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Di cibo, soprattutto adesso, si parla tanto. Troppo. Si evocano diete improbabili, intrugli miracolosi, cliniche del digiuno. La Fondazione Barilla con il Center for Food & Nutrition, già protagonista in Expo con il Protocollo di Milano, va in direzione ostinata e contraria. Perché con il suo team di giovani ricercatori e con studiosi ed esperti del calibro di Danielle Nierenberg, Carlo Petrini, Paolo De Castro, Barbara Buchner e Vandana Shiva, solo per citare alcuni nomi, punta l’obiettivo sul rapporto tra cibo e ambiente, sulla correlazione sempre più stretta tra quello che mettiamo nel piatto e l’impatto che il cibo ha sugli equilibri climatici e ambientali. Una “summa” di questo lavoro che va avanti da anni è nel volume Eating Planet. Cibo e sostenibilità: costruire il nostro futuro, giunto alla seconda edizione, pubblicato dal Barilla Center for Food & Nutrition (BCFN) con Edizioni Ambiente e presentato giovedì a Milano alla presenza di Guido Barilla, presidente della Fondazione.
Sfogliandolo si scopre che se consideriamo le emissioni di gas serra, per esempio, è il cibo a dare il contribuito maggiore al cambiamento climatico con il 31% del totale superando il riscaldamento (23,6%) e i trasporti (18,5 %). Nella prima edizione della ricerca si mettevano a fuoco i problemi del sistema alimentare globale: per ogni persona denutrita al mondo due sono in sovrappeso; il 40% dei raccolti di cereali è impiegato per la produzione di mangimi e biocarburanti nonostante il dilagare della fame; a livello globale sprechiamo un terzo della produzione totale di alimenti, che equivale a 4 volte la quantità necessario a dare da mangiare ai 795 milioni di persone denutrite al mondo. Qui si cerca invece di offrire una soluzione a questi problemi solo sfiorati nell’Expo di Milano. «A quattro anni dalla prima edizione», ha spiegato Guido Barilla, presidente della Fondazione, «abbiamo voluto aggiornare Eating Planet per raccogliere i contributi scientifici più rilevanti, raccontare come sta avanzando il percorso intrapreso dal BCFN e proporre soluzioni concrete ai grandi temi legati a cibo e nutrizione. La cosa più importante – il modo in cui ciascuno di noi ha l’impatto più forte sull’ambiente- è quello che mangiamo! In questo senso l’adozione di una dieta sostenibile può diventare un vero e proprio volano di cambiamento per salvaguardare la nostra salute e il pianeta in cui viviamo».
Un altro aspetto interessante è che nonostante diversi indicatori positivi la dieta mediterranea in Italia sembra in declino. Il 18,3% degli Italiani tra gli 11 e i 15 anni – quasi 2 su 10 - è in sovrappeso contro l’8,7% dei Giapponesi e, mentre il 72% della popolazione svedese svolge regolare attività fisica, in Italia si verifica solo per il 29% della popolazione, con un effetto di incidenza sullo sviluppo di patologie che ha ripercussioni sull’aspettativa di vita e sul costo della società per fronteggiarle. Il BCFN propone il modello della doppia piramide alimentare, che mette in relazione gli aspetti nutrizionali degli alimenti e i loro impatti ambientali, generati nella fase di produzione e consumo.
Nella seconda edizione del volume la doppia piramide è stata aggiornata per considerare anche le abitudini alimentari di bambini e adolescenti e degli stranieri che vivono in Italia. La piramide ambientale, dedicata all'impatto dei cibi, mostra come ortaggi, frutta, riso, latte, pane hanno un impatto ambientale basso e, nello stesso tempo, sono anche alimenti alla base della piramide alimentare, quindi del benessere. La sfida di contenere l'impatto degli alimenti inizia a tavola «e riguarda anche le nostre scelte di vita e le nostre abitudini alimentari», ha sottolineato a margine della presentazione del libro il membro dell'Advisory Board di Bcfn, Riccardo Valentini. «La sfida è quella di produrre cibo e di sfamare i prossimi 2 miliardi di cittadini del pianeta terra entro il 2050, senza alterare l'equilibrio climatico». Alcune delle soluzioni sono a portata di mano come quella di limitare il consumo di proteine animali a due volte alla settimana e facendo spazio a cereali e legumi, così si possono risparmiare fino a 2.300 grammi di CO2 al giorno. Una riduzione annuale per persona di 750 chilogrammi.




