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lunedì 10 febbraio 2025
 
FIRENZE
 

Il Mediterraneo, porta d'Europa: i 49 rifugiati che incontreranno il Papa

24/02/2022  I profughi presenti all’incontro con Francesco, domenica 27 febbraio, sono inseriti nei percorsi di accoglienza e integrazione con la Fondazione Solidarietà Caritas, dalla Diaconia Valdese, dall’associazione Cinque pani e due pesci e dalla cooperativa sociale Il Girasole. Le 49 persone sono state ‘scelte’ per la loro diversa esperienza di accoglienza in città

Joseph, nigeriano, uno dei profughi che inconrerà domenica papa Francesco. Foto Luciano Regolo.
Joseph, nigeriano, uno dei profughi che inconrerà domenica papa Francesco. Foto Luciano Regolo.

Mohamad Anosh e la moglie Reha, Mohammad Azreakhsh e Joseph sono 4 dei 49 rifugiati ospitati a Firenze, che domenica mattina in Sala d'Arme a Palazzo Vecchio incontreranno Papa Francesco in città per l'ultimo giomo dell'Incontro tra vescovi e sindaci del Mediterraneo. I rifugiati, donne e uomini nati in vari Paesi tra cui Afghanistan, Etiopia, Siria, Somalia, Costa d'Avorio, Eritrea e Nigeria, Repubblica democratica del Congo, Gana e Mali, hanno alle spalle storie molto particolari e una 'nuova' vita a Firenze, città che li ha accolti e inseriti nei percorsi di accoglienza e integrazione.

I rifugiati presenti all'incontro con il Santo Padre sono inseriti nei percorsi di accoglienza e integrazione con la Fondazione Solidarietà Caritas, dalla Diaconia Valdese, dall'associazione Cinque pani e due pesci e dalla cooperativa sociale Il Girasole. Le 49 persone sono state 'scelte' per la loro diversa esperienza di accoglienza in città. Il modello di accoglienza di Firenze prevede infatti varie fasi e possibilità: c'è l'accoglienza nei Centri di prima accoglienza straordinaria (Cas) e nel sistema di accoglienza e integrazione (Sai); ci sono persone arrivate attraverso i Corridoi umanitari e altre che dopo essere passate dai percorsi di accoglienza in struttura adesso hanno una vita autonoma e hanno completato il processo di integrazione.

Mohamad Anosh e la moglie Reha sono entrambi afgani. Fin dal loro arrivo in Italia, le loro due figlie sono state iscritte a scuola e frequentano, rispettivamente, la scuola elementare e dell'infanzia.Tutta la famiglia ha ottenuto lo status di rifugiato e attualmente sono in corso le pratiche per il rilascio del permesso di soggiorno per la richiesta di asilo politico. Anosh è un chirurgo pediatrico e vorrebbe riuscire a esercitare la professione anche in Italia. Nel proprio paese d'origine Reha era un'attivista per i diritti umani e ha collaborato a diversi progetti realizzati in Afghanistan dal Cospe. Fra circa un mese la famiglia si allargherà in quanto è in arrivo il terzo figlio, un maschio. Reha ha anche un fratello che vorrebbe riprendere in Italia il proprio percorso di studi universitari e laurearsi.

Mohammad Azreakhsh, afgano, fin dall'arrivo in Italia i suoi figli sono stati inseriti, grazie anche alla collaborazione dell'Istituto Universitario Europeo, rispettivamente presso la scuola dell'infanzia e l'asilo nido. Tutta la famiglia ha ottenuto il riconoscimento dello status di rifugiato ed è già in possesso del permesso di soggiorno per asilo politico. Azreakhsh è un tecnico informatico e, poco dopo il suo arrivo in Italia, ha iniziato a collaborare con l'UE proprio nel settore in cui si è specializzato, riuscendo a portare avanti il suo percorso professionale. Sua moglie Lina è laureata in Scienze biologiche e in Afghanistan svolgeva la professione di insegnante. I signori Roshangar vorrebbero riuscire a portare in Italia i propri genitori e fratelli che, purtroppo, non sono riusciti a lasciare l'Afghanistan in modo da ricongiungersi con loro.

Joseph, nigeriano, è arrivato in Italia dopo un viaggio di un anno e cinque mesi passando dalla Libia. E' sbarcato a Lampedusa. Dopo è stato trasferito a Firenze. Ha fatto un tirocinio in città nel 2017 e ancora oggi è un prezioso collaboratore della Fondazione Caritas. Inizialmente ospitato in una struttura Cas e poi in una Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati), adesso è autonomo e va nelle scuole cittadine a raccontare la propria testimonianza di vita.

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