«Quando il talento vi assiste, portate alla luce l'inedito, arricchite il mondo di una realtà nuova. La creatività dell'artista sembra così partecipare della passione generativa di Dio, la passione di creare. Siete alleati del sogno di Dio! Siete occhi che guardano e che sognano. Non basta soltanto guardare, bisogna anche sognare».
È il messaggio di papa Francesco che venerdì mattina ha incontrato nella Cappella Sistina quasi duecento artisti provenienti da oltre trenta Paesi in occasione del cinquantesimo anniversario dell'inaugurazione della Collezione d'Arte Moderna e Contemporanea dei Musei Vaticani.
«Noi esseri umani aneliamo a un mondo nuovo che non vedremo appieno con i nostri occhi, eppure lo desideriamo, lo cerchiamo, lo sogniamo» ha aggiunto il Pontefice, «come diceva uno scrittore latino-americano, abbiamo un occhio di carne e l'altro di vetro: con quello di carne guardiamo ciò che vediamo, con quello di vetro guardiamo ciò che sogniamo».
All'incontro, promosso dal Dicastero della Cultura e dell'Educazione sulla scia di quello iniziale di Paolo VI del 1964, erano presenti grandi nomi di tutti i campi artistici: pittori, scultori, architetti, scrittori, poeti, musicisti, registi e attori. Si va dal brasiliano Caetano Veloso ai francesi Jean Nouvel, Eric-Emmanuel Schmitt e Amelie Nothomb. Dal tedesco Anselm Kiefer agli italiani Nicolò Ammaniti, Roberto Andò, Alessandro Baricco, Marco Bellocchio, Gianrico Carofiglio, Mario Ceroli, Paolo Cognetti, Simone Cristicchi, Michele De Lucchi, Luca Doninelli, Ludovico Einaudi, Mariangela Gualtieri, Alessandro Haber, Emilio Isgrò, Nicola Lagioia, Vivian Lamarque, Luciano Ligabue, Mimmo Locasciulli, Antonio Manzini, Mario Martone, Michela Murgia, Mimmo Paladino, Giuseppe Penone, Fabrizio Plessi, Mogol, Alice Rohrwacher, Sergio Rubini, Roberto Saviano, Igiaba Scego, Susanna Tamaro, Sandro Veronesi. Dall'olandese Rem Koolhaas ai britannici Anish Kapoor e Ken Loach. Dallo spagnolo Javier Cercas agli statunitensi Abel Ferrara, Jhumpa Lahiri e Andres Serrano. Dallo svizzero Mario Botta al turco Ferzan Ozpetek.
«Vi ringrazio per aver accolto il mio invito. La vostra presenza mi rallegra. La Chiesa ha sempre avuto un rapporto con gli artisti che si può definire nello stesso tempo naturale e speciale», ha detto Bergoglio, «si tratta di un'amicizia naturale perché l'artista prende sul serio la profondità inesauribile dell'esistenza, della vita e del mondo, anche nelle sue contraddizioni e nei suoi lati tragici. Questa profondità rischia di diventare invisibile allo sguardo di molti saperi specializzati, che rispondono a esigenze immediate, ma stentano a vedere la vita come realtà poliedrica».
Secondo Francesco, «l'artista ricorda a tutti che la dimensione nella quale ci muoviamo, anche quando non ne siamo consapevoli, è quella dello Spirito. La vostra arte è come una vela che si riempie dello Spirito e ci fa andare avanti».
Bergoglio ha sottolineato che «l'amicizia della Chiesa con l'arte è dunque qualcosa di naturale, Ma è pure un'amicizia speciale, soprattutto se pensiamo a molti tratti di storia percorsi insieme, che appartengono al patrimonio di tutti, credenti e non. Memori di questo aspettiamo nuovi frutti anche nel nostro tempo, in un clima di ascolto, di libertà e di rispetto. La gente ha bisogno di questi frutti, di frutti speciali».
Il Papa ha ricordato che «quando si opera nell'arte i confini si allentano e i limiti dell'esperienza e della comprensione si dilatano. Tutto appare più aperto e disponibile. Allora si acquista la spontaneità del bambino che immagina e l'acutezza del veggente che coglie la realtà». Poi ha citato la definizione del teologo Romano Guardini, secondo cui «lo stato in cui si trova l'artista mentre crea è affine a quello del fanciullo e pure del veggente. L'uomo deve fare i conti con la sua mortalità, ma non è un essere per la morte, bensì per la vita. Una grande pensatrice come Hannah Arendt afferma che il proprio dell'essere umano è quello di vivere per portare nel mondo la novità. Voi artisti realizzate questo, facendo valere la vostra originalità. Nelle opere mettete sempre voi stessi, come esseri irripetibili quali noi tutti siamo, ma con l'intenzione di creare ancora di più».
