Il saluto a Sergio Mattarella, arrivato a Firenze per la messa conclusiva dell’incontro, e un ringraziamento ai sindaci e ai vescovi. Il cardinale Gualtiero Bassetti presiede la celebrazione al posto di papa Francesco trattenuto a Roma da una indisposizione e parla subito della «tragedia della guerra» e delle «terribili notizie provenienti dall’Ucraina». Eppure, in mezzo a questa disperazione la «Parola di Dio illumina le nostre esistenze. Non ci aliena dalla realtà, ma al contrario ci chiede di andare al cuore dei problemi e di porre così le basi per un mondo più giusto».
Nell’omelia il presidente della Cei torna più volte, spiegando il Vangelo di Luca, sul messaggio di pace che vale «per ogni persona – direi – per i credenti come per i non-credenti».
La pianura di Palestina dive Gesù parla «mi sembra come la nostra Firenze, adagiata nella piana dell’Arno: non si trova su una vetta irraggiungibile e non è nemmeno una cittadella fortificata. Proprio qui il Signore si è fatto trovare in questi giorni, per rivolgere ancora una volta a noi pastori e a tutti i delegati presenti una parola di salvezza», aggiunge.
Ma non è una salvezza calata dall’alto. C’è bisogno di intelligenza e responsabilità, di disponibilità a convertirci. Il cardinale parla delle tre coppie che Gesù spiega nel Vangelo: «Il maestro e il discepolo, la pagliuzza e la trave, e l’albero e il suo frutto», un gioco di coppie che è frequente nella Bibbia e che ritorna anche nel fatto che «Gesù stesso manda ad esempio i discepoli a due a due». Dietro questo c’è una sapienza Mediterranea «che dovremmo imparare ad apprendere di nuovo: quella del confronto continuo, che abbiamo sperimentato in questi giorni».
Un confronto continuo che ci toglie dalla nostra solitudine e ci spinge verso la fraternità. «Ed è questa l’esperienza che abbiamo fatto, ascoltando le varie storie provenienti dalle sponde del Mediterraneo: il confronto ha favorito la comunione e la fraternità».
Nelle coppie, si vede il legame stretto «tra il maestro e il discepolo, tra il pastore e il suo gregge, tra il sindaco e i suoi concittadini. Da chi guida gli altri ci si aspetta che intraveda il futuro prima e meglio degli altri grazie alla sua posizione privilegiata e che indirizzi i percorsi altrui verso il bene, anche quando questi sono in salita. Ancora una volta Giorgio La Pira, che fu sindaco di questa città con grande sapienza cristiana, si staglia come una figura esemplare: una guida capace di ispirare la sua vita e le sue scelte a quelle del Figlio di Dio, che è venuto per servire e non per essere servito. Così ha reso Firenze una città in grado di tessere relazioni di pace con tutte le nazioni e tra tutte le nazioni».
Alla coppia maestro discepolo si aggiunge quella della pagliuzza e della trave: «Perché guardi la pagliuzza che è nell'occhio del tuo fratello e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio?». Una sorta di paradosso che ci fa capire gli impedimenti a vedere «l’altro per quello che è veramente.
Gesù non vieta il giudizio in sé: lui stesso più volte ha invitato a valutare quanto accade nel mondo. Adesso però la sua preoccupazione è un’altra: spiegare come si forma un giudizio corretto. E la sua soluzione consiste nel guardare prima se stessi e poi gli altri».
Guardando gli altri senza pregiudizi e partendo dai propri errori possiamo essere capaci di compassione, di perdono, di fraternità. Possiamo essere capaci di conversione e di generare buoni frutti. Ce lo dice anche la terza immagine: «L’albero e il suo frutto». Per diventare buoni alberi occorre però superare l’ipocrisia e questo lo si può fare con l’aiuto degli altri e cambiando il proprio cuore. «Nel cuore, infatti, nascono l’odio o la fraternità. Per il Vangelo, il cuore ovvero l’interiorità della persona si raggiunge grazie alle relazioni con gli altri e alle nostre stesse azioni, che ci fanno da specchio». Insegnamenti, conclude il cardinale, che in passato hanno «già trovato spazio nel cuore di persone concrete come Giorgio La Pira, che sono diventate profeti di pace in un mondo che sembrava bloccato da tensioni latenti e guerre in atto. Ancora oggi la Parola di Dio rivela la speranza che cambiare il mondo sia possibile, a patto che cambi il cuore delle persone». Perché il Mediterraneo, «lo spazio geografico in cui il Figlio di Dio ha deciso di nascere e dove il suo Vangelo ha compiuto i primi passi», possa «diventare una immensa cassa di risonanza di questo messaggio di fraternità» e i popoli che lo abitano possano «essere testimoni per il mondo intero di una pace possibile, quella che parte dal cuore convertito al Vangelo e produce scelte concrete per il bene di tutti».