In Africa “l’epidemia di coronavirus si evolve rapidamente” scrive in un Rapporto l’organizzazione Mondiale della Salute. Rispetto all’Europa il virus si sta diffondendo in ritardo, ma anche per l’Africa ormai sembra non esserci scampo.
Secondo i dati della Johns Hopkins University (dati del 19 marzo alle 11) il Paese africano con più contagi è l’Egitto (210 casi), seguito dal Sudafrica (116), Algeria (74), Marocco (54), Senegal (31) Tunisia (29), Burkina Faso (20), Camerun (13). Appare evidente l’estensione del contagio in tutto il Maghreb (l’Africa settentrionale), anche se mancano i dati della Libia, paese devastato dalla guerra.
Secondo i dati del 19 marzo, sono 33 i Paesi africani colpiti dal contagio, i casi accertati sono oltre 600, i morti 17. Le persone guarite sono 40. Dati ancora limitati, ma abbiamo visto nel resto del mondo come la pandemia corre veloce. L’etiope Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Salute, ha invitato i Parsi africani a “svegliarsi”. “Il miglior consiglio per l’Africa è quello di preparasi al peggio, e di farlo da oggi”, ha aggiunto.
I governi rispondono in ordine sparso. Tra i paesi più impegnati nel contenimento dell’epidemia c’è il Marocco. Da venerdì 19 marzo il governo ha dichiarato lo “stato di emergenza sanitaria”, intanto è stato stanziato un fondo speciale per l’emergenza del valore di 934 milioni di euro.
Diversi Paesi hanno chiuso le scuole, altri hanno vietato gli assembramenti, anche nei luoghi di preghiera. Il governo del Kenya ha invitato chi può a praticare il tele lavoro, mentre in alcune pari del paese sono stati chiusi i mercati.
I presidenti del Senegal e del Rwanada, Macky Sall e Paul Kagame, hanno partecipando alla campagna #SafeHands postando dei video in cui mostrano come lavarsi le mani. Altri leader africani, come il presidente sudafricano Cyril Ramaphosa e quello liberiano George Weah, hanno inviato i cittadini a praticare saluti alternativi alla stretta di mano.
Tuttavia, soprattutto nell’Africa subsahariana, larghe fasce della popolazione vivono in condizioni precarie, senza servizi di base, in contesti di grave povertà. Come lavarsi le mani in zone dove è difficile o impossibile l’accesso all’acqua? I conflitti armati e gli spostamenti interni di decine di migliaia di sfollati complicano enormemente un efficace contenimento dell’epidemia.