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Credere

Mogol: «Senza Dio sarei al centro del nulla»

22/11/2018  L’autore delle più celebri canzoni della musica italiana prega tutti i giorni nella cappella della sua casa in Umbria. «Ho capito che accettare il proprio destino è la più bella preghiera»

Il maestro questa volta si è dato all’opera. Il 9 dicembre debutta al teatro Bellini di Catania, con le liriche ispirate alla Capinera di Verga, musiche di Gianni Bella, regia e scenografie del tre volte premio Oscar Dante Daniele Ferretti. Ma «non sarà un’avventura», per citare troppo facilmente una delle canzoni che, al di là degli eventi della vita, hanno reso immortale il suo sodalizio con Lucio Battisti. Perché Giulio Rapetti, in arte Mogol (pseudonimo che dal 2006 compare ufficialmente anche sulla carta d’identità) è un giovane di 82 anni che sa dare corpo e anima ai sogni che continuano a visitarlo, senza sosta.

I GIOVANI, UNA MISSIONE

Nel Cet – il Centro europeo di Toscolano – la cittadella che ha costruito tra i boschi umbri, in cui ha investito «tutti i diritti dei miei testi», l’autore più famoso della canzone italiana forma i giovani che hanno voglia di mettersi in gioco, come autori, compositori, interpreti: «Questa scuola è la mia missione». Il suo motto? «Formiamo l’uomo per formare l’artista». Ma quale idea di uomo ha in mente? «Sono cattolico e cerco Dio. La mia idea parte da ciò in cui credo: formare una persona responsabile, che capisca qual è il senso della vita e comunichi cose utili a tutti».

Mogol è di recente rientrato dagli Usa: l’orologio su una mensola, riconoscimento per la sua opera tributatagli dall’università di Berkeley, gli ricorda che è allo studio «un gemellaggio tra le nostre due scuole di musica». Un progetto che gli sta a cuore, perché «la musica classica è fondamentale, ma arriva a un pubblico limitato», dice il maestro. «Quella popolare raggiunge milioni e milioni di persone, può fare la differenza nell’evoluzione della gente, che ormai non legge più libri né giornali, ma ascolta musica». Per questo, sostiene, «è importante conservare le borse di studio per l’insegnamento della musica pop nei conservatori». Sarebbe un aiuto anche per i giovani che stanno diventando da «virtuosi, virtuali», dice Mogol, che ama e scrive aforismi. Nel cassetto c’è anche un progetto per i migranti, che «si sviluppa in Africa con investimenti europei, con aziende che hanno il know how, per fare agricoltura biologica», del quale ha reso partecipi, ricevendone incoraggiamento, anche il segretario di Stato vaticano Pietro Parolin, il presidente del Parlamento europeo Antonio Tajani e la presidente del Senato, Maria Elisabetta Casellati. E la lista dei progetti futuri – quelli già realizzati comprendono tra l’altro la fondazione della Nazionale cantanti e dell’associazione per bambini autistici L’emozione non ha voce – potrebbe continuare.

Oltre alla scuola, agli studi di registrazione, il Cet dispone di maneggio, piscine, aule congresso, stanze per l’ospitalità. «Sto pensando di realizzare undici ambulatori medici per fare prevenzione, dove la gente impari soprattutto a non ammalarsi: viene qui, passeggia, nuota, pesca, va a cavallo e fa un check up generale», dice, mentre annota un aforisma da inserire al volo in Arance e limoni, l’ultimo libro in via di pubblicazione.

UN CANALE CON IL SIGNORE

  

Da dove gli vengono il fiume di progetti e l’energia per dargli gambe? Gli occhi brillano mentre solleva un indice verso l’alto. «Da lui, il Signore che mi protegge, non ho un’altra risposta che sia onesta. Bisogna stabilire questo canale. La prima motivazione deve essere aiutare gli altri, non pensare a fare soldi. E se uno lavora lavora lavora ce la fa. È assistito». «Senza Dio siamo al centro del nulla», dice uno dei suoi aforismi preferiti. Le foto degli amici – i principali volti della canzone italiana –, quelle con figli e nipoti sono sui tavoli in legno scuro del soggiorno. Sul camino quella storica, che lo ritrae a cavallo con Battisti durante la traversata degli Appennini da Milano a Roma, nel giugno del 1970, e i ritratti della seconda moglie, Daniela Gimmelli. «È soprattutto grazie a lei che la mia scelta di fede è via via diventata sempre più importante», racconta. Con discrezione, ma senza timidezza, spiega perché nel vasto comprensorio del Cet abbia voluto inserire anche una cappella: «Qui abbiamo diecimila persone, tanti giovani e mi sembrava giusto avere una chiesetta. Non siamo osservanti nel senso ortodosso del termine, ma siamo due credenti».

