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domenica 15 settembre 2024
 
NATALE NEL MONDO/3
 

Ciad, i pastorelli (veri) del presepe di Fianga

22/12/2022  Don Silvano Perissinotto, sacerdote fidei donum di Treviso, racconta la Natalità in un villaggio africano, nel cuore di un Paese, il Ciad, appunto, tra i più poveri al mondo, dove la nascita di Gesù è vissuta in modo essenziale.

«A Fianga la gente è poverissima. Si vive un Natale davvero evangelico, essenziale, senza ornamenti, luci, regali. Niente. Ma è il paese stesso che sembra un presepe. Tutto l’anno, non solo a dicembre. Nel panorama desertico battuto dall’harmattan, il vento che soffia dal Sahara, le sagome delle capanne col tetto di paglia spiccano sullo sfondo del cielo. Poi ci sono i bambini che giocano, i pastori, le capre, le mucche, le pecore e le galline. Come in un presepe in movimento».

Don Silvano Perissinotto, 57 anni, di Noventa di Piave, ci parla del Ciad, dove ha vissuto come fidei donum della diocesi di Treviso per 16 anni e mezzo, e da cui è rientrato da poche settimane. L’ex colonia francese è un Paese poverissimo, al penultimo posto dell’Indice di sviluppo umano. Ma è anche una giovane Chiesa, dove l’incertezza della situazione nazionale, dopo l’uccisione del presidente-monarca Idryss Déby (20 aprile 2021), si intreccia con l’inquietudine per il futuro di un popolo bisognoso di segni di speranza. E negli ultimi mesi dopo il passaggio del potere nelle mani del figlio, il generale Mathan Déby, non sono mancati episodi di violenza nella capitale Ndjamena e in altre città. Il Paese ad alta natalità, è lo specchio delle contraddizioni di molte altre nazioni africane in cui alla ricchezza del sottosuolo (oro, petrolio, uranio) corrisponde l’estrema povertà della popolazione, per il 50% circa al di sotto di 15 anni.

«E’ un Paese con un’alta natalità, con tanti giovani, dove però si può morire per un niente, di malaria o di Aids, soprattutto, per mancanza di strutture sanitarie – spiega il missionario -. I bambini della parrocchia, preparati dagli animatori, sono incuriositi dalla semplicissima natività che mettiamo sotto l’altare: qualche sagoma di legno che abbiamo riverniciato l’anno scorso. A dicembre, con una temperatura media sopra i 35 gradi, nel presepe che è il villaggio stesso, i bambini sono pastorelli. Quando tornano da scuola li vedi andare in giro a portare le capre della famiglia al pascolo. Qualcuno si ferma accanto al gregge, apre il suo quaderno e ripassa la lezione del mattino o del giorno prima. Ho ancora davanti gli occhi un ragazzo in piedi appoggiato ad un tronco d’albero con una gamba piegata per sorreggersi, mentre legge il quaderno, non il libro che è merce rara e serve per più scolari».

La maggioranza dei ciadiani è di religione islamica (52%), mentre i cristiani sono il 44%, il 20% dei quali cattolici. Il Natale è senza dubbio la festa più attesa e partecipata, spiega don Silvano: «già dalla veglia e soprattutto il 25 dicembre tutte le comunità di Fianga di etnia tupurì, si ritrovano insieme con canti e danze in parrocchia. I festeggiamenti continuano nelle case dove per l’occasione speciale ci si riunisce per un pranzo importante a base di polenta di miglio e carne. A seconda della situazione familiare, chi può uccide il pollo, chi una pecora o una capra e si festeggia, ci si visita tra cristiani. Questo è il giorno di Natale, non ci sono alberi addobbati, televisione, niente».

LAGO DI CIAD

Uno dei punti del pianeta in cui si nota di più l’effetto dei cambiamenti climatici è il lago ciad

Siamo a circa 500 chilometri dal Lago. Sentendo anche gli interventi degli africani alla Cop 27 in Egitto, sembra che tutto si possa risolvere solo a suon di quattrini, cosa in parte vera, in buona parte legata anche allo sfruttamento estremo e prolungato del continente africano. Le popolazioni ignorano quello che accade nel loro territorio. Quando il Ciad era colonia francese, libri di testo scrivevano “i Galli nostri antenati”…La povertà di un Paese significa anche poca consapevolezza di ciò che sta accadendo nel mondo a livello di problemi ecologici, un Ciadiano che pure è andato a scuola, fa fatica a capire che il lago Ciad è diventato un problema per il pianeta oltre che per il suo Paese.

Solo le popolazioni nella regione sente molto il problema perché diminuendo il livello dell’acqua diminuiscono i terreni coltivabili, il pesce e molti villaggi vivevano quasi esclusivamente di pesca. Nella mia regione invece, dopo 16 anni e mezzo che sono in missione, ho visto per la prima volta gli effetti devastanti dell’inondazione, con l’acqua che è salita in pochissimo tempo. Il ciad ha avuto lo stesso problema della Nigeria dell’aumento delle acque a causa delle tantissime piogge. A Ndjamena, nella capitale, nella stagione delle piogge ci sono stati problemi di migliaia di persone sfollate per questo. Soprattutto nella parte sud della città. Sono esondati due affluenti del lago, locone e lo sharì.

Il problema è per alcune etnie insediate introno al Lago, alcune s sono dovute spostare. Tra Nigr e Nigeria ci sono persone che si nascondono nelle zone più interne e paludose perché sono bande armate di miliziani di Boko haram .

Il cuore della stagione delle piogge è tra agosto e settembre, la stagione secca dura 6/7 mesi, delle piogge 5 mesi. La gente è abituata ad una vita estremamente precaria dove il primo problema è quello di passare da una cultura di sussistenza a sistemi agricoli più organizzati. Oltre al miglio che è il cereale principale, vengono introdotti anche altri tipi di coltura come fagioli, mais, quali etnie sono state più danneggiate intorno al lago ciad?

Le etnie del nord, prevalentemente di religione musulmana, dove si parla l’arabo ciadiano. Le ricchezze del ciad sono petrolio, oro, ma la gente vive di progetti e aiuti internazionali, che arrivano attraverso ONG che ruotano intorno alla cooperazione internazionali che portano soldi in Ciad.

 
 
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