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sabato 12 ottobre 2024
 
Il Gran Maestro dell’ordine di Malta
 
Jesus

Che cos'è l'Ordine di Malta? I segreti dei "cavalieri senza frontiere"

25/01/2017  Un po’ monaci, un po’ Croce Rossa, un po’ nobili cavalieri: i membri dell’Ordine di Malta (circa 12.500 in tutto, attivi in 120 Paesi, forti - anche - dell'impegno di volontari di 33 nazionalità diverse) sono gli ultimi sopravvissuti di un’antica epopea che risale alle Crociate. Ecco come si svolse l'incontro di Jesus con l'allora Gran Maestro, l'inglese fra' Matthew Festing

Di quella che fu la più ardimentosa e temuta flotta del Mediterraneo, incubo delle galee saracene e sollievo dei navigli cristiani, oggi non restano che due barconi ancorati sui quai parigini della Senna: due bateaux mouches dei poveri, che servono a ospitare rifugiati, senza dimora e sans papier. E dei vasti possedimenti che ne avevano reso celebre la ricchezza – castelli, fortezze, tenute – non sopravvivono che due simboli: Palazzo Magistrale in via Condotti e Villa Magistrale sull’Aventino.

Eppure, nonostante i secoli trascorsi ne abbiano eroso la potenza, l’Ordine di Malta conserva intatta la sua gloria: tra le più antiche istituzioni della civiltà cristiana, è l’ultimo dei grandi Ordini religiosi cavallereschi, l’unico che – a differenza dei Templari – è arrivato vivo e vegeto ai nostri giorni. Nato in Palestina intorno al 1050, in epoca pre-crociata, conserva ancora oggi le prerogative di uno Stato sovrano: pur senza un territorio e dei confini, dunque, mantiene un ordinamento giuridico proprio e ha la facoltà di stampare francobolli e rilasciare passaporti. 

Il Sovrano Militare Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Gerusalemme di Rodi e di Malta – questo il suo nome ufficiale completo – non ha perso il suo fascino, insomma, né la sua utilità: forte di circa 12.500 membri, tra frati professi e laici votati all’esercizio della carità cristiana, è un curioso ircocervo, una via di mezzo tra l’ordine monastico, l’istituzione statuale e l’ente assistenziale. Della congregazione religiosa mantiene i principi ispiratori, sintetizzati nell’antico motto Tuitio fidei et Obsequium pauperum; dello Stato sovrano, le leggi e le targhe sulle auto blu; della Ong internazionale vanta infine l’impegno in 120 diversi Paesi attraverso strutture ospedaliere e attività socio-sanitarie, che ne fa una sorta di "Medici senza frontiere" ante litteram. Il tutto, condito con una buona dose di discrezione e – diciamo così – eleganza spirituale, che ne accresce l’allure.

Con queste premesse si può capire perché incontrare fra’ Matthew Festing, 79° Gran Maestro dell’Ordine, sia quasi un evento. Eletto l’11 marzo 2008, in due anni ha rilasciato rarissime interviste. Eppure, tale riservatezza non fa il paio con alcuna spocchia nobiliare. Il principe Festing, anzi, ci accoglie nel suo studio di Palazzo Magistrale in via Condotti con la cordialità sorridente che si riserva di solito agli amici. Nulla a che vedere, pare, con la ieratica freddezza del suo predecessore, fra’ Andrew Bertie.

Nato a Northumberland 60 anni fa, fra’ Matthew discende da una nobile famiglia cattolica inglese, che vanta tra i suoi avi il beato Adrian Fortescue, cavaliere di Malta martirizzato nel 1539. Dopo aver studiato nelle migliori scuole britanniche (Ampleforth e Cambridge), si è laureato in storia e si è specializzato in arte, svolgendo per anni la sua attività professionale in una casa d’aste. Ha servito nell’esercito inglese con il grado di colonnello dei granatieri. Entrato nell’Ordine dei cavalieri di Malta nel 1977, ha pronunciato i voti perpetui nel 1991, accedendo così alla ristretta cerchia dei «cavalieri professi», tenuti ai voti di obbedienza, povertà e castità.

Qual è stato il suo primo approccio alla fede e che cosa ha voluto dire crescere da cattolico in un Paese tradizionalmente anglicano?

