Tra i molti volti nuovi e imprevisti del Governo appena insediato spicca sicuramente quello di Elena Bonetti al Ministero Pari Opportunità e Famiglia. Ben pochi nei giorni scorsi, anche tra gli addetti ai lavori, avrebbero potuto ipotizzare il suo nome, per un incarico che è da sempre tra i più ambivalenti nelle responsabilità ministeriali. La famiglia infatti a parole è per tutti decisiva, cruciale, importante, fondamentale… soprattutto in campagna elettorale. Peccato che il dicastero ad esso dedicato sia senza portafoglio, e il budget ad esso riservato sia stato spesso appena sufficiente per l‘ordinario funzionamento delle strutture. Il primo augurio che facciamo al nuovo ministro è quindi che la famiglia non arrivi più buona ultima, nelle priorità del Governo, con risorse e scelte operative da “saldi di fine stagione”, sostenuta solo se avanza qualcosa dalle scelte (e dai rinnovati appetiti) di tutti gli altri ministeri.
In questo senso una prima opportunità è già presente tra i 29 punti (prima erano 26) del pur generico “pre-programma strategico” posto alla base del nuovo accordo politico Pd – M5S, laddove viene ipotizzata qualche azione per l’introduzione dell’”assegno unico” (per la famiglia o per il figlio? ad oggi non è molto chiaro, ma il tempo per fare chiarezza c’è). Questa proposta in questi ultimi mesi aveva raccolto consenso trasversale in quasi tutti i partiti, ed è promossa con tenacia e convinzione anche dal Forum delle associazioni familiari. Sarebbe una risposta concreta ad una delle principali emergenze di sistema che oggi il nostro Paese deve affrontare: quella questione demografica che ormai sta diventando sempre più un vero e proprio suicidio demografico. Però proprio questo primo nodo svela la permanente fragilità degli impegni di politica familiare e la difficoltà di “fare il ministro della Famiglia” nel nostro Paese; introdurre l’assegno unico non tocca infatti al dicastero presieduto da Elena Bonetti, ma necessita di una decisione e del placet del ministero dell’Economia e del Tesoro, di quei ministri, cioè, che negli anni scorsi continuavano a dire: “Bell’idea, sostenere le famiglie, ma non veniteci a chiedere fondi”.
Di fatto, quindi, la sfida si gioca prima di tutto nella capacità di portare la vertenza famiglia al tavolo del consiglio dei ministri come una priorità assoluta, e non come l’ultima delle necessità del Paese (come purtroppo è troppo spesso già successo): il primo compito del ministro Bonetti quindi non sarà chiedere più risorse per il proprio dicastero, quanto piuttosto riuscire a spostare le priorità del premier Conte, inserendo la famiglia tra le priorità dell’agenda per il Paese: insieme ad altre priorità certamente importanti, come Europa, deficit di bilancio, politiche migratorie, infrastrutture, scuola, sanità, interventi per i terremotati, revisione del reddito di cittadinanza… Insieme, e non “dopo”, perché la famiglia è un “punto di vista” irrinunciabile per capire e per intervenire sulla società italiana, non è uno dei tanti “interessi particolari” che un nuovo governo deve in qualche modo saper soddisfare.
Certamente esiste poi un agenda specifica per il Ministro della Famiglia, che la impegnerà non poco, e al cui interno sarà importante attribuire le giuste priorità:
- il sostegno ai caregiver (con recenti buone leggi approvate ma prive di finanziamento – ahimé, si torna ancora lì…), per affrontare il crescente dramma delle famiglie che devono assistere i propri cari fragili, disabili e non autosufficienti;
- un deciso rilancio del sistema delle adozioni internazionali, che deve tornare ad essere un fiore all’occhiello per il nostro Paese nel contesto internazionale, dopo anni davvero tristi…
- E ancora: far ripartire gli organi di dialogo con la società civile, come l’Osservatorio per la famiglia e l’Osservatorio sull’infanzia, perché negli ultimi mesi questo prezioso dialogo tra istituzioni e società civile si è davvero rarefatto se non quasi totalmente interrotto.
- i due Osservatori chiamano anche due priorità, ad essi connesse: da un lato l’urgenza di rilanciare un Piano nazionale per la famiglia, che potrebbe ripartire dal Piano 2012 e dall’ultima Conferenza nazionale (Roma 2017), perché senza un disegno organico di politiche familiari continueremo a mettere solo pezze, oppure provvedimenti una tantum, solo per situazioni circoscritte. Solo in un Piano organico, ad esempio, potrebbero trovare giusta cornice il rilancio degli asili nido e un vero supporto alla conciliazione famiglia lavoro (anche qui, bisognerà pur parlare con il Ministero del Lavoro…);
- dall’altro, rispetto al tema dell’infanzia, ripartire dall’Osservatorio potrebbe anche servire per non dimenticare l’urgenza di rivedere l’intero sistema della tutela dell’infanzia ferita, perché i fatti di Bibbiano non si ripetano, ma anche perché su questi fatti non venga delegittimato un intero mondo di accoglienza e solidarietà, di tante famiglie, associazioni, comunità.
La lista è incompleta: però sono priorità sicure, bisogni concreti, condizioni di fatica che segnano la vita di centinaia di migliaia di famiglie (e di giovani che vorrebbero fare famiglia), che chiedono risposte concrete e rapide. Senza farsi affascinare da temi e dibattiti su “altri diritti”, apparentemente moderni e politicamente corretti, ma che alla prova dei fatti si sono rivelati “di nicchia”, come la legislazione sulle unioni civili, per anni al centro di un dibattito politico e sociale gigantesco, per poi essere utilizzata da poche migliaia di persone. Oppure come il falso “diritto ad avere un figlio”, che rende assoluto il desiderio degli adulti, anziché proteggere la crescita dei bambini,fino alla drammatica deriva dell’utero in affitto. Mentre milioni di giovani non riescono a sposarsi, e milioni di genitori combattono quotidianamente per arrivare a fine mese, impoveriti solo perché hanno deciso di accogliere un figlio in più nella loro vita.
Caro ministro Bonetti, auguri di buon lavoro