Non rimanere inerti davanti alle ingiustizie rende il mondo più umano. E' possibile creare un mondo più giusto e fraterno in cui non si sacrificano le persone sull'altare del denaro e del
profitto. Papa Francesco incontra i rappresentanti della
società civile del Paraguay nel Palazzetto dello Sport "León Condou" di
Asunción, ricorda le "reducciones" (le "riduzioni"), l'innovativo esperimento economico-sociale promosso dai Gesuiti nel Sei-Settecento, richiama il magistero sociale della Chiesa, spiega che l'insistita attenzione ai poveri è Vangelo, non ideologia.
Ad aprire l'incontro, in realtà, è un'orchestra giovanile di strumenti riciclati. Applauditissima. Poi si susseguono alcune testimonianze: una
contadina a rappresentare i popoli indigeni e un'altra donna, dirigente
degli industriali cristiani, e quattro uomini in rappresentanza dei
movimenti cattolici e dei lavoratori del Paese, parlano delle
speranze, delle difficoltà e delle lotte in Paraguay per una società
migliore. Papa Francesco apprezza le loro testimonianze forti, perché, dice, «un popolo che vive nell’inerzia dell’accettazione passiva è un
popolo morto. Dio è sempre a favore di tutto ciò che aiuta a
sollevare, a migliorare la vita dei suoi figli», a vincere le «tante
inequità» che scartano un numero sempre maggiore di persone. «Quanto è importante», sottolinea Bergoglio, che i giovani comprendano
che «la vera felicità passa attraverso la lotta per un mondo più
fraterno» e giusto. «La felicità e il piacere - osserva - non sono
sinonimi» perché «la felicità richiede l’impegno e la dedizione», esige «grandi ideali» per non vivere la vita come «anestetizzati».
Papa
Francesco invita i giovani a dare il meglio di sé: «mi dà tristezza
vedere un giovane pensionato», afferma come già fatto altrove, in ultimo nel suo viaggio pastorale a Torino, domenica 21 giugno: «giocatevela tutta», «non cercate
la sistemazione per evitare la lotta», ma «questa lotta non fatela da
soli», fate tesoro dell’esperienza dei più anziani e trovate
consolazione «nella forza della preghiera, in Gesù», perché Dio è «la
garanzia della nostra dignità di uomini».
Papa Francesco indica un metodo: il dialogo. Certo, «non è facile», perché esige la cultura dell’incontro: «Un incontro che sappia riconoscere che la diversità non solo è
buona: è necessaria. L'uniformità ci annulla, ci trasforma in automi».
Quindi «il punto di partenza non può essere che l’altro si sta
sbagliando». Invece, «il bene comune si cerca a partire dalle nostre
differenze, dando sempre la possibilità a nuove alternative. Vale a
dire: cerca qualcosa di nuovo».
Nello stesso tempo, «dialogare non è
negoziare», perchè solo «con una forte identità posso dialogare».
L'identità non si negozia.
La scelta del dialogo – aggiunge – significa non temere il conflitto, «al contrario siamo invitati a farcene carico» per «trasformarlo» in
una «unità che non rompe le differenze, ma che le vive in comunione
attraverso la solidarietà e la comprensione. Cercando di capire le
ragioni dell’altro, cercando di ascoltare la sua esperienza, i suoi
desideri, potremo vedere che in gran parte sono aspirazioni comuni».
Alla base c’è la consapevolezza che «siamo tutti fratelli, figli dello
stesso Padre celeste», e che «ciascuno con la propria cultura, la
propria lingua, le proprie tradizioni, ha molto da offrire alla
comunità»: «Le autentiche culture non sono chiuse in sé stesse, perché se si
chiudono in se stesse muoiono, ma sono chiamate ad incontrarsi con altre
culture e creare nuove realtà».
«Senza questo presupposto essenziale,
senza questa base di fraternità sarà molto difficile giungere al
dialogo. Se qualcuno considera che ci sono persone, culture, situazioni
di seconda, terza o quarta categoria... qualcosa di sicuro andrà male,
perché manca semplicemente il minimo, il riconoscimento della dignità
dell’altro».