«La fede cattolica l’ho respirata sin da piccolo, sulle ginocchia di mia madre. Il mio primo catechismo fu un libro che mia madre fece per me e i miei fratelli, ritagliando e incollando in un album tutte le cartoline di auguri natalizi o pasquali, comunque a sfondo religioso, che ci arrivavano. Ce lo dava in mano quando andavamo a Messa e ce lo faceva sfogliare, in modo che la nostra attenzione fosse attirata da quel senso di bellezza e mistero religioso che traspariva da quelle immagini. Crescere in una famiglia di fortissima tradizione cattolica in Inghilterra, che annovera tra i suoi antenati anche alcuni martiri per la fede, è stato un fatto che ha segnato profondamente la mia identità e il mio modo di essere. All’epoca, essere cattolici in Gran Bretagna voleva dire essere discriminati e fare i conti con una vita più complicata e difficile».

Qual è il carisma dell’Ordine di Malta? E in che modo è possibile adattarlo alla società odierna?

«Nessuno sa con esattezza quali fossero i pensieri dei primi membri fondatori dell’Ordine. Ma sospetto che le loro motivazioni fossero molto simili alle nostre. Storicamente, si sa che questi uomini andarono in Terra Santa come soldati, per riconquistare i Luoghi Santi. E quando arrivarono lì, furono colpiti dalla dedizione con cui il Beato Gerardo si occupava dei poveri e dei malati. E si unirono a lui, dando vita all’ospedale. Più tardi dovettero riprendere le armi, per difendere Gerusalemme. Quindi tornarono a essere soldati, senza però dismettere i panni di medici e infermieri. Non sorprende, quindi, che nel corso della storia l’aspetto dell’assistenza ospedaliera sia rimasta la motivazione fondamentale dei membri dell’Ordine. L’aspetto militare, in qualche modo, è stata una necessità storica in certi periodi, una sorta di attività extra, ma non ha mai rappresentato né la vocazione fondamentale né il fulcro della vita dell’Ordine. Vede, la mia famiglia ha una lunga storia di appartenenza all’Ordine. Per me, dunque, è sempre stato lampante questo aspetto. E anche personalmente, ciò che mi ha affascinato e attratto è stata immediatamente questa dedizione totale nei confronti dei malati, che ho toccato con mano sin dal primo pellegrinaggio annuale a Lourdes cui ho partecipato nel 1974. Da allora sono stato a Lourdes ogni anno. E ogni volta ho trovato questa esperienza sempre più arricchente dal punto di vista spirituale. In definitiva, quindi, l’ethos dell’Ordine non è mai cambiato. E penso che se ci incontrassimo tra vent’anni, la mia risposta a questa domanda sarebbe la stessa. Dopodiché, certo che ci sono stati tanti cambiamenti all’interno dell’Ordine, perché la storia cammina e le circostanze sono diverse. Ma il carisma originale è rimasto sempre lo stesso. Quando, nel 1798, l’Ordine perse Malta, fu considerato un dramma. Ma, piano piano, si rivelò in realtà una benedizione, perché consentì di tornare all’ispirazione primigenia, dedicandosi unicamente all’assistenza ospedaliera».

Non è complicato gestire un’identità così complessa come quella dell’Ordine di Malta: Ordine religioso con un passato militare, Ong, Stato sovrano...

«Sì, è una cosa realmente complicata essere una persona mixta: un vero ordine religioso, ma anche un’entità sovrana, ma anche una Ong su scala mondiale, etc... Ma la cosa interessante è che ogni aspetto è complementare all’altro e, alla fine, il risultato è un’identità caratteristica, completamente diversa da quella di ogni altra organizzazione al mondo. Siamo come uno straordinario animale, di cui ci si chiede quante teste e quante zampe abbia...».

Qual è, allora, il segreto della vostra vitalità, come Ordine?

«Penso che il responsabile di tutto quanto sia lo Spirito Santo. È lui che ci ha guidato e condotto fino a qui, attraverso gli accadimenti della storia. Personalmente, sono spesso in giro per il mondo e incontro moltissime persone. Ebbene, tutti costoro desiderano parlarmi non perché io sia particolarmente simpatico, ma per ciò che l’Ordine fa. Proprio oggi ho incontrato l’ambasciatore della Bulgaria, che ci ha chiesto un maggior impegno nel suo Paese. La stessa cosa è successa ieri con gli ambasciatori del Gabon e del Cameroun. Ed è solo per fare qualche esempio. Ci stimano per il nostro impegno, e ci rispettano anche perché siamo indipendenti, non allineati politicamente né schierati religiosamente: assistiamo chiunque, indipendentemente dalla sua fede religiosa».

L’Ordine ha decine di attività e strutture sanitarie in tutto il mondo. In che modo trova i finanziamenti necessari?

