È la fotografia più aggiornata dei progetti di futuro dei giovani 25-35 anni passati attraverso la pandemia: è la nuova ricerca appena pubblicata, Giovani, famiglia e futuro attraverso la pandemia (Edizioni San Paolo), nata dalla collaborazione tra Cisf, Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo e Centro Studi e Ricerche sulla Famiglia dell’Università Cattolica di Milano.
La domanda di partenza, da parte di questi centri di ricerca, è stata: l’evento traumatico della pandemia ha cambiato la visione del futuro dei ragazzi che rappresentano la prossima generazione di famiglie?
I Dati
È stato intervistato, prima e dopo la prima ondata virale, un campione di 800 giovani che ha rivelato una serie di aspetti del tutto inattesi.
La maggior parte dei giovani intervistati dopo il primo lockdown, il 79,4%, ha segnalato di aver fatto esperienza, nell’anno trascorso, di almeno un evento critico. Il 65% dichiara di aver vissuto almeno un evento critico connotato negativamente, mentre il 53,8% ha vissuto un evento positivo. Il 26,4% dichiara un peggioramento delle condizioni economiche, il 20,8% all’opposto un miglioramento. Il 14,9% si è confrontato con la malattia di un familiare; l’evento critico della morte ha coinvolto un quarto circa del campione.
Contrariamente all’idea che il lockdown e il dolore della malattia avrebbero ripiegato e chiuso gli orizzonti, è emerso che i giovani che avevano un progetto concreto di famiglia (o già una famiglia propria) sono usciti rafforzati da questa esperienza (oltre la metà del campione, il 54,5%, ritiene che nella pandemia i legami familiari siano migliorati).
Infine, in contrasto con gli stereotipi di genere, il desiderio di famiglia (avere un figlio) è più alto tra i maschi più giovani (25-30 anni) con un lavoro stabile che tra le donne di 30-35 anni sempre con un lavoro stabile (l’84% contro il 65%). Tra le donne che lavorano, la percentuale di chi intende sposarsi è del 53,6%, mentre è del 68% tra gli uomini occupati. Giovani donne e uomini, in altre parole, faticano a incontrarsi nelle traiettorie di vita.
Per quanto riguarda l’uso delle ITC durante la pandemia e la valutazione rispetto al senso di piacere o la costrizione nell’utilizzo, il 59,6% dichiara di trarne piacere, ma il 41,9% costrizione/obbligo.