«Milano è una città disperata: non ha una speranza che renda desiderabile il futuro. Come si può offrire ragioni per la speranza?».
È la domanda che l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, pone ai circa 50 consoli, rappresentanti di altrettanti Paesi del mondo, presenti all’incontro di venerdì pomeriggio nella splendida sala dell’Arciconfraternita del Museo Diocesano intitolato a Carlo Maria Martini.
È la prima volta che il Corpo consolare presente in città – una presenza che, per numero, è seconda solo a New York – incontra l’arcivescovo, come ha ricordato la decana del Corpo, il console generale dell’Uruguay, Veronica Crego Porley, che ha preso la parola all’inizio dell’incontro ricordando «la rilevanza di trovarsi insieme con la prima autorità religiosa della città».
L’incontro è anche l’occasione per tracciare un ritratto della città con l’arcivescovo Delpini che nel suo intervento, in inglese, chiede il punto di vista di chi osserva la città con uno sguardo che arriva da altrove e ricorda che «la presenza di consoli e consolati che rappresentano tanti paesi esprime la vocazione di Milano ad essere luogo di incontro, di cultura, di affari» e che la «la città è così ricca del contributo di tanti cittadini di molti paesi» ricordando che il «contributo dei consolati per far conoscere la cultura dei diversi paesi arricchisce tutta la città. Il contributo dei consolati per promuovere i rapporti commerciali tra tanti paesi è per molte aziende una condizione favorevole alla promozione del made in Italy. L’assistenza che i consolati assicurano ai cittadini dei loro paesi è un contributo importante per la sicurezza e la serenità della convivenza civile «mentre «il fenomeno delle migrazioni ha cambiato il volto di Milano e di alcuni quartieri di Milano in modo particolare».
L’obiettivo dell’incontro, spiega Delpini, è uno scambio e anche l’occasione per la conoscenza reciproca: «Io desidero condividere con voi alcune riflessioni sulla città. Sarebbe però molto utile che io possa ascoltare il vostro punto di vista sulla città. Il punto di vista di chi non è milanese, ma vive a Milano può rendere più profonda la interpretazione della città».
A partire dal suo messaggio “Sette lettere per Milano”, scritto all’indomani della conclusione della visita pastorale alla Città nel 2023 e consegnato personalmente ai Consoli, Delpini sottolinea che «la presenza della Chiesa cattolica in città è capillare, come si può costatare dal numero delle chiese per il culto cattolico e delle istituzioni per le attività delle parrocchie e delle comunità. Nella Visita sono stato impressionato dall’immenso impegno di molti per animare la vita culturale, per promuovere forme di solidarietà per aiutare persone fragili, disabili, minori italiani, minori stranieri, persone sole, famiglie in difficoltà, poveri».
Dal fenomeno dell’immigrazione il riferimento alla “Chiesa dalle genti”. «Tutti i cattolici del mondo, da qualsiasi Paese vengano, sono parte di un’unica Chiesa e contribuiscono a rendere bella e vivace le comunità. Questo sogno della “Chiesa dalle genti” incontra molte difficoltà, ma io penso che sia un percorso necessario». Nel suo intervento, l’arcivescovo ha tracciato alcune caratteristiche di Milano, accompagnandole a domande precise: «Milano», ha detto, «è la città dei flussi. Molte persone ogni giorno vengono in città per lavoro e lasciano la città per raggiungere la famiglia. Nasce la domanda: come si può formare una comunità? A quale gruppo umano sentono di appartenere coloro che vanno e vengono, passano in città molta parte del loro tempo, ma non abitano in città?».
Milano, ha continuato, «è la città di molte ricchezze, di molte persone ricche. Ma i poveri sono sempre più poveri. Come si può reagire alla tendenza alla crescita delle diseguaglianze economiche?». Milano, ha aggiunto, «è la città dell’audacia del pensiero: arte, storia, religione, scienza, tecnologia offrono strumenti per interpretare il passato e il presente e immaginare il futuro di Milano. Come possono le diverse discipline di studio e di ricerca convergere per una interpretazione condivisa della vocazione dell’umanità e una motivazione all’impegno per il bene comune?». E infine: «Milano è la città della solitudine. Molte persone vivono sole. Come è possibile creare rapporti che favoriscano la conoscenza e l’aiuto reciproco?».
Domande che sono state subito raccolte da alcuni consoli come quello del Malawi, del Qatar, della Finlandia, della Polonia e del Libano, che hanno dialogato con l’arcivescovo. Quando la decana ha chiesto quale sia la priorità su cui agire, Delpini ha risposto l'emergenza casa la cui risposta è indispensabile per poter dare «una visione del futuro, una speranza alle persone».
Infine, un accenno alla situazione internazionale, in particolare alla situazione della popolazione di Gaza, sulla quale il console del Libano aveva espresso la sua preoccupazione. «Mi pare che ciascuno dei due popoli in guerra pensa di distruggere l’altro, e occorre quindi, in questa situazione così difficile, una convergenza internazionale. Il Libano può essere attore di questo processo».
Sabato 7 giugno in Duomo monsignor Delpini ha ordinato undici nuovi sacerdoti ambrosiani nel giorno esatto in cui festeggia i 50 anni di sacerdozio. Per l’occasione è arrivato anche il messaggio di auguri da parte di papa Leone XIV: «Con fraterna carità e per dovere di gratitudine», scrive il Pontefice, «ci congratuliamo con il venerabile fratello Mario Enrico Delpini, Arcivescovo Metropolita di Milano, in occasione del suo giubileo per i cinquant'anni di ordinazione presbiterale, per la fedele missione pastorale a lui affidata nell'illustre e antichissima diocesi di Milano e per aver dato prova di grande zelo nel testimoniare fattivamente il Vangelo con fermezza e dolcezza; infatti con un ministero costante e sapiente egli si è speso totalmente per Cristo e per il bene della Chiesa, prendendosi cura con carità del popolo di Dio, nutrendolo con la parola e gli scritti, sostenendolo con i sacramenti, seguendo gli esempi dei santi Padri».
«In questa occasione in cui, arricchito dai frutti maturi del proprio lavoro apostolico, è circondato dall'affetto e dalla stima del clero e dei fedeli dell'insigne Chiesa Ambrosiana», prosegue ancora il messaggio, «a lui desideriamo esprimere sentimenti di gratitudine e vivissimi auguri di grazie spirituali e per l'intercessione della Beata Vergine Maria e di sant'Ambrogio con grande gioia concediamo la Nostra Apostolica Benedizione».