«Le fonti di finanziamento sono varie e differenti. Le spese dell’organizzazione centrale, qui a Roma, sono quasi totalmente coperte dai ricavi che derivano dal patrimonio dell’Ordine. In passato avevamo enormi proprietà in tutta Europa. Oggi ne restano alcune qui in Italia. In secondo luogo, ogni nuovo membro dell’Ordine contribuisce in maniera significativa dal punto di vista economico: è quello che noi chiamiamo passage money, la tassa del passaggio, perché in origine era il contributo versato per il viaggio via mare verso Gerusalemme. Ogni anno, poi, ogni membro versa una quota di sottoscrizione. Inoltre, un gran numero di persone, non solo nostri membri, fa delle offerte per sostenere le attività dell’Ordine. Infine, riceviamo vari finanziamenti per le nostre attività o per interventi di emergenza da organismi nazionali e sovranazionali, come le Nazioni Unite o l’Unione Europea o l’Oms».

Oggigiorno si parla spesso di «scontro di civiltà» tra islam e Occidente. L’Ordine ha una lunga storia di lotta contro gli ottomani. Quali sono oggi i rapporti dell’Ordine con il mondo islamico?

«In realtà, a mio parere, il famoso "scontro di civiltà" non esiste. Semmai, esistono gruppi fondamentalisti violenti che tentano di creare questo scontro. Per ciò che riguarda i nostri rapporti con il mondo musulmano, invece, devo dire che sono ottimi. Intanto, se si guardano i fondamenti etici del cristianesimo e dell’islam, si vede che ci sono davvero tanti punti in comune. Inoltre, noi abbiamo molte attività in Paesi a maggioranza musulmana. Ad esempio, siamo in Libano, che è un Paese complesso dal punto di vista religioso, con 18 diverse comunità di fede, di cui varie cristiane. Noi operiamo in una cittadina del Sud del Paese dove, insieme con un’organizzazione sciita, gestiamo una clinica e facciamo pronto intervento tramite una serie di ambulanze che, sulle fiancate, hanno le insegne sia della croce che della mezzaluna. E la maggior parte dei pazienti della zona non sono cristiani».

Quali sono oggi le relazioni tra l’Ordine di Malta e la Santa Sede?

«C’è un rapporto molto stretto, indubbiamente. In quanto ordine religioso, siamo soggetti alla Congregazione della vita consacrata, che in qualche modo è responsabile della nostra condotta, in particolare per ciò che riguarda i "professi" dell’Ordine. Inoltre, siamo molto legati anche per ciò che riguarda le attività: nei Paesi in cui operiamo, ad esempio, abbiamo stretti contatti con le nunziature. E poi, ovviamente, in quanto membri di un ordine religioso, prestiamo filiale obbedienza al Santo Padre. E occorre dire che papa Benedetto XVI è membro dell’Ordine dei cavalieri di Malta da molto tempo prima di diventare pontefice. Motivo per cui conosce molto bene il nostro Ordine».

Come si diventa membro dell’Ordine di Malta?

«Intanto bisogna essere presentati da due persone che siano già membri. E poi bisogna cominciare a farsi coinvolgere all’interno delle attività dell’Ordine, prima tra tutte il pellegrinaggio annuale a Lourdes, che è il momento fondamentale di adesione al nostro carisma e l’occasione in cui i membri da tutto il mondo si ritrovano insieme, per pregare e assistere i malati. Dopo questo primo passo, si entra in un periodo di formazione che dura un paio d’anni. Soltanto alla fine di questo biennio di training, la domanda di ammissione viene inviata qui a Roma per essere vagliata ed eventualmente accolta. Dopodiché, chi lo desidera può fare due ulteriori passaggi: formulare dei voti simili a quelli degli oblati negli ordini monastici e, successivamente, diventare un "professo", con l’obbligo dei tre voti tradizionali».

Quali sono le principali sfide per il futuro dell’Ordine?

«Innanzitutto, avere un numero di professi di età più giovane di quella attuale, che è piuttosto elevata. Una seconda sfida è quella di riuscire a creare una struttura qui a Roma per formare in maniera adeguata i membri dell’Ordine: i professi per ciò che riguarda la vita spirituale, tutti gli altri membri invece per ciò che riguarda l’ambito di impegno in cui sono coinvolti: diplomatico, medico-sanitario, etc... Questa di una formazione professionale elevata e all’altezza dei tempi è davvero una sfida fondamentale per il nostro futuro».

(Foto: Reuters)

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