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lunedì 07 ottobre 2024
 
PARLIAMONE INSIEME
 
Credere

I difficili sentieri della fraternità e della comunione

11/01/2024  «La Domenica della Parola di Dio può aiutare a riconoscere quello che lega cattolici, ebrei e altre confessioni cristiane» L'editoriale "Parliamone insieme" di don Vincenzo Vitale, dalla rivista Credere

Cari amici lettori, il mese di gennaio è scandito da varie iniziative ecclesiali che sono diventate ormai appuntamenti abituali: il 17 gennaio è la Giornata del dialogo cattolico-ebraico, segue la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani nei giorni 18-25 gennaio, durante i quali cade anche la Domenica della Parola, il 21. Appuntamenti ormai “istituzionalizzati” ma che in questo momento storico sono di grande attualità. E che forse possono trovare un filo comune. Vediamo come e perché. La guerra nella Striscia di Gaza ha purtroppo riportato alla ribalta rigurgiti di antisemitismo diffusi, in cui non si è capaci di distinguere tra l’operato politico di un governo (quello di Israele), su cui si possono dare giudizi diversi, e un popolo con la sua religione.

La memoria delle atrocità commesse nei secoli contro gli ebrei (dai cristiani in particolare) dovrebbe ricordarci i pericoli legati a giudizi (e pregiudizi) in blocco, basati sulla non conoscenza di un popolo e della sua fede. Per questo la Giornata del dialogo ebraico-cristiano, il cui titolo quest’anno è Figlio dell’uomo, potranno queste ossa rivivere? (Ezechiele 37,1-14), oggi assume un valore più forte: come ha riconosciuto il concilio Vaticano II, alla fede ebraica siamo legati da un vincolo spirituale particolare (Nostra aetate n. 4). Il Concilio si è preoccupato di fare memoria del «patrimonio che la Chiesa ha in comune con gli Ebrei» e di indicare nuove basi per un rapporto di stima e di amicizia con la religione ebraica, nella quale stanno le radici del cristianesimo. Un impegno che è lungi dall’essere esaurito. La frase del Vangelo di Giovanni ­­– «La salvezza viene dai Giudei» (4,22) – resta per noi un monito permanente.

Similmente, se le divisioni tra le Chiese cristiane hanno alle spalle secoli di storia, il Concilio si è premurato di riconoscere anzitutto ciò che ci lega, come Chiesa cattolica, ai fratelli ortodossi e protestanti: «La parola di Dio scritta, la vita della grazia, la fede, la speranza e la carità, e altri doni interiori dello Spirito Santo ed elementi visibili» (Unitatis redintegratio, n. 3). Se si riconosce ciò che abbiamo in comune, c’è la base per un dialogo rispettoso, fatto anzitutto di conoscenza e accoglienza dell’altro.

Anche questo è un tema attuale, se pensiamo che tra di noi vivono, per fare un esempio, 1 milione e mezzo di fedeli ortodossi: lavorano accanto a noi, ma conosciamo le loro ricche tradizioni spirituali, riconosciute dal Concilio come «eccellentemente radicate nella sacra Scrittura»? La difficile costruzione della fraternità, tema della Settimana per l’unità 2024 (dal titolo Amerai il Signore tuo Dio e il tuo prossimo come te stesso, Luca 10,27), ci è testimoniata anche dal nostro servizio sulla Keillah (pag. 22), la comunità cattolica di Terrasanta di madrelingua ebraica.

La Domenica della Parola può aiutarci a trovare un filo conduttore. Il patrimonio della Bibbia, che comprende per noi tutto l’Antico Testamento, è un ottimo terreno per conoscerci e riconoscerci legati da una Parola comune, da un destino di fraternità (che comporta l’accoglienza nella diversità, come ci ricorda il libretto per la Settimana dell’unità) e per ricordarci il compito, proprio di ogni religione, di essere testimoni e costruttori attivi di pace.

 
 
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