Nella sua lunga storia Monsignor Loris Capovilla, segretario particolare di Angelo Roncalli, prima da Patriarca di Venezia e dopo da Papa Giovanni XXIII, è stato testimone di infiniti incontri, compreso quello “mancato” tra don Lorenzo Milani e il Papa Buono, che non tese mai la mano al Priore di Barbiana, a differenza di quanto fece con don Primo Mazzolari, l’altro “prete scomodo” di quel tempo.
Se qualcosa in più si sa di questo incontro spaiato, tra due figure che pure hanno convissuto lasciando un segno profondo nella dottrina sociale della Chiesa, quel qualcosa lo si deve alla sofferta testimonianza che Loris Capovilla allora Monsignore, poi Cardinale, diede a Giorgio Pecorini, amico di don Lorenzo Milani, giornalista: uno dei pochissimi scampati a quello che don Milani chiamò il “blocco continentale”, la cacciata da Barbiana degli intellettuali, dopo che se ne era sentito tradito per i troppi articoli distorti usciti sul suo conto. Volle solo umili da quel giorno in casa, con poche eccezioni: Giorgio Pecorini una di loro.
Nel 2001 Pecorini ha pubblicato un bellissimo libro, dal titolo I Care ancora, che raccoglie una parte fino a quel punto inedita del carteggio di don Milani: lì dentro ci sono le sei lettere che Monsignor Loris Capovilla ha consegnato, accompagnate da un “appunto-promemoria” datato 26 giugno 1997: una testimonianza che svela il “mistero” di quella incomprensione tra Papa Giovanni e Don Milani e che qui riportiamo.
L'appunto-testimonianza del Cardinale Capovilla
«Don Milani! Quando scoppiò il caso Esperienze pastorali (libro pubblicato da Don Lorenzo Milani nel maggio 1958 e ritirato dal commercio con un decreto di carattere “prudenziale” nel dicembre del 1958, decreto dichiarato decaduto nel 2014 ndr.), io rimasi convinto della recensione negativa - stroncatura senza attenuanti - della Civiltà Cattolica e della Settimana del clero, in accordo con tutta la stampa cattolica d’Italia.
«In questo senso parlai con il cardinale patriarca Roncalli e gli lessi io stesso i testi dei due periodici. Su quella condanna anch’io mi acquietai, pure mostrando rispetto e simpatia per don Lorenzo. Su Civiltà Cattolica si giurava come “in verbo magistri”. Allora non lessi il volume. Mi bastarono le recensioni. E tuttavia intuivo che mi mancasse qualcosa; che non si potesse sbrigarsela a così poco prezzo.
«Quando don Milani mi scrisse in Vaticano (14 luglio 1960), mi decisi a leggere Esperienze. Alcune pagine mi toccarono nel profondo. E piansi. Ad esempio nella Lettera aperta a un predicatore. Da parte mia avevo la esultante esperienza di approccio con la gente in veste di predicatore domenicale a Radio Venezia. Ma i miei predicozzi erano fiorellini nel confronto coi carboni accesi di Milani!
«In archivio conservo solo due mie lettere a lui; altre sono andate perdute. Sono contento di aver scritto, se non altro con cuore fraterno e di non essermela cavata dirottando le missive di lui agli uffici della Segreteria di Stato. La lettera che lui mi indirizzò il 28 maggio 1962, dopo la peregrinazione a Roma coi suoi ragazzi, mi obbligò a riflettere. Toccò la sensibilità di Mons. Dell’Acqua della Segreteria di Stato. Commosse Papa Giovanni. Sul tono della lettera egli avrebbe preferito qualche sfumatura ma la sostanza lo turbò.
«Ho fatto poco per lui, all’infuori della sollecitudine di procurargli le medicine richieste alla Farmacia Vaticana. Vittima dell’ambiente non osai recarmi a Barbiana. Me ne dispiace tuttora. A distanza di anni si capisce meglio che, in ogni caso, bisogna sempre scevrare il grano dal loglio. Non tutto era perfetto in lui, ma tutto proveniva dalla sua granitica fede, dalla fiducia nella Chiesa. Dall’amore per tutti i poveri, annoverandovi i più derelitti, i “senza Padre celeste”.
«A chi ha insinuato cedimenti di lui al comunismo, basta suggerire la lettura della prima lettera della raccolta Mondadori (oggi in Lettere di don Lorenzo Milani. Priore di Barbiana, San Paolo, 2007 ndr.) : “A un giovane comunista di San Donato” (1950). Alcune sue esternazioni lasciavano impietriti, come le voci dei profeti i quali non conoscono sfumature di sorta. E’ Dio che detta a loro certe condanne? Sembra di dover rispondere affermativamente. Tuttavia non spetta a ciascuno di noi darne la sicura interpretazione. Quando don Milani in una lettera all’arcivescovo cardinale Florit accusa la curia fiorentina di “crudeltà puerili, sadiche, irreligiose, incoscienti”, rimaniamo col fiato sospeso, e ci rendiamo contro delle reazioni. Viene in mente l’asserzione di Bossuet: “La Chiesa si regge sulle due ali della dottrina e della disciplina”.
«Conchiudo questa nota, carica di rimpianto e di speranza, con la confessione di Georges Bernanos, altro polemista che non si tirava indietro quando c’erano di mezzo la fede, la redenzione, la dignità dell’uomo; e tirava fendenti impietosi, magari col rischio di incorrere, come minimo, in un monito dell’Autorità ecclesiastica: “Non vivrei cinque minuti fuori della Chiesa, e se ne fossi cacciato, vi tornerei subito a piedi nudi, in camicia, e al corda al collo qualunque fosse la condizione che vorreste farmi”. (Da Nous autres Francais, 1939, pagina 144) Lorenzo Milani era della stessa tempra!»
+Loris Francesco Capovilla
Arcivescovo di Mesembria
Sotto il Monte Giovanni XXIII
26 giugno 1997