Questa è la storia di un incredibile incontro tra due persone, tra due mondi diversi e due condizioni diverse di esistenza. L’incontro tra due giovani, Bentolo Dorè, camerunese sopravvissuto ai lager libici dove aveva, coraggiosamente, cercato di salvare la vita di un amico; l’altro, è un sacerdote, don Mattia Ferrari, cappellano della Ong Mediterranea Saving Human’s. In comune hanno qualcos’altro oltre la giovane età: entrambi hanno provato nel cuore quello che papa Francesco esorta di cercare ogni giorno: l’amore viscerale di Dio.

Lo sfondo di questa incredibile storia è quello del piazzale Michelangelo, con la sua vista maestosa su Firenze. I due si sono incontrati lì, entrambi testimoni di una delle più orrende pagine della storia del nostro tempo: i lager libici dove migliaia di persone subiscono ogni forma di tortura, dalle percosse alla violenza sessuale, oltre che la privazione di cibo e acqua. Il salvataggio in mare, altro non è che la pratica di questo amore, ancor prima di essere un dovere istituzionale e un obbligo morale. «È la nostra missione che ogni giorno tante ong cercano disperatamente di mettere in pratica per corrispondere a questo amore che ogni cristiano, ogni essere umano, dovrebbe vivere nel concreto della propria vita», spiega don Mattia.

Bentolo aveva lasciato il suo Paese di origine, il Camerun, a causa della guerra civile iniziata nel 2017  tra le forze armate e i gruppi indipendentisti dell’Ovest del Camerun e aveva percorso un lungo viaggio prima di sbarcare a Lampedusa nel 2022, ma soprattutto, aveva conosciuto sulla propria pelle la ferocia con la quale i profughi vengono trattati nei lager libici. Nel marzo del 2022, si era fatto carico di Sami, anch’egli profugo, che si trovava ormai in fin di vita dopo essere stato rinchiuso e torturato per 7 lunghi mesi nel lager di Rocco Fano, in Libia. Sami era stato consegnato a questi carcerieri, dopo essere scappato dalla Libia e catturato in mare dalla guardia costiera libica, la stessa guardia costiera finanziata dall’Italia con gli accordi con la Libia per tenere i profughi fuori dai nostri confini, non importa a quello prezzo.

Il contatto tra Bentolo e don Mattia era avvenuto a marzo dello scorso anno. Il giovane era riuscito a mettersi in contatto con il sacerdote sui social, per chiedergli di dare la benedizione a Sami, poco prima che quest’ultimo morisse. La compassione di Bentolo lo aveva condotto a don Mattia ma poi anche il giovane africano era stato rinchiuso nel carcere di Zawia. Grazie a  Bentolo e a don Mattia, papa Francesco aveva potuto vedere l’immagine di Sami, conoscere la sua storia e l’enorme sofferenza delle torture che aveva subito e che hanno determinato la sua morte.



Come in un mosaico, è la vita (e l’amore) a riunificare i pezzi di questa incredibile storia, perché Bentolo, alla fine, era riuscito a scappare dalla Libia, a bordo di un gommone sovraccarico di persone ed era stato salvato dall’imbarcazione della Ong Sea Watch 4, quando tutto sembrava ormai perso.

«Avevo cercato di sfuggire alle violenze nel mio Paese e sono finito nell’inferno che è la Libia dove venivano commesse tutte le atrocità», racconta il giovane camerunese e continua «il gommone si stava sgonfiando  e pensavo a Sami, che almeno aveva avuto una benedizione prima che morisse».

La notizia arriva anche alla Ong Sea Watch, dalla quale risponde la portavoce Giorgia Linardi,  «questa storia spiega esattamente quale sia il valore del soccorso civile in mare e stride ancora di più con le disposizioni di questo governo e dei vari governi che si sono susseguiti da quando è stato siglato l’accordo con la Libia, che hanno ostacolato il salvataggio delle persone in mare da parte delle Ong. L’ultimo decreto (Piantedosi) convertito in legge a febbraio scorso pone ulteriori ostacoli al soccorso in mare, impedendo di fare soccorsi multipli, obbligando le navi delle ong ad sbarcare in porti lontanissimi, e quindi, andando a impattare su quelle che sono le risorse delle ong e a ridurre il tempo che possiamo trascorrere in mare per soccorrere le persone che ne hanno bisogno, oltre che allungare l'agonia delle persone soccorse che devono trascorrere molti più giorni a bordo, persone che spesso sono già gravemente provate dalle torture subite in Libia. Se disubbidiamo a queste disposizioni, provando ad attraccare in un porto vicino, sono previste delle detenzioni amministrative e delle multe sinché, in caso recidivo, alla terza contravvenzione di quest’ordine, è prevista la confisca della nave. Questa è l’attuale situazione in cui ci muoviamo a fronte di sempre più persone che stanno morendo in mare. Siamo alla metà del 2023 e abbiamo già superato il numero di persone annegate durante lo scorso anno e si potrebbe trattare dell’anno più letale dal 2017, secondo i dati forniti dall’Organizzazione Internazionale per le Migrazione OIM», denuncia Giorgia Linardi, che conclude: «sapere che Bentolo è vivo e sta bene ci fa molta gioia. La missione delle Ong è quella di avere una mano tesa, pronta ad afferrare quella di chi sta annegando. Abbiamo tutti bisogno di umanità e quel che oggi sta accadendo ad altri, potrebbe accadere pure a chiunque di noi».