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martedì 15 ottobre 2024
 
IL SUCCESSO DELLA CORTELLESI
 

C'è ancora Domani di Paola Cortellesi: perché solo dai primi minuti ho capito che sarebbe piaciuto a tutti

17/11/2023  La giusta distanza temporale dai fatti consente a donne e uomini, giovani e adulti, di rileggere anche l’odierno senza rimanerne tramortiti. Le donne in sala applaudono perché si fanno coro di una tragedia restituita nella perfetta semplicità. Non in letizia perché sono le botte delle nostre nonne e bisnonne, i silenzi delle nostre madri, i dubbi che spesso non ci fanno dormire ancora oggi

Tutto inizia il 6 luglio a Riccione durante Ciné, le giornate estive di cinema. La prima convention del mattino è quella di Vision, il distributore e co-produttore con Wildside di C’è ancora domani. C’è anche Paola, dal vivo, in veste di protagonista e soprattutto neofita alla regia. È di casa alle giornate di cinema estive e anche invernali a Sorrento. È molto amata dagli esercenti perché a suo modo è una certezza per una sala. Sapendo che il cinema italiano non è sempre ben visto dal pubblico nostrano, spesso a ragion veduta, il mantra che parte alla vista della Cortellesi è che dove c’è lei, si cadrà comunque in piedi… Lei è così brava che qualcosa di buono comunque ne verrà fuori... Poi, però, come è consuetudine, succede che ci mostrino alcune clip del film ancora in lavorazione, quelle che ora stanno girando da settimane nel web e soprattutto nelle cospicue trasmissioni televisive alle quali l’artista infaticabile non si è sottratta, in parallelo peraltro alla Festa del cinema di Roma e alle conversazioni con il pubblico lungo lo stivale.

La visione di quei brevi frammenti cambia in modo repentino l’umore in platea. Siamo almeno un migliaio al Palariccione in una sala molto galvanizzante. Le professioniste del settore iniziano ad agitarsi nell’acclamarla. Ero tra queste e ammetto che ero desiderosa di farle sentire il mio apprezzamento e sostegno. Emozionate, ci facciamo ancora più coraggio e non smettiamo di applaudire. Impediamo letteralmente che l’applauso vada a morire. Una parte dei professionisti in platea timidamente inizia ad aggregarsi, ma senza ombra di dubbio sono le donne dei cinema a farsi coro di una tragedia restituita nella perfetta semplicità. Non possiamo dire nella perfetta letizia perché sono le botte delle nostre nonne e bisnonne, sono i silenzi delle nostre madri, sono i dubbi che spesso non ci fanno dormire ancora oggi. Sono con l’uomo giusto? Mia figlia con chi si sta mettendo? Avevamo visto solo qualche minuto qua e là, ma erano bastati per farci capire che sarebbe arrivato il cinema-popolo, quei film in cui non sai più dire con precisione a chi piace proprio perché è gradito a tanti. Sono i film senza etichetta, quelle opere che non sono né di destra né di sinistra, né di partito né di minoranze, né dei borghesi né dei suburbani, né dei vecchi né degli adolescenti. E sicuramente da quel migliaio di persone che poi rappresenta la moltitudine degli schermi sparsi nel nostro paese – una rete capillare della cultura del cinema –  che è partito l’alert: attenti, cari spettatori, sta arrivando il bel film, non si può mancare! Perché il vero marketing di questo film è la fiducia che questa donna straordinaria, nell’anno dei cinquanta tondi tondi, si è guadagnata in una carriera variegata e mai di nicchia. Se tu dici che arriva un film da non perdere e accanto ci metti il cognome Cortellesi, il miracolo in biglietteria è fatto perché il volto di Paola nella testa della gente esiste, sorride e non puzza. Ed è partita così l’onda, poi il resto va da sé perché il cinema ha sempre vissuto di passaparola, di confronti, di dialoghi, di “hai visto?”, di “sai che…”.

E non essendo un’artista divisiva ha incassato il plauso pubblico social e televisivo di tantissimi colleghi, politici e talent che hanno raccontato la loro esperienza emozionale di C’è ancora domani e qui sta il punto! Il film funziona perché, piaccia o no, prima di tutto Cortellesi ha scelto di lavorare con due sceneggiatori che non denigrano le emozioni come Furio Andreotti e Giulia Calenda (si riconosce la loro mano anche nell’intenso Nata per te dove hanno lavorato con il regista Fabio Mollo). Entrambi si erano seduti allo stesso tavolo con il regista Riccardo Milani del successo Come un gatto in tangenziale e anche il sequel Ritorno a Coccia di Morto dove Cortellesi stessa, moglie del regista, ha partecipato come sceneggiatrice e interpretando la mitica protagonista Monica, ormai un genere letterario. 

Scrittura, interpretazione (se la cavano tutti alla grande: alcuni certo sono più inflazionati di altri, ma i ruoli che hanno sono nuovi e tanto basta), comicità accorta e penetrante, gli inserti musicali, gli espedienti per trasfigurare l’orrore, il senso di un’appartenenza e una forte tensione valoriale dosata con intelligenza e la pazienza di non stare sull’oggi in modo ossessivo. Il film  ha, infatti, dalla prospettiva dello spettatore quella giusta distanza temporale dai fatti che racconta che consente a donne e uomini, giovani e adulti, di rileggere anche l’odierno senza rimanerne tramortiti. In Francia sono già usciti due film che rileggono i multipli attacchi terroristici del 2015 (Riabbracciare Parigi, uscito proprio nei giorni scorsi da anniversario anche in Italia e Un anno, una notte dello scorso anno) e che aprono all’elaborazione corale del lutto e del trauma attraverso il cinema. In Italia abbiamo tempi più lunghi. Da troppo vicino prendiamo paura… Cortellesi con il transfert del ’46 ha delimitato un territorio in qualche modo giusto per tanti, ha eretto uno stato dove sentono di poter abitare tutte quelle donne e quegli uomini che cercano di nuovi paradigmi di lettura delle relazioni, della famiglia e in essa del femminile e del maschile e del rispetto prima di tutto per la persona.

Vedendo i milioni (quando scrivo siamo quasi a 15…) che crescono giorno per giorno, la buona notizia è che tanti hanno desiderio di vedere un film che mette in scena una sorellanza per la libertà. Non è il primo film della contemporaneità e non sarà l’ultimo che si pone questo obiettivo, ma di certo è il primo in Italia visto e stravisto. Molti mi dicono, infatti, che vogliono tornare a rivederlo. E io, che già da anni facevo formazione in ambito femminile a partire dal tormentone “Me so capita io” (se vi manca Come un gatto in tangenziale riparate presto…), non mi stupisco di questo desiderio: Delia deve molto a Monica che deve molto a Luciana (ricordate Gli ultimi saranno gli ultimi ?), donne umili ma tutt’altro che banali, che qualcuno ha preso sul serio e ne ha mostrato l’anima e non solo l’esiguo curriculum. Paola è passata di qua e ora miete il grano.

 
 
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