un tweet o una breve. Tuttavia, volendo condividere con i lettori la riflessione di Federico, questo il nome del nostro amico lettore, ecco la sua domanda, riassunta con questo estratto: «Come può la fede convivere con tutte le teorie cosmologiche dell'universo? E non mi riferisco tanto al Big Bang quanto alle “teorie del tutto” che cercano un compimento della fisica teorica (non mi riferisco solo a Stephen Hawking) e che per quanto ancora non siano verificabili, mi pongono davanti un'infinità di domande scientifiche, ma soprattutto filosofiche».
Ed ecco qualche estratto della che ho risposta inviato a Federico, ammirandolo per la grande schiettezza con la quale guarda il suo cammino e non cede ad affrettate posizioni “definitive”… Conosco bene quell'equilibrismo tra fede e dubbio. Fa parte della struttura della mia anima anche. Confesso che lo studio della filosofia e della teologia, per me, è stato un modo per rispondere e per rimanere anche in ascolto e in dialogo con le mie stesse domande. Da giovanissimo, c'erano momenti in cui tutta la mia vita sembrava appesa alla soluzione di una domanda o alla risoluzione di un dilemma intellettuale.
Con il tempo, ho imparato che bisognerebbe distinguere (il che non significa necessariamente separare). La mia relazione con il Signore è su un piano diverso rispetto a tutte le domande che mi pongo. Si tratta di una schizofrenia tra pensiero e vita? La mia risposta è no e cerco di spiegare la mia démarche con due analogie.
La prima è quella delle onde e della calma del mare profondo. Le onde sono agitate da diversi venti e gravitazioni e la superficie dell'acqua è in continuo movimento, il mare profondo è stabile, quieto, in pace.
La seconda analogia la assumo dalla vita di coppia (perché no, anche la mia). Da fidanzati o neo-sposi, ogni discussione metteva in discussione tutto – «siamo fatti l'uno per l'altra?», «stiamo andando nella giusta direzione?», «ci dobbiamo lasciare?».
Maturando, ora il problema è circoscritto a se stesso, trattato in se stesso. Non ritorniamo ad Adamo ed Eva per discutere di una domanda di ieri e non evochiamo il drago a sette teste per prospettare una domanda di domani. Per la risposta a Federico,