Il Papa ha anche sottolineato il ruolo dell’arte che, ha detto, «non può mai essere un anestetico; dà pace, ma non addormenta le coscienze, le tiene sveglie. Spesso voi artisti provate a sondare anche gli inferi della condizione umana, gli abissi, le parti oscure. Non siamo solo luce, e voi ce lo ricordate; ma c'è bisogno di gettare la luce della speranza nelle tenebre dell'umano, dell'individualismo e dell'indifferenza. Aiutateci a intravedere la luce, la bellezza che salva. E spesso lo fate con l'ironia, che è una virtù meravigliosa. L'ironia e il senso dell'umorismo sono grandi virtù - ha proseguito Francesco -. La Bibbia è ricca di momenti di ironia, in cui si prendono in giro la presunzione di autosufficienza, la prevaricazione, l'ingiustizia, la disumanità quando si rivestono di potere e a volte pure di sacralità».
Il Papa ha proseguito sottolineando la funzione degli artisti: «Fate bene a essere anche sentinelle del vero senso religioso, a volte banalizzato o commercializzato. In questo essere veggenti, sentinelle, coscienze critiche, vi sento alleati per tante cose che mi stanno a cuore, come la difesa della vita umana, la giustizia sociale, gli ultimi, la cura della casa comune, il sentirci tutti fratelli. Mi sta a cuore l'umanità dell'umanità. Perché è anche la grande passione di Dio. Una delle cose che avvicinano l'arte alla fede è il fatto di disturbare un po’. L'arte e la fede non possono lasciare le cose così come stanno: le cambiano, le trasformano, le convertono».
Francesco ha accostato, come già fece Romano Guardini, gli artisti ai veggenti: «Voi avete la capacità di sognare nuove versioni del mondo, d'introdurre novità nella storia. Per questo Guardini dice che assomigliate anche ai veggenti. Siete un po’ come i profeti. Sapete guardare le cose sia in profondità sia in lontananza, come sentinelle che stringono gli occhi per scrutare l'orizzonte e scandagliare la realtà al di là delle apparenze. In ciò siete chiamati a sottrarvi al potere suggestionante di quella presunta bellezza artificiale e superficiale oggi diffusa e spesso complice dei meccanismi economici che generano disuguaglianze. È una bellezza morta, finta, cosmetica, un maquillage che nasconde invece di rivelare. In italiano si dice 'truccò perché ha qualcosa dell'inganno. Voi vi tenete distanti da questa bellezza», ha aggiunto, «la vostra arte vuole agire come coscienza critica della società, togliendo il velo all'ovvietà. Volete mostrare quello che fa pensare, che rende vigili, che svela la realtà anche nelle sue contraddizioni, nei suoi aspetti che è più comodo o conveniente tenere nascosti. Come i profeti biblici - ha sottolineato -, ci mettete di fronte a cose che a volte danno fastidio, criticando i falsi miti di oggi, i nuovi idoli, i discorsi banali, i tranelli del consumo, le astuzie del potere».
Infine, si è soffermato sul rapporto tra arte e bellezza: «Molti sperano che l'arte torni maggiormente a frequentare la bellezza», ha detto, «certo, come dicevo c'è anche una bellezza futile, artificiale e superficiale, persino ingannatrice. Ma credo che ci sia un criterio importante per discernere, quello dell'armonia. La bellezza vera, infatti, è riflesso dell'armonia». «Essa, se posso dire così, è la virtù operativa della bellezza: è il suo spirito di fondo, in cui agisce lo Spirito di Dio, il grande armonizzatore del mondo. L'armonia è quando ci sono delle parti, diverse tra loro, che però compongono un'unità. È una cosa difficile, che solo lo Spirito può rendere possibile: che le differenze non diventino conflitti, ma diversità che si integrano; e nello stesso tempo che l'unità non sia uniformità, ma ospiti ciò che è molteplice».
L'armonia, ha proseguito, «fa questi miracoli, come a Pentecoste. Quanto è attuale questo messaggio: siamo in un tempo di colonizzazioni ideologiche mediatiche e di conflitti laceranti; una globalizzazione omologante convive con tanti localismi chiusi. Anche la Chiesa può risentirne. Il conflitto può agire sotto una finta pretesa di unità; così le divisioni, le fazioni, i narcisismi. Abbiamo bisogno che il principio dell'armonia abiti di più il nostro mondo. Voi artisti potete aiutarci a lasciare spazio allo Spirito. Quando vediamo l'opera dello Spirito, che è creare l'armonia delle differenze, non annientarle, non uniformarle, ma armonizzarle, allora capiamo cosa sia la bellezza. La bellezza è quell'opera dello Spirito che crea armonia. Il vostro genio percorra questa via!».
Infine, in conclusione una raccomandazione: «Sono felice di questo incontro con voi. Ma, prima di salutarvi, ho ancora una cosa da dirvi, che mi sta a cuore. Vorrei chiedervi di non dimenticarvi dei poveri, che sono i preferiti di Cristo, in tutti i modi in cui si è poveri oggi. Anche i poveri hanno bisogno dell'arte e della bellezza. Alcuni sperimentano forme durissime di privazione della vita; per questo, ne hanno più bisogno. Di solito non hanno voce per farsi sentire. Voi potete farvi interpreti del loro grido silenzioso».