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giovedì 30 marzo 2023
 
Talenti da scoprire
 

Il giovane pittore Giovanni Guida con la tecnica del grattage svela la verità nascosta

17/03/2023  Ispirandosi all'opera di Marx Ernst, l'artista di Acerra opera con strumenti appuntiti per grattare la vernice fresca lasciando affiorare il sottostante colore di fondo. Diventata virale sul web la sua opera “E guarirai da tutte le malattie... ed io, avrò cura di te” che rappresenta l'amore del creatore che trascende la morte

La prima retrospettiva in Italia dedicata a Max Ernst (1891-1976), pittore, scultore, poeta e teorico dell'arte, nelle sale di Palazzo Reale, a Milano, è giunta al termine lo scorso 26 febbraio. Ernst è considerato uno dei maggiori esponenti del surrealismo e pioniere delle tecniche del grattage e del frottage.
Recentemente un giovane italiano, Giovanni Guida, 'discepolo' di questo padre del surrealismo, è entrato nelle enciclopedie del mondo per l’originalità della sua tecnica pittorica del grattage (che consiste nel “grattare”, "raschiare" - con strumenti appuntiti di vario genere - il pigmento cromatico ancora fresco steso su un supporto, lasciando affiorare il sottostante colore di fondo), ottenuta attraverso processi di impermeabilizzazione – con l’ausilio di alcune resine speciali - dei vari livelli pittorici.
Nato ad Acerra nel 1992, dopo aver intrapreso gli studi presso il Liceo artistico statale "Luca Giordano" di Aversa, si è diplomato e specializzato con lode in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli. Guida risiede a Cesa, un comune in provincia di Caserta. Il nome del suo paese trae origine dalla voce latina, caesus, dal verbo caedere (tagliare): una storia che si riversa indirettamente nella concezione del suo “modus operandi”, in cui si procede per “via del togliere”, del levare; infatti, la lacerazione, lo squarcio del Velo di Maya, il procedimento del recidere e del raschiare sono caratteristiche proprie del grattage. Questa téchne presenta una forte valenza simbolica, in qualche modo molto vicina al modo di operare dell'artista Michelangelo Buonarroti, il quale lavorava il marmo non per "via di porre", cioè modellando una materia duttile, ma "per forza di levare"; questa frase esprime, quindi, il concetto platonico dell'idea preesistente ed esemplifica una lotta contro il materiale al fine di scoprire, liberare e far emergere la figura. La rimozione degli strati cromatici, attuata attraverso il grattage, rimanda simbolicamente allo "svelamento" della verità delle cose sotto il velo delle apparenze. Il “velo di Maya” è un’espressione coniata dal filosofo tedesco Arthur Schopenhauer, grande studioso delle filosofie induiste. Secondo il filosofo, il velo di Maya era l’illusione che impediva all’essere umano di fare esperienza della verità, del principio assoluto di realtà. L'artista, attraverso la lacerazione causata dal grattare, può sollevare il velo di Maya per comprendere ciò che tutto crea, unisce e connette; per liberarsi dalle illusioni che limitano l’esperienza e che dividono il mondo in rappresentazioni parziali, frammentarie.
Giovanni Guida si avvale di svariati strumenti, compresi utensili comuni e oggetti di uso quotidiano (come spazzole di acciaio, stiletti, bisturi e spugne), che producono una metamorfosi della materia pittorica con effetti di lacerazione e frammentazione. Utilizza un Blu oltremare, molto profondo, che risulta una componente centrale delle sue opere: assistiamo ad una 'transubstantiatio ' del colore che si trasforma efficacemente in arte attraverso l’unione tra cielo e terra alla ricerca di un abbraccio cosmico. Per Guida i Cieli sono aperti (come la visione del protomartire Stefano), squarciati, per sempre, come la straziante invocazione dell’antico Israele: "Se tu squarciassi i cieli e scendessi". Quest’originale procedimento pittorico appare come un amorevole risposta alla suddetta dolorosa implorazione: vi è la necessità di non richiudere i Cieli, delimitarli e rimpicciolirli, ma considerarli, appunto, come l’Amore: indefinibili ed incommensurabili; nel momento in cui proviamo a forzarli, costringerli entro una definizione o ingabbiarli nelle strutture, li sminuiamo, sviliamo e ridimensioniamo. Si tratta di un percorso spirituale - un progresso lineare che va da un peggio ad un meglio - che ha lo scopo di giungere oltre la materia. La sua indagine penetra la “pelle” della pittura, fino ad arrivare al fondo delle sue viscere e, nella frammentazione luminosa del colore, ne cattura l’intima essenza. Il grattage ed il frottage (tecnica di disegno basata sul principio dello sfregaménto) sono forze pulsionali che, partendo dall'invisibile e dall'inconscio, conducono attraverso la libera associazione, verso il conscio (quindi consapevolezza o coscienza) e la scoperta (acquisizione alla conoscenza e all'esperienza umana). Questi procedimenti pittorici - escludendo ogni influenza conscia della mente (ragione, gusto, morale) e riducendo al minimo il ruolo attivo di colui che si suol definire "l'autore" - non sono altro che l'equivalente di una sorta di scrittura automatica. Il ruolo dell'artista si riduce così al potenziamento delle allucinazioni della mente ed egli è semplicemente lo spettatore, colui che contempla il farsi stesso della propria opera.
Nel 2016 la sua icona “Caesarius Diaconus” (Cesario di Terracina, il santo designato a sostituire e cristianizzare il culto pagano di Giulio Cesare, dell’imperatore Cesare Ottaviano Augusto e dei “Divi Cesari”) è esposta in tutto il mondo da direttori di musei (tra cui la direttrice del Kunstgewerbemuseum - Museo di Arti Decorative - di Berlino, Dr. Sabine Thümmler, ed il direttore del Museo Frederic Marès di Barcellona, dott. Josep Maria Trullén), cardinali (tra cui il papa rosso, Luis Antonio Tagle nel battistero della Cattedrale di Manila) e vescovi (Richard Joseph Malone nella Cattedrale di Buffalo, e Mons. Erio Castellucci nei Musei del Duomo di Modena) accanto ai preziosi reliquiari del santo, ritenuti opere d’arte dell’oreficeria medievale. Questo progetto nasce dalla necessità di conoscere, preservare, valorizzare e catalogare tutte le reliquie del corpo del santo tutelare degli imperatori romani, donate - nel corso dei secoli - da imperatori, re, duchi, santi e Padri della Chiesa in tutto il pianeta.
La sua opera “E guarirai da tutte le malattie... ed io, avrò cura di te” diventa virale su web e pubblicata dai maggiori quotidiani durante la pandemia da Covid-19: si tratta della rappresentazione del Creatore (ispirato all’affresco “La Creazione degli astri” di Michelangelo Buonarroti, presente nella Cappella Sistina), un Dio artista (crea e distrugge) che - prendendosi cura dei suoi figli – con l’ausilio della sua corte angelica, smaterializza, con un gesto solenne e perentorio, la struttura molecolare del coronavirus sull’Italia e sul mondo, ponendo fine alla pandemia. Quel testo, che parla di malattie e guarigione, risuona rinnovando il suo potere taumaturgico: non esiste immagine più potente e suggestiva di un amore in grado di trascendere anche la morte.

 
 
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