di padre Giulio Albanese, missionario comboniano e giornalista
lI mese di ottobre è tradizionalmente dedicato alla missione di evangelizzazione dei popoli. Si tratta di un tempo di grazia che raggiunge il suo culmine nella celebrazione della Giornata missionaria mondiale. È un evento ecclesiale che quest’anno cade domenica 23 ottobre. Il tema che è stato scelto per l’occasione è quello indicato da papa Francesco nel suo tradizionale Messaggio, pubblicato il 6 gennaio scorso: Di me sarete testimoni (At 1,8).
Il linguaggio del Pontefice è schietto e diretto: «Come Cristo è il primo inviato, cioè missionario del Padre (cfr. Gv 20,21) e, in quanto tale, è il suo “testimone fedele” (cfr Ap 1,5), così ogni cristiano è chiamato a essere missionario e testimone di Cristo. E la Chiesa, comunità dei discepoli di Cristo, non ha altra missione se non quella di evangelizzare il mondo, rendendo testimonianza a Cristo. L’identità della Chiesa è evangelizzare». Significa che ognuno di noi deve assumersi la propria responsabilità nel rendere credibile la Buona Notizia in una società planetaria profondamente segnata da guerre, ingiustizie e sopraffazioni. I nostri missionari/e che operano nelle periferie geografiche del nostro tempo – dall’Africa all’America Latina, dal Medio Oriente all’Oceania – rappresentano il valore aggiunto delle nostre comunità. Lungi da ogni retorica, sono caschi blu di Dio che hanno fatto la scelta di stare gratuitamente dalla parte degli ultimi, in situazioni di aperta conflittualità: dal Niger al Mali, dal Sud Sudan al Mozambico, dalla Nigeria alla Repubblica Democratica del Congo.
Essi rappresentano una pacifica forza di interposizione tra gli opposti schieramenti, nella cristiana certezza che nella vita c’è più gioia nel dare che nel ricevere (cfr At. 20, 35). Molti di loro in questi anni sono caduti sul campo, vittime sacrificali che hanno interpretato il martirio seguendo la via dolorosa del Calvario. Come fare a meno di ricordare suor Maria De Coppi, in Africa dal lontano 1963, uccisa brutalmente la sera del 6 settembre scorso, nel Nord del Mozambico? Questo drammatico evento è avvenuto presso la parrocchia di Chipene, che accoglie sfollati in fuga dagli scontri tra le forze lealiste da una parte e gruppi armati islamisti in lotta contro il governo dall’altra. Non vi è dubbio, comunque, che vivere la missione significa anche avere il coraggio di attualizzare la Parola di Dio in un mondo globalizzato segnato da profondi cambiamenti. Un mondo in cui siamo chiamati al dialogo con culture e religioni di altri popoli. D’altronde, proprio 60 anni fa iniziavano i lavori del concilio Vaticano II, un’assise in cui si affermò che l’intera Chiesa è missionaria (Decreto Ad Gentes, 35), dunque «in uscita», come raccomanda incessantemente