È stata una luce per migliaia di ragazzi smarriti ma assetati di vita. E continuerà a esserlo, seppur in modo diverso. Giovedì 3 agosto, alle 5.30 del mattino, è mancata (ma i suoi amici preferiscono dire “è nata al cielo”) suor Elvira Petrozzi (nota più semplicemente come “madre Elvira”), la fondatrice della Comunità Cenacolo, una realtà che da quarant’anni cammina a fianco degli ultimi, a Saluzzo (Cuneo) dove è nata, ma anche in moltissimi altri luoghi del mondo. Madre Elvira aveva 86 anni e da tempo era provata nel fisico. Nelle ultime settimane i suoi più stretti collaboratori avevano chiesto di intensificare la preghiera per lei.
Al secolo Rita Agnese Petrozzi, era nata a Sora (Frosinone) nel 1937, «da gente povera», come lei stessa ricordava. Trasferitasi in Piemonte, a 19 anni era entrata in convento, a Borgaro Torinese, nella congregazione delle Suore della Carità di Santa Giovanna Antida Thouret, dove aveva preso il nome di suor Elvira. Il 16 luglio del 1983 (e il 40esimo anniversario di quella data è stato appena celebrato, con un momento di festa e riflessione) la religiosa aveva ricevuto le chiavi di una vecchia villa diroccata, sulla collina di Saluzzo. Ecco l’origine della Comunità Cenacolo, una casa per le persone più fragili e provate, con una speciale attenzione per i giovani vittime delle tossicodipendenze e dell’alcolismo. Un numero incalcolabile di questi ragazzi e ragazze, in quarant’anni di impegno, sono stati aiutati a uscire dalla spirale di morte e a riprendere in mano la propria vita. Qualcuno ha anche deciso di rimanere al Cenacolo, abbracciando uno stile di vita semplice ma pieno di gioia, fatto di preghiera, lavoro e accoglienza. E, nel tempo, l’operosità di madre Elvira ha dato vita a ben 70 comunità, gemelle di quella saluzzese (particolarmente nutrita è la presenza in America Latina).
In questo momento di mistero e silenzio, grande è la commozione tra i membri delle fraternità sparse nel mondo. Pochi giorni fa (dal 13 al 16 luglio), proprio nella ricorrenza dell’anniversario di fondazione, la Comunità Cenacolo aveva organizzato, come da tradizione, la Festa della Vita, un momento di preghiera, ma anche di incontro, testimonianza, danza e canto, nel nome della fiducia nel Risorto, più grande di ogni ferita o caduta. Quest’anno l’appuntamento aveva un sapore molto speciale, sia per la ricorrenza dei quarant’anni, sia per la precaria salute della fondatrice, simbolicamente raggiunta e abbracciata dall’affetto di tutti. Anche papa Francesco, nell’Angelus di domenica 16 luglio, aveva voluto rivolgere un saluto «alla Comunità Cenacolo, che da 40 anni è luogo di accoglienza e promozione umana; benedico madre Elvira, il Vescovo di Saluzzo e tutte le fraternità e gli amici. È bello quello che fate ed è bello che esistiate! Grazie!».
Ci restano la bellezza e la freschezza di una vita spesa per gli altri. Una vita di madre, capace di generare tanta altra vita. E ci restano le parole che suor Elvira diceva da tempo, riguardo alla sua dipartita. «Quando diranno: “Elvira è morta!”, dovete cantare, ballare, fare festa... perché io sono viva! Guai se dite: “poverina…”. No, niente “poverina”! Io vado ben tranquilla e felice e canto, canto già! Davanti a me si spalancherà qualcosa di grandioso… la vita non muore!»
Le Edizioni San Paolo hanno pubblicato due volumi con le riflessioni di suor Elvira. Sono L'abbraccio (2013) e Madre Elvira (2014). Rimangono testi utili per capire le scelte della religiosa. Si è trattato della prima volta, infatti, nella quale la fondatrice delle Comunità Cenacolo si è racconta in prima persona: la vocazione, la prima casa, l’arrivo dei giovani, la pedagogia, i pilastri della comunità (preghiera, provvidenza e accoglienza), l’apertura al mondo, la nascita dei tre rami con lo stile missionario di vita.