Una lettera di minaccia, l’auto danneggiata e poi candeggina nelle ampolline dell’acqua e del vino utilizzate nella celebrazione della Messa. Vittima di questi episodi il parroco di Pennaconi, frazione di Cessaniti, nel vibonese, don Felice Palamara, 39 anni. Il sacerdote ha sventato quest’ultimo tentativo durante la celebrazione: accostato il calice alla bocca ha sentito un odore strano e ha deciso di non bere scoprendo successivamente, attraverso analisi di laboratorio, che le ampolle contenevano candeggina. Il vescovo della diocesi di Mileto-Nicotera-Tropea, monsignor Attilio Nostro, ha mostrato subito vicinanza al sacerdote recandosi nella sua comunità. La diocesi «sta vivendo un momento di sofferenza a causa di atti intimidatori che nulla hanno a che fare con la normale vita cristiana delle parrocchie», si legge in una nota: «Per questo mi appello nuovamente alle comunità cristiane perché non si lascino scoraggiare da questo linguaggio di violenza. Non dobbiamo cedere a questa logica, facendoci tentare dallo sconforto e dalla rabbia. Non possiamo accettare questo linguaggio, non dobbiamo rispondere all’odio con odio, sapendo che non è possibile dialogare davvero con chi si rifiuta di farlo».
«La mia vendetta si chiama amore» ha scritto il sacerdote, che fa parte degli Oblati del Sacro Cuore fondati dal Beato don Francesco Mottola e che oggi sono vicini al confratello. «Il mio scudo perdono, la mia armatura misericordia», ha scritto sui social don Palamara aggiungendo che il so agire sarà quello dell’accoglienza, «la mia parola la preghiera, il mio gesto un cuore aperto, la mia battaglia il loro cambiamento. Non mi soffermo agli ostacoli, né mi lascerò impaurire dal buio, perché al di là di tutto chiunque sia, qualsiasi cosa è stata fatta per me è, e rimane quel fratello solamente d' amare, anche se la giustizia dovrà fare il suo corso».
Qualche giorno prima aveva scritto: «L’amore è quell’arma che cura, sana, salva ancor prima a chi la possiede, a chi la usa, poiché solamente l’amore è quel soffio che ti spinge a volare in alto, a non cadere nella bassezza dell’odio, del rancore, ma a vendicarti solamente con il perdono». Parole significative di questo giovane prete nato a Tropea nel 1985 e diventato sacerdote il 13 maggio 2011. Ha guidato prima la parrocchia di Santa Maria dei Cento Ferri di Panaia di Spilinga e da 10 anni è parroco presso la comunità San Nicola in Pannaconi. Durante il suo percorso per diventare sacerdote don Palamara ha ricevuto il miracolo che ha portato alla beatificazione, nel 2021, di don Francesco Mottola, scomparso nel 1969 (dopo 27 anni sulla sedia a rotelle), definito “certosino di strada”, e “testimone delle sofferenze di Cristo”.
Era il 2008 e don Felice frequentava il Seminario Romano Maggiore quando ha iniziato ad accusare forti dolori alla vescica e l’impossibilità di svuotarla completamente. Fu l’inizio di un calvario condiviso con i superiori e con i suoi compagni di seminario che costantemente lo seguivano anche durante i ricoveri in ospedale. Subì un intervento all’ospedale Careggi di Firenze ma senza alcuna evidenza risolutiva. Don Felice aveva paura di morire e voleva diventare sacerdote e “celebrare almeno una messa”. Ogni giorno pregava davanti ad un quadro di don Mottola: la notte «tra il 13 e 14 maggio 2010 feci un sogno: mi trovavo – ha raccontato - in una chiesa, ad un certo punto vidi arrivare un prete. Non lo guardavo in faccia, tenevo gli occhi bassi sulla sua talare. Gli dissi: ‘Chi siete voi?’. Lui mi risposte: ‘Sono padre Mottola, mi chiami sempre, a tutti parli di me’. ‘Padre sto male, devo fare altri interventi’, gli dissi. E lui: ‘No, non ti preoccupare. Non farai nessun’altro intervento. La tua vescica ritornerà come prima. Adesso alzati e vai in bagno».
Don Felice ebbe un po di incertezza ma don Mottola le «mettendomi la mano sulla testa mi disse: ‘Fino all’effusione del sangue vai avanti perché tu mi servirai per tante cose buone nella Chiesa». Don Felice guarì completamente. Si può dire dunque, dopo l’episodio della candeggina nel vino per la Messa, che è stato miracolato due volte.