Cari amici lettori, in questo numero vi presentiamo una bella intervista a Vittorino Andreoli, psichiatra molto conosciuto che recentemente ha scritto un libro intitolato Il Gesù di tutti.
Andreoli, che dice di non avere il dono della fede, è però profondamente attratto dalla figura di Gesù, che fa parte della sua storia personale e familiare. Confesso che è affascinante sentire come un uomo di cultura, addentro al nostro tempo, sappia scavare in questa attrazione e vedere in Gesù un “esempio” di umanità realizzata, di cui ognuno di noi – scrive nel libro – è portatore, avendolo “dentro di sé” quasi come un archetipo da realizzare.
Certo, per un cristiano Gesù è anche altro e di più, ma trovo molto stimolante questo sguardo in qualche modo “esterno” ma ricco di verità anche per noi credenti, che a volte parliamo molto di Chiesa e poco di Gesù. Una cosa mi ha colpito del suo modo di vedere Gesù: «Io credo che lo stile di Gesù sia una traccia», scrive nel libro, «una sinopia [disegno preparatorio, ndr] comportamentale che è dentro di noi e che dunque corrisponda a un desiderato, a un voluto.
Alla voglia di trasformare una sinopia in pala d’altare, in un vissuto concreto, caratterizzato dall’amore, dalla vita tranquilla insieme, dal perdono, dal rispetto dell’altro e persino dalla comunità intesa come luogo della sicurezza».
Andreoli, insomma, scorge nell’uomo di Nazaret «una visione del mondo e uno stile di vita, l’esempio per vivere serenamente», in contrapposizione con l’idea darwiniana della vita come lotta per la sopravvivenza, con la cultura del nemico e così via. Una preziosa notazione, che ci rimanda al cuore dell’incarnazione che meditiamo in questo periodo: l’umanità di Gesù e il suo valore esemplare.
Nel libro, Andreoli sottolinea ancora un aspetto presentando la sua lettura di Gesù: tutti ci troviamo come davanti a un bivio, «tra due stili disegnati come possibili dentro di noi e che descrivono il bonum e il malum». Ispirandoci a Gesù (anziché a Darwin), «di fronte a un nemico, metto in campo la direttiva per trasformarlo in un convivente possibile, per farne un amico, giungendo persino ad amarlo come insegna il Cristo della storia».
Descrive così il “bivio” della scelta etica che deriva da chi guarda a Gesù come maestro di un’umanità nuova. Alla luce di questa riflessione possiamo rileggere tanti fatti della nostra attualità, anche spicciola. Come quello della ciclista investita da un’altra ciclista, che a malapena si ferma e, scocciata, indirizza pure improperi alla malcapitata per poi tirare dritto; mentre un’altra ciclista che, investita pure lei da un’altra ciclista, si trova invece davanti una persona sollecita e disponibile anche al risarcimento del danno della bicicletta. Lo stesso fatto, due scelte opposte.
Sono episodi che ci interrogano sui valori che ci abitano, su quale delle “due vie” è diventata il nostro “abito”. E allora impariamo anche da una persona che si definisce “non credente” ma che sa guardare a Gesù in modo fresco e stimolante.