Fabrizio Curcio, nuovo capo della Protezione Civile (Foto di Marco Giorgetti).
Al Festival del Volontariato di Lucca ha scelto di fare la sua prima apparizione pubblica: è il nuovo capo della Protezione civile, Fabrizio Curcio. Ingegnere, 48 anni, Curcio è nella Protezione Civile dal 2008. Una promozione interna, quindi: l’ultimo suo incarico era stata la direzione dell’Ufficio di Gestione delle Emergenze.
«Il nostro paese ha fragilità strutturali», esordisce parlando a Famiglia Cristiana. «Occorre che ne prendiamo tutti coscienza. Abbiamo la tendenza a innamorarci del rischio del giorno. Ma i problemi sono tanti. Le priorità? Vengono definite dalle urgenze. È in base al bisogno che si potrà stabilire come distribuire le risorse a disposizione. È il territorio che comanda. Niente è escluso, neppure lo tsunami».
Il nuovo responsabile della Protezione Civile insiste però soprattutto sulla necessità che cresca la consapevolezza collettiva: «Su questo continueremo a impegnarci molto», precisa. «Anche perché nel 2015 non è possibile morire in un sottopasso. Né perché si va incautamente sulle rive del fiume in piena. Questi sono morti che non possiamo permetterci. È inaccettabile».
- Ingegner Curcio, quale considera la priorità da affrontare domani?
«Quella che già consideravo ieri. Ho il vantaggio che la mia nomina è una scelta interna alla struttura della Protezione Civile. Già come capo dipartimento ho contribuito a formulare le priorità. Noi interveniamo sulla prevenzione e gestione delle emergenze. Il nostro è un Paese che ha molte risorse, che deve quindi saper gestire. Ad esempio: sul piano della prevenzione, noi ci occupiamo dell’allertamento sulle questioni idriche. Non solo riguardo alle previsioni metereologi che, ma anche per l’impatto sul territorio che quelle previsioni avranno. Di fonte al rischio ciò che più conta è il lavoro nel e con il territorio, con i Comuni, in stretto coordinamento con le nostre strutture nazionali».
Curcio durante l'intervento al Festival di Lucca (Foto di Marco Giorgetti).
Un "esercito" di oltre 300 mila volontari che il mondo ci invidia
- Quindi la prima sfida è far crescere sensibilità e coscienza?
«Senza dubbio. Le azioni pratiche sono innumerevoli, ma la questione della sensibilizzazione culturale è fondamentale. In passato si è dato l’idea che sia la struttura centrale che raggiunge il cittadino. Invece sono i cittadini che devono conoscere il territorio, perché sono loro presenti nel territorio. E i primi referenti, da questo punto di vista, sono i sindaci, che hanno bisogno di forte supporto, da parte nostra, questo è certo, ma anche dai propri cittadini. Va in questa direzione la campagna “Io non rischio”: nel corso di quest’anno raggiungeremo 450 piazze e decine di associazioni, con lo scopo di sensibilizzare sui comportamenti corretti nei casi di alluvioni, terremoti, emergenze naturali».
- In questo momento qual è il quadro?
«Abbiamo 33 stati di emergenza aperti. Dal punto di vista normativo abbiamo buoni strumenti d’intervento per le grandi emergenze, mentre ci sono maggiori difficoltà su quegli eventi, come le alluvioni, che mentre sono in corso ancora non sappiamo se saranno considerate emergenze. C’è una legge delega allo studio che dovrebbe risolvere molte difficoltà operative».
- Il volontariato quanto è importante?
«Molto. La Protezione Civile non è un ente, non è un corpo. È una funzione. La sua realtà è composita: ci siamo noi della struttura centrale, ma ci sono anche i Vigili del fuoco, le Forze armate, le Forze dell’ordine, tutta la componente scientifica. E i volontari: senza di loro non riusciremmo a fare quello che facciamo. Contiamo sempre più su un volontariato preparato. Stiamo parlando di oltre 300 mila persone. Una realtà che esiste solo in Italia e che il mondo ci invidia. Da questo punto di vista è importante il rapporto con la scuola: è là che si costruisce quella base di consapevolezza da cui nasce il nostro volontariato. E anche i mezzi d’informazione ci possono aiutare molto, facendo passare l’idea che si deve evitare di pensare che la Protezione Civile è qualcun altro. La Protezione civile è prima di tutto ciascuno di noi, nel proprio territorio».