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domenica 06 ottobre 2024
 
il Papa
 

«Roma sia più vivibile per tutti. Non basta la bellezza, servono decoro e funzionalità tutti i giorni»

31/12/2023  Francesco a San Pietro celebra i Primi Vespri della Solennità di Maria Madre di Dio con il canto del Te Deum, l’inno di ringraziamento per l’anno trascorso, e si sofferma sulla situazione della città che si prepara al Giubileo del 2025: «Una città più vivibile per i suoi cittadini è anche più accogliente per tutti. Il fascino del centro storico è perenne e universale; ma bisogna che possano goderlo anche le persone anziane o con qualche disabilità motoria»

«Il fascino del centro storico di Roma è perenne e universale; ma bisogna che possano goderlo anche le persone anziane o con qualche disabilità motoria; e occorre che alla “grande bellezza” corrispondano il semplice decoro e la normale funzionalità nei luoghi e nelle situazioni della vita ordinaria, feriale. Perché una città più vivibile per i suoi cittadini è anche più accogliente per tutti».

Papa Francesco nella Basilica di San Pietro celebra i Primi Vespri della Solennità di Maria Santissima Madre di Dio che si concludono con l’esposizione del Santissimo Sacramento, la benedizione eucaristica e il canto del Te Deum, il tradizionale inno di ringraziamento per l’anno appena trascorso. E da vescovo di Roma, il Pontefice rivolge un pensiero alla città che si prepara al Giubileo del 2025 il cui tema è “Pellegrini di speranza”. «Possiamo chiederci: Roma si sta preparando a diventare nell’Anno Santo “città della speranza”?», chiede Bergoglio, «tutti sappiamo che da tempo è in atto l’organizzazione del Giubileo. Ma comprendiamo bene che, nella prospettiva che qui assumiamo, non si tratta principalmente di questo; si tratta piuttosto della testimonianza della comunità ecclesiale e civile; testimonianza che, più che negli eventi, consiste nello stile di vita, nella qualità etica e spirituale della convivenza. E allora la domanda si può formulare così: stiamo operando, ciascuno nel proprio ambito, affinché questa città sia segno di speranza per chi vi abita e per quanti la visitano?».

Francesco cita un esempio: «Entrare in Piazza San Pietro e vedere che, nell’abbraccio del Colonnato, si muovono liberamente e serenamente persone di ogni nazionalità, cultura e religione, è un’esperienza che infonde speranza; ma è importante che essa sia confermata da una buona accoglienza nella visita alla Basilica, come pure nei servizi di informazione».

Nell’omelia il Pontefice si sofferma sul significato di questo appuntamento che chiude l’anno civile: «La fede ci permette di vivere quest’ora in modo diverso rispetto a una mentalità mondana. La fede in Gesù Cristo, Dio incarnato, nato dalla Vergine Maria, dona un modo nuovo di sentire il tempo e la vita. Lo riassumerei in due parole: gratitudine e speranza. Qualcuno potrebbe dire: “Ma non è quello che fanno tutti in quest’ultima sera dell’anno? Tutti ringraziano, tutti sperano, credenti o non credenti”. Forse può sembrare che sia così, e magari lo fosse!», è l’auspicio del Papa che subito dopo chiarisce: «Ma, in realtà, la gratitudine mondana, la speranza mondana sono apparenti; mancano della dimensione essenziale che è quella della relazione con l’Altro e con gli altri, con Dio e con i fratelli. Sono appiattite sull’io, sui suoi interessi, e così hanno il fiato corto, non vanno oltre la soddisfazione e l’ottimismo. Invece in questa Liturgia si respira tutta un’altra atmosfera: quella della lode, dello stupore, della riconoscenza. E ciò accade non per la maestosità della Basilica, non per le luci e i canti – queste cose ne sono piuttosto la conseguenza –, ma per il Mistero che l’antifona al primo salmo ha espresso così: “Meraviglioso scambio! Il Creatore ha preso un’anima e un corpo, è nato da una vergine; […] ci dona la sua divinità”».

Francesco si sofferma sul tema della gratitudine, che è il filo conduttore di questa celebrazione: «La liturgia ci fa entrare nei sentimenti della Chiesa; e la Chiesa, per così dire, li impara dalla Vergine Madre. Pensiamo a quale sarà stata la gratitudine nel cuore di Maria mentre guardava Gesù appena nato. È un’esperienza che solo una mamma può fare, e che tuttavia in lei, nella Madre di Dio, ha una profondità unica, incomparabile. Maria sa, lei sola insieme a Giuseppe, da dove viene quel Bambino. Eppure è lì, respira, piange, ha bisogno di mangiare, di essere coperto, accudito. Il Mistero dà spazio alla gratitudine, che affiora nella contemplazione del dono, nella gratuità, mentre soffoca nell’ansia dell’avere e dell’apparire».

La Chiesa, ricorda Francesco, «impara dalla Vergine Madre la gratitudine. E impara anche la speranza. Viene da pensare che Dio abbia scelto lei, Maria di Nazaret, perché nel suo cuore ha visto rispecchiata la propria speranza. Quella che Lui stesso aveva infuso in lei con il suo Spirito. Maria è da sempre colmata di amore, colmata di grazia, e per questo è anche colmata di fiducia e di speranza. Quello di Maria e della Chiesa non è ottimismo, è un’altra cosa: è fede nel Dio fedele alle sue promesse (cfr Lc 1,55); e questa fede assume la forma della speranza nella dimensione del tempo, potremmo dire “in cammino”. Il cristiano, come Maria, è un pellegrino di speranza».

E ogni pellegrinaggio, «specialmente se impegnativo, richiede una buona preparazione», ricorda Francesco, «per questo l’anno prossimo, che precede il Giubileo, è dedicato alla preghiera. E quale maestra migliore potremmo avere della nostra Santa Madre? Mettiamoci alla sua scuola: impariamo da lei a vivere ogni giorno, ogni momento, ogni occupazione con lo sguardo interiore rivolto a Gesù. Gioie e dolori, soddisfazioni e problemi. Tutto alla presenza e con la grazia di Gesù, il Signore. Tutto con gratitudine e speranza».

Dopo la preghiera Francesco ha lasciato la Basilica Vaticana e si è recato in Piazza San Pietro dove ha sostato in preghiera di fronte al presepe proveniente da Rieti e dedicato quest'anno agli 800 anni dalla prima rappresentazione vivente della natività a Greccio voluta da San Francesco nel 1223.

 
 
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