Il Papa parla a fatica, «con questo grande raffreddore», e chiede «a questo fratello di leggere la catechesi. La leggerà meglio di me». Pronuncia direttamente solo i saluti in spagnolo e in italiano. Lo fa, al termine dell’udienza, per chiedere, ancora una volta, la preghiera per la pace. «Pensiamo ai Paesi che soffrono la guerra», dice. «la martoriata Ucraina, Israele, la Giordania, tanti Paesi che stanno soffrendo lì, ricordiamo gli sfollati della Palestina e preghiamo per loro».
Per la catechesi, il tema di questo mercoledì, all’interno del ciclo “Gesù Cristo nostra speranza”, ha posto l’attenzione su Maria - «E beata colei che ha creduto» - che, come racconta Luca, corre veloce da Elisabetta. Francesco ha voluto spiegare il senso del Magnificat. «La Vergine Maria fa visita a Santa Elisabetta; ma è soprattutto Gesù, nel grembo della madre, a visitare il suo popolo, come dice Zaccaria nel suo inno di lode». Quando Maria, incinta di Gesù, va a visitare la cugina «non sceglie di proteggersi dal mondo, non teme i pericoli e i giudizi altrui, ma va incontro agli altri. Quando ci si sente amati, si sperimenta una forza che mette in circolo l’amore». Maria «avverte la spinta dell’amore e va ad aiutare una donna che è sua parente, ma è anche un’anziana che accoglie, dopo lunga attesa, una gravidanza insperata, faticosa da affrontare alla sua età. Ma la Vergine va da Elisabetta anche per condividere la fede nel Dio dell’impossibile e la speranza nel compimento delle sue promesse».
Il saluto di Maria, la «piena di grazia», provoca la profezia nel bambino, Giovanni, che l’anziana porta in grembo e suscita in lei una duplice benedizione: «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo!», scrive Luca. Ma c’è anche la beatitudine: «Beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto».
Il Magnificat, «questa lode al Dio salvatore, sgorgata dal cuore della sua umile serva, è un solenne memoriale che sintetizza e compie la preghiera d’Israele. È intessuta di risonanze bibliche, segno che Maria non vuole cantare “fuori dal coro” ma sintonizzarsi con i padri, esaltando la sua compassione verso gli umili, quei piccoli che Gesù nella sua predicazione dichiarerà “beati”».
Ancora, spiega la catechesi, «la massiccia presenza del motivo pasquale fa del Magnificat anche un canto di redenzione, che ha per sfondo la memoria della liberazione d’Israele dall’Egitto. I verbi sono tutti al passato, impregnati di una memoria d’amore che accende di fede il presente e illumina di speranza il futuro: Maria canta la grazia del passato ma è la donna del presente che porta in grembo il futuro».
Il Cantico è diviso in due parti. La prima «loda l’azione di Dio in Maria, microcosmo del popolo di Dio che aderisce pienamente all’alleanza; la seconda spazia sull’opera del Padre nel macrocosmo della storia dei suoi figli, attraverso tre parole-chiave: memoria – misericordia – promessa».
Il Signore, si spiega nel testo della catechesi, ha cominciato a salvare il suo popolo fin dall’Esodo, «ricordandosi della benedizione universale promessa ad Abramo. Il Signore, Dio fedele per sempre, ha fatto scorrere un flusso ininterrotto di amore misericordioso “di generazione in generazione” sul popolo fedele all’alleanza, e ora manifesta la pienezza della salvezza nel Figlio suo, inviato a salvare il popolo dai suoi peccati». Da Abramo a Gesù Cristo e alla comunità dei credenti, la Pasqua appare così come la categoria ermeneutica per comprendere ogni liberazione successiva, fino a quella realizzata dal Messia nella pienezza dei tempi».