PREGHIERA PER DIRE GRAZIE

Daniela, che alla fine ci raggiunge con Lola e Lilia, i due cani di razza cavalier king charles spaniel che sono parte integrante della famiglia, ha soprattutto una spiritualità mariana, mentre Mogol per la preghiera personale ha una sua “scaletta” ben precisa: «Prego ogni giorno almeno un quarto d’ora, adesso preferibilmente la mattina. È un dialogo fatto di Ave Maria e Padre nostro, con tutte le persone a me care. Prego per i miei morti, per i figli, i nipoti, per quelli che sono in pericolo. Molte sono preghiere di gratitudine, mi ricordo di quello che il Signore e la Madonna mi hanno donato, di quanto mi hanno aiutato, cerco di essere grato per tutto». Un rapporto di “affidamento”, che ha dato vita anche ad alcuni testi, come l’Ave Maria bella che è stata eseguita da Gigi Camedda dei Tazenda nella giornata per l’autismo, all’incontro con papa Francesco, quando Mogol e Daniela hanno accompagnato l’associazione da loro fondata. E alla consulenza per un piccolo musical per bambini, scritto da tre religiose di Arezzo, che andrà in scena prossimamente.

La fede, spiega Mogol, ha nella coscienza lo spazio privilegiato del discernimento. «Prima dobbiamo seguire quella parte del Signore che è dentro di noi. Perché la Chiesa, che per me resterà sempre la casa del Signore, è fatta anche di uomini, e il mio discernimento deve servirmi per capire».

Il suo cammino spirituale quest’anno si è arricchito di una scoperta molto importante: in seguito a un’emergenza di salute – «dopo alcuni controlli mi hanno detto che dovevo mettere quattro bypass» – «ho capito che l’atteggiamento più importante che dobbiamo avere è l’accettazione del proprio destino, qualunque sia. Il Signore secondo me la gradisce più di una preghiera. L’accettazione ha dentro di sé la soluzione».

PARLARE CON L’ESEMPIO

  

Il maestro, che ha dato anche una consulenza per il Videocatechismo della Chiesa Cattolica appena pubblicato, lo scorso anno ha partecipato a un incontro pastorale a Poggio Bustone, paese natale di Battisti, invitato per parlare ai giovani del talento. «Gli ho detto che lo abbiamo tutti, ma va coltivato con la didattica giusta. Tutti possiamo diventare l’inimmaginabile. La magia ci è data facendo approfondimento continuo». Ai giovani ha quindi consigliato di «studiare con gente seria, che ha la capacità di trasmettere. Questo vale per tutte le arti. La maggior parte delle persone non sa che cosa sarebbe potuta diventare. E poi bisogna comunicare la vita: io sono “un cronista del reale”, le mie canzoni più importanti sono quasi tutte frutto del ricordo, delle mie esperienze».

E alla Chiesa cattolica, che ha appena concluso il Sinodo dei giovani, quale consiglio darebbe Mogol? «Comunicare con la parola e con l’esperienza. Perché se cerchiamo soluzioni nella tecnologia andiamo fuori strada. Dobbiamo parlare in diretta con la vita. E ricordare che non c’è nulla che parli più dell’esempio».

Più volte Giulio Rapetti ha dichiarato «vivo intensamente», e non a caso ha voluto chiamare la sua barca “Un’avventura”. A 82 anni com’è questa avventura per Mogol? «È sempre uguale. Faccio progetti dalla mattina alla sera. Non ho perso un goccio di entusiasmo. Se muoio non è colpa mia. Non ho nessuna intenzione di tirare i remi in barca».

SUCCESSI INNUMEREVOLI

Giulio Rapetti nasce a Milano, nel quartiere Lambrate, il 17 agosto 1936. Il padre era un dirigente della Ricordi. Il suo primo successo è Al di là, interpretata da Luciano Tajoli e Betty Curtis, che vince Sanremo nel 1961. Innumerevoli le hit della lunga carriera: A chi (Fausto Leali), Una lacrima sul viso (Bobby Solo), Riderà (Little Tony), Se stiamo insieme (Cocciante), Come Monna Lisa (Mango), L’emozione non ha voce (Celentano), solo per citarne alcune. Celeberrimo il suo sodalizio con Lucio Battisti durato dal 1966 al 1980. Nel 1981 con Gianni Morandi e Paolo Mengoli fonda la Nazionale cantanti di calcio. Ha 4 figli e 7 nipoti.

Foto di Carlo Gianferro

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