Andrea Masullo, 68 anni. Foto tratta dal suo proflio Facebook. In alto: Mya-Rose Craig, giovane ambientalista (quand'è stata fotografata aveva 18 anni) protesta a favore della natura e contro l'inquinamento nel settembre 2020 al Circolo polare artico. Foto Reuters. sul circolo In copertina: stupefacente gioco di lucii e di riflessi su una cascata del fiume Blackberry, nello Stato americano del Connecticut. Foto: Jessica Rinaldi/Reuters
Mentre alcuni considerano un buon accordo quello sul documento finale del G20 Ambiente Clima ed Energia, che si è svolto il 22 e 23 luglio a Napoli, con il coordinamento della presidenza italiana, Andrea Masullo, direttore scientifico di Greenaccord Onlus, già consulente del Ministero per la transizione ecologica sui cambiamenti climatici, si dice «deluso e sconcertato». Ancora una volta sui temi ambientali i leader di Paesi che rappresentano l’80% del Pil mondiale, il 75% del commercio globale e il 60% della popolazione del pianeta, hanno giocato al ribasso. «Il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani - spiega Masullo -, a RaiNews ha manifestato soddisfazione perché “Per la prima volta il G20 ha riconosciuto l’interconnessione tra clima, ambiente, energia e povertà”; tale affermazione sancisce la distanza dei leader mondiali da una seria considerazione della gravità e dell’urgenza delle questioni ambientali in discussione, ammettendo un ritardo di almeno 50 anni rispetto al proliferare di rapporti e letteratura scientifica sull’argomento».
Il riferimento è a tutta quella documentazione che, nell’ultimo mezzo secolo, ha messo in guardia dal consumo esasperato delle risorse ambientali. A partire dal rapporto “Limits to growth” (sui limiti dello sviluppo) elaborato dal Massachuttes Institute of Tecnology (MIT) negli anni ’70, passando per la “Strategia Mondiale per la Conservazione” (United Nations Environment Programme - UNEP, 1980) e, nel 1987, per il rapporto “Our Common Future” della World Commission on Environmental Development, noto come “Rapporto Brundtland” (per la prima volta viene introdotto il concetto di sviluppo sostenibile, definito dalla presidente della Commissione, Gro Harlem Brundtland come “uno sviluppo che soddisfi i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”). Per poi arrivare alla “Conferenza delle Nazioni Unite su Ambiente e Sviluppo”, svoltasi nel 1992 a Rio de Janeiro, in Brasile, e nel 2002 a Johannesburg in Sudafrica, per arrivare ai rapporti sul clima dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, sorto nel 1988 per studiare il riscaldamento globale), ed alle ormai innumerevoli COP (Conferenze delle Parti sulla Convenzione Onu sul Cambiamento Climatico, a partire da quella di Berlino nel 1995, fino all’ultima di Parigi nel 2015) e G8, G20, ai Sustainable Development Goal delle Nazioni Unite, solo per citarne alcuni. In questi cinquant’anni, inoltre, i più prestigiosi scienziati mondiali hanno anche prodotto una ricchissima letteratura scientifica. Per entrare nel dettaglio dell’appuntamento napoletano conclusosi ieri, una delle perplessità che solleva Masullo, riguarda il Comunicato sottoscritto il primo giorno, nel capitolo sulla Protezione degli Oceani.
Impianti eolici e fotovoltaici. Foto Ansa.
Nel suddetto documento si legge: “Per quanto concerne il Marine Litter (i rifiuti dispersi nel mare, ndr) è stata riconosciuta la necessità di intensificare la collaborazione con il settore privato, le organizzazioni internazionali e le parti interessate pertinenti, per stimolare la progettazione di alta qualità di prodotti durevoli e riciclabili, per accrescere la consapevolezza e per costruire le competenze in materia anche attraverso l’educazione ambientale”. «Come spesso accade, dietro la condivisione di importanti principi, c’è un vuoto di concretezza politica ed una distanza fra ciò che si afferma e ciò che si fa. Su pressione di alcuni governi, fra cui l’Italia, dalla messa al bando della plastica monouso nei Paesi dell’Unione Europea, entrata in vigore il 3 luglio scorso, sono state escluse le bottiglie di PET (ricordiamo che la plastica delle bottiglie non si decompone mai). In Italia si consumano circa 8 miliardi di bottiglie di PET da 1,5 litri di acqua all’anno. Se moltiplichiamo questo dato per l’altezza di una bottiglia da 1,5 litri, che è di circa 35 centimetri, ci accorgeremmo che, mettendole tutte in fila, coprirebbero per sette volte la distanza media fra la Terra e la Luna».
La critica del direttore scientifico di Greenaccord si focalizza sul secondo giorno, dedicato ai cambiamenti climatici. Nessuna data per l’eliminazione del carbone dalla produzione energetica e neppure un impegno concreto a rimanere sotto la soglia di 1,5°C di riscaldamento globale. Tutto rinviato al G20 dei Capi di Stato e di Governo, che si terrà a Roma il 30-31 ottobre 2021. «Ma rimanere sotto i 1,5 gradi di riscaldamento globale al 2030 e la decarbonizzazione sono le condizioni minime per evitare una catastrofe irreversibile, in grado di mettere a rischio la vita di gran parte dell’umanità, e di minare le stesse basi della civiltà umana. Sono passati 23 anni dal Protocollo di Kyoto e siamo alla vigilia della ventiseiesima COP, che si svolgerà a novembre in Scozia, a Glaslow, in partnership con l’Italia. Finora la modalità è stata la ricerca del maggior numero di firme che contano, su un documento di impegni. Ma, così facendo, ci si è soltanto persi in estenuanti trattative e ne sono scaturiti documenti annacquati. Tutto ciò è servito allo scopo di contenere i cambiamenti climatici? Assolutamente no, perché le concentrazioni in atmosfera nel frattempo hanno continuato ad aumentare, fino a raggiungere livelli pari a quelli di 800.000 anni fa, quando la specie umana rischiò seriamente l’estinzione. Deduzione logica: la politica non è in grado di risolvere il problema. Ci vogliono nuovi strumenti? Sanzioni ai paesi riottosi da parte di quelli “volenterosi”? Non saprei, ma quel che è certo è che queste “liturgie” sono state fino ad oggi totalmente inutili, e il problema si è ulteriormente aggravato».
Non si può non sottolineare il monito di papa Francesco nell’enciclica Laudato si’(165): “La politica e l’industria rispondono con lentezza, lontane dall’essere all’altezza delle sfide mondiali. In questo senso, si può dire che, mentre l’umanità del periodo post-industriale sarà forse ricordata come una delle più irresponsabili della storia, c’è da augurarsi che l’umanità degli inizi del XXI secolo possa essere ricordata per aver assunto con generosità le proprie gravi responsabilità”. «Ce lo auguriamo tutti - conclude Masullo -, ma purtroppo non siamo ancora sulla strada giusta e il tempo a disposizione è sempre più breve. È necessario che la politica smetta di arrogarsi il diritto di “riconoscere” ciò che la scienza afferma da cinquant’anni, e decida di fare seriamente il proprio dovere, perché mai nessun bambino che nascerà fra 50 o 100 anni, debba dire: “Se sapevano tutto questo, perché non hanno fatto nulla e ci hanno lasciato un mondo così devastato?”»