C’è una domanda che aleggia nello sguardo di chi assiste alle gare di ginnastica artistica femminile e che rimbalza sui social network: quanti anni hanno davvero le ginnaste cinesi in gara a Rio? Già, perché il regolamento dice che per competere nella ginnastica femminile ne occorrono 16 da compiersi nell’anno solare.
Non c’è sempre stato il limite di età, è stato introdotto quando si è compreso, da Korbut e Comaneci in avanti, che era cominciata la corsa alle ginnaste bambine: preso atto che per girare il corpo in volo torna utile la leggerezza, che l’elasticità articolare decresce con l’età, che il rapporto peso/potenza diventa svantaggioso con la pubertà, si era cominciato a lanciare sulle pedane bambine sempre più piccole. I primi furono l’Urss e e la Romania, chi bazzicava lo sport a metà anni Ottanta ricorda le giovanissime campionesse Oxana Omelianchik (Urss) e di Aurelia Dobre (Romania). La Cina entrò ai Giochi nel 1984.
I limiti d'età c’erano già nel 1980 ma a 15 anni, che nel 1997 sono diventati 16 entro l’anno solare. Altri avevano già provato vie traverse: la romena Daniela Silivas fu iscritta al Mondiale del 1987 con la data di nascita 1972, ma oggi nel data base della Federazione internazionale di ginnastica risulta nata nel 1970. Errore o trucco?
Il problema è esploso nel 2000 a Sydney quando la Cina dovette restituire il bronzo a squadre per aver taroccato la carta di identità di Dong Fangxiao che aveva 14 anni non i 16 nell’anno solare previsti quando prese parte alle Olimpiadi di Sydney. La questione si era riproposta a Pechino 2008, dove la Cina femminile trionfò e finì sotto inchiesta al Cio. L’inchiesta si chiuse a fine settembre 2008 con un esito reso noto da un comunicato che sul sito della Federazione internazionale annunciò: «Gli originali dei documenti ufficiali richiesti dalla federazione cinese in particolare i passaporti e le carte d'identità confermano l'età delle atlete». Solo trascrizioni distratte dunque?
Tutto era partito dai giornali americani secondo cui su siti cinesi le date di nascita non corrispondevano.Il tema era tornato d'attualità ai Mondiali del 2013, quando Marta Karoly direttrice tecnica degli Usa, moglie di Bela maestro di Nadia Comaneci, sollevò i suoi dubbi: «Noi rispettiamo le regole. Credo che le cinesi stiano gareggiando con ginnaste che non hanno l’età minima per partecipare a un Mondiale».
Anche adesso guardando a occhio nudo le finali olimpiche di Rio qualche dubbio viene: i vent’anni all’anagrafe di Shang Chunson, sono quanto di più improbabile in natura: non è solo questione del metro e 43 per 34 chili, anche le altre sono piccole (benché con forme diverse secondo l'età). E’ che quel corpo, come quello di alcune sue compagne di squadra anche di poco più giovani, è acerbo al punto che sembra di avere di fronte una ragazzina non ancora giunta alla pubertà. A 14 anni raramente ci può stare, ma a venti?
Possiamo accontentarci, certo, della foglia di fico di quei documenti, ma se sono autentici, se nessuno ha barato sui numeri, possiamo stare tranquilli sul fatto che nessuno stia, e sarebbe pure peggio, forzando la mano in chissà quale altro modo: sui corpi? Sulla crescita? La Cina è una potenza, la ginnastica in certe parti del mondo, Stati Uniti compresi, una religione. Le rivalità pesano sui sospetti. Ma possiamo accontentarci del fatto che stavolta hanno vinto le meno acerbe americane, che nessun avversario battuto si possa lamentare, per calare il sipario sulle domane che queste ragazze apparentemente troppo più giovani per gli anni che dichiarano ci suscitano?
Il Cio, la Federazione internazionale non hanno i dubbi che abbiamo noi profani spettatori? Si preoccupano come noi dei diritti di queste loro atlete e della loro salute o si accontentano che il gioco continui?