L’appello del Papa è ad «accogliere il grido dei poveri per costruire una società più inclusiva»: «Un aspetto fondamentale per promuovere i poveri è nel modo in cui li
vediamo. Non serve uno sguardo ideologico, che finisce per utilizzare i
poveri al servizio di altri interessi politici o personali».
Il Papa
afferma di avere l'allergia ai discorsi "magniloquenti" sui grandi
ideali di fraternità, giustizia, pace, dignità, che si risolvono solo in
parole vuote, bugiarde, senza concretezza. Parole che utilizzano le
ideologie: «le ideologie finiscono male, non servono, hanno una
relazione incompleta o malata o cattiva con il popolo». E «per questo le
ideologie finiscono sempre con le dittature...pensano per il popolo, ma
non lasciano pensare il popolo ... tutto per il popolo, ma non con il
popolo».
E’ necessario, cointinua, «avere una
vera preoccupazione» per i poveri ed «essere disposti a imparare» da
loro. I poveri «hanno molto da insegnarci in umanità, in bontà, in
sacrificio e solidarietà. E noi cristiani abbiamo inoltre un motivo in
più per amare e servire i poveri: in loro vediamo il volto e la carne di
Cristo».
Oggi, ragiona Francesco, «l'adorazione dell'antico vitello d'oro ha
trovato una nuova e spietata versione nel feticismo del denaro e nella
dittatura di una economia senza volto". Esorta quindi a costruire uno
sviluppo economico dal “volto umano” in cui ci sia lavoro, casa, pane e
dignità per tutti: «Vi chiedo di non cedere ad un modello economico idolatrico che abbia
bisogno di sacrificare vite umane sull’altare del denaro e del
profitto. Nell’economia, nell’azienda, nella politica, la prima cosa è
sempre la persona e l’ambiente in cui vive».
Poi c'è l'appello contro la corruzione: «la corruzione è la cancrena, il marcio di un popolo».
Papa Francesco indica un modello: le missioni promosse dai Gesuiti in
quest’area tra il 1600 e il 1700, le cosiddette “Riduzioni”, villaggi
dove i popoli indigeni potevano vivere in pace e in autonomia, «una
delle più interessanti esperienze di evangelizzazione e di
organizzazione sociale della storia»: «In esse, il Vangelo era l’anima e la vita di comunità dove non c’era
fame, né disoccupazione, né analfabetismo né oppressione. Questa
esperienza storica ci insegna che una società più umana è possibile
anche oggi». «Quando c'è amore per l’uomo, e volontà di servirlo, è
possibile creare le condizioni affinché tutti abbiano accesso a beni
necessari, senza che nessuno sia escluso».
L’amore per i poveri, conclude il Papa, testimonia che «un altro modello di sviluppo è possibile».
In precedenza, sabato 11 luglio papa Francesco ha visitato l'Ospedale generale pediatrico “Niños de Acosta Ñu” e s'è poi recato nel Santuario mariano di Caacupé dove ha celebrato Messa nel grande piazzale antistante. Dopo l'incontro con i rappresentanti della società civile, Bergoglio ha pregato i Vespri con vescovi, sacerdoti, diaconi, religiosi, religiose, seminaristi e membri dei vari movimenti cattolici nella Cattedrale di Asuncion. Oggi, domenica 12 luglio 2015, è prevista la visita a Bañado Norte, una zona molto povera e acquitrinosa della città, in cui sono attivi diversi progetti di assistenza della Chiesa e dello Stato. Quindi, alle 10, ora locale, la Santa Messa nel campo grande di Ñu Guazú, seguita dall'Angelus. Il Papa pranza con i vescovi del Paraguay. Nel pomeriggio incontra i giovani sul lungofiume “Costanera”. In serata, la partenza per Roma: l'arrivo a Cimapino è previsto per le 13,45 di domani, lunedì 13 luglio.