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«Spettabile Redazione, buongiorno scusate per il disturbo.
Mi permetto di scriverVi con profondo rispetto per il tempo che mi vorrete dedicare.
Ho 46 anni, sono una docente di scuola secondaria di primo grado a Piacenza, di origini siciliane e sono orfana a causa di un femminicidio.
In questi anni ho compreso quanto sia difficile spiegare un dolore così profondo, intimo e personale. Spesso, chi ascolta storie come la mia dice: "Posso immaginare"; ma la verità è che nessuno può davvero immaginare un dolore simile, se non lo ha vissuto.
Mi permetto di sottolineare la totale assenza, nel nostro Paese, di un registro nazionale degli orfani di femminicidio. Ancora oggi si insiste quasi esclusivamente su percorsi formativi rivolti alle donne per imparare a difendersi, mentre manca un’azione educativa strutturata sull’emotività maschile, (ma sono solo le associazioni private a ottemperare a questa mancanza), che è fondamentale per prevenire la violenza.
Chi, come me, ha perso un genitore in questo modo, vive un percorso carico di dolore, spesso aggravato da difficoltà economiche e sociali. Ho avuto la fortuna di essere adottata, ma tanti altri non hanno avuto lo stesso sostegno.
Da questa esperienza di vita è nato il desiderio di trasformare il dolore in impegno civile. Ho pubblicato un libro, (la prima edizione, nel 2013, fu pubblicata durante la mia frequentazione del corso "Donne, Politica e Istituzioni", presso la Facoltà di Scienze politiche dell'Università degli Studi di Messina), "Due vite in una. Storia di una rinascita" (edizionipontegobbo). Da quella pubblicazione sono scaturiti incontri nelle scuole, nelle università, nei sindacati e partecipazioni televisive, tra cui Storie Italiane, Porta a Porta e i Fatti Vostri.
Il 5 dicembre 2024, su RaiDue, è andato in onda in prima serata il docufilm "Delitti in famiglia. Davanti ai miei occhi", in cui, insieme ad altri due orfani di femminicidio, raccontavo la mia storia.
Il V Quartiere di Messina ha votato all’unanimità per intitolare uno spazio pubblico a mia madre: un luogo che ospiterà progetti sociali, segno concreto di memoria e rinascita.
Da anni combatto contro l’indifferenza. Con forza chiedo che venga istituito un albo nazionale degli orfani di femminicidio, affinché questi figli – minorenni e maggiorenni – possano ricevere un aiuto concreto. Attualmente, nei concorsi pubblici, siamo assenti anche tra le categorie protette e non siamo riconosciuti come vittime dello Stato (come gli orfani di mafia e di guerra). Chiedendo, infine, che a fronte di un ammonimento per violenza o stalking, venga attivato, previa verifica, un percorso emotivo obbligatorio per l’uomo, come misura preventiva e rieducativa. Tutto questo perché possa essere attenzionato da parte dello Stato.
La mia è una storia di rinascita, resa possibile grazie ai miracoli che solo l'amore è capace di generare. Perché l'amore salva. Mio padre adottivo mi ha insegnato due cose fondamentali per la mia crescita di donna: umiltà del mio dolore (e questo l'ho capito grazie al volontariato) e a non odiare l'uomo che mi ha tolto il bene più prezioso, la mia mamma. Sia perché non l'avrei riavuta indietro e sia perché nel mio cuore, l'odio, non debba farne parte.
Perché desidero raccontare la mia storia? La mia risposta l'ho avuta leggendo un post del Maestro Ferzan Ozpetek: "Quando trovi il coraggio di raccontarla, la tua storia, tutto cambia. Perché nel momento stesso in cui la vita si fa racconto, il buio si fa luce e la luce ti indica la strada".
Giovanna Cardile






