Sabato 5 agosto 2023, Lisbona, Parco Tejo. Il papa alla Veglia della 37a Gmg. Foto Reuters. Sopra e in copertina, foto Reuters.
Lisbona,
dalla nostra inviata
«Non abbiate paura», lo ripete papa Francesco alla fine del breve discorso ai giovani che lo hanno atteso per cominciare la veglia di preghiera al Parque Tejo di Lisbona. Oltre un milione e mezzo di ragazze e ragazzi che danzano e parlano. Due testimonianze aprono la veglia, quella di don Antonio Ribeiro de Matos, 33 anni, dal Portogallo, che racconta i suoi dubbi e le sue cadute, la sua uscita dal seminario, la ricerca di senso e poi la sua ordinazione dopo la Gmg di Panama, e quella di Marta Luis, 18 anni, dal Mozambico, fuggita dal suo Paese a causa degli attacchi terroristici, A loro e a tutti gli altri il Pontefice ricorda che non dobbiamo smettere di cercare la gioia, le radici della gioia e portarla agli altri. Perché la gioia è missionaria. Parte dal brano evangelico che ha dato il motto alla Giornata: «Si alzò e andò in fretta». Maria andò in fretta dalla cugina Elisabetta perché era incinta, ma anche lei aveva ricevuto questa stessa notizia. E nessuno Le aveva domandato di correre dalla parente. Ma lei lo fa «perché ama e “chi ama vola, corre lietamente”».
Questo, spiega il Pontefice, «è il senso dell’amore. La gioia non è per se stessi, la gioia è missionaria». E chiede ai ragazzi: «Voi che siete venuti a cercare la gioia, un senso della vita questo è per voi o è per portarla agli altri? Perché la gioia è missionaria, devo portare questa gioia agli altri. Dobbiamo portare la nostra gioia a tutti». Chiede di guardarsi indietro, per scoprire chi nella nostra vita ci ha dato gioia, dai genitori ai nonni agli insegnanti ai catechisti, a tante persone che «sono stati raggi di luce». Chiede silenzio per pensarci: «Ciascuno pensi a coloro che ci hanno dato luce nella vita, loro sono la nostra gioia. Li avete trovati? Avete visto dei volti? Delle storie? Questa gioia che viene dalle nostre radici dobbiamo darla agli altri perché anche gli altri abbiamo la gioia. Si tratta di portare la gioia che crea radici. E mi chiedo come possiamo diventare radici di gioia?».
La gioia, continua, non è una biblioteca chiusa, «anche se occorre studiare», la gioia «non è chiusa da qualche parte, occorre cercarla, scoprirla nel dialogo con gli altri a cui dobbiamo dare le radici della gioia che abbiamo ricevuto e questo stanca». Chiede se ci siamo stancati qualche volta, se abbiamo gettato la spugna. E cosa significa se uno cade? È un fallimento? Che quella persona è finita? Cosa dobbiamo fare?». E la risposta è alzarsi e aiutare gli altri a farlo, come dicono gli alpini che in salita «quello che importa non è non cadere ma non rimanere per terra». E quando riconosco che qualcuno è caduto bisogna aiutarlo. È l’unica volta in cui si può guardare l’altro dall’alto in basso: per farlo alzare. «Quante volte vediamo persone che ci guardano dall’alto al basso, che tristezza. Ma l’unica volta in cui possiamo guardare dall’alto in basso è per aiutarsi ad alzarsi. Questa è la costanza della vita. Bisogna allenarsi a camminare se no non arriviamo ai buoni risultati». Parla del calcio, il Papa, uno sport che «a me piace, dietro lo sport c’è moltissimo allenamento, dietro un successo c’è un grandissimo allenamento, nella vita non sempre si può fare quello che si vuole ,ma la vocazione ci porta a questo: camminare, se cado rialzarmi o farmi aiutare ad alzarmi e allenarmi». E tutto questo è possibile «non perché facciamo dei corsi», spiega il Pontefice, «ma questo si impara dai genitori, dai nonni, dagli amici, nella vita si impara e questo è l’allenamento nel cammino».
E infine si congeda dai giovani lasciando loro un invito: «Camminare con una meta, allenarsi tutti i giorni nella vita e ricordare che nella vita niente è gratis. Tutto si paga e solo una cosa è gratis: l’amore di Gesù. Non abbiate paura».
Sabato 5 agosto 2023, Lisbona, Parco Tejo. Il papa alla Veglia della 37a Gmg. Foto Ansa.
La gioia, continua, non è una biblioteca chiusa, «anche se occorre studiare», la gioia «non è chiusa da qualche parte, occorre cercarla, scoprirla nel dialogo con gli altri a cui dobbiamo dare le radici della gioia che abbiamo ricevuto e questo stanca». Chiede se ci siamo stancati qualche volta, se abbiamo gettato la spugna. E cosa significa se uno cade? È un fallimento? Che quella persona è finita? Cosa dobbiamo fare?». E la risposta è alzarsi e aiutare gli altri a farlo, come dicono gli alpini che in salita «quello che importa non è non cadere ma non rimanere per terra». E quando riconosco che qualcuno è caduto bisogna aiutarlo. È l’unica volta in cui si può guardare l’altro dall’alto in basso: per farlo alzare. «Quante volte vediamo persone che ci guardano dall’alto al basso, che tristezza. Ma l’unica volta in cui possiamo guardare dall’alto in basso è per aiutarsi ad alzarsi. Questa è la costanza della vita. Bisogna allenarsi a camminare se no non arriviamo ai buoni risultati». Parla del calcio, il Papa, uno sport che «a me piace, dietro lo sport c’è moltissimo allenamento, dietro un successo c’è un grandissimo allenamento, nella vita non sempre si può fare quello che si vuole ,ma la vocazione ci porta a questo: camminare, se cado rialzarmi o farmi aiutare ad alzarmi e allenarmi». E tutto questo è possibile «non perché facciamo dei corsi», spiega il Pontefice, «ma questo si impara dai genitori, dai nonni, dagli amici, nella vita si impara e questo è l’allenamento nel cammino».
E infine si congeda dai giovani lasciando loro un invito: «Camminare con una meta, allenarsi tutti i giorni nella vita e ricordare che nella vita niente è gratis. Tutto si paga e solo una cosa è gratis: l’amore di Gesù. Non abbiate paura».