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domenica 09 febbraio 2025
 
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Cattolica, via all'anno accademico. La rettrice annuncia il Piano Africa e un Patto educativo sull'AI

17/01/2025  A Milano la cerimonia d'inaugurazione dell'Ateneo nella sede di largo Gemelli con il Premio Nobel per la Pace Leymah Gbowee, l’economista Ernest Aryeetey dell’African Research Universities Alliance e la ministra Bernini. La rettrice Elena Beccalli: «Il Piano si basa sulla capacità di aiutare un paese attraverso piani educativi incisivi e rispettosi. L’educazione, infatti, è lo strumento che più, e meglio, di altri consente di lavorare con i paesi africani piuttosto che per i paesi africani». E sull’IA: «l’educazione può trarre benefici dalle nuove tecnologie quando queste fungono da mediatori, senza che esse diventino un fine in sé»

Il Premio Nobel per la Pace del 2011 Leymah Gbowee che con il suo movimento femminile ha dato un impulso determinante alla fine della seconda guerra civile in Liberia, e l’economista dell’Università del Ghana Ernest Aryeetey, già Segretario generale dell’African Research Universities Alliance sono i due ospiti d’onore. Il “Piano Africa” al centro delle attività dell’Ateneo per portare il (dimenticato) continente africano al cuore dei progetti educativi, di ricerca e di missione.

È l’Africa il tema al centro dell’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, il primo per la rettrice Elena Beccalli, eletta lo scorso maggio, che all’inizio del suo discorso ricorda il predecessore Franco Anelli il quale «per oltre un decennio», sottolinea, «ha operato in modo da consolidare il prestigio dell’Ateneo e rafforzarne la proiezione interna e internazionale».

Ad ascoltarla in prima fila nell’Aula Magna della sede di largo Gemelli ci sono il ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca Annamaria Bernini e il cardinale Peter Turkson, presidente della Pontificia Accademia delle scienze. Presenti anche Mario Monti e Letizia Moratti. Sul palco, l’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, presidente dell’Istituto Toniolo, l’ente fondatore della Cattolica, che prima della cerimonia in Aula Magna ha celebrato la Messa nella Basilica di Sant’Ambrogio per tutta la comunità universitaria. Nell’omelia, prendendo spunto dal brano evangelico letto poco prima, la chiamata dell’apostolo Matteo, ha posto l’attenzione sui rischi - presenti anche nel mondo cattolico - di una “cultura seduta”, che «visita la sua storia come si trattasse di un museo, senza lasciarsi contagiare dal fremito, dall’ardore, dalla temerarietà dei percorsi. Una cultura seduta, cioè incline a evitare le domande inquietanti, esitante e imbarazzata nel professare la propria originalità, timida nel proporsi, così rispettosa dei luoghi comuni e del politicamente corretto da essere irrilevante».

Dopo il tradizionale corteo del Senato accademico, la prima a prendere la parola in Aula Magna è la rettrice Elena Beccalli: «Nell’anno accademico 2024/25, gli iscritti sono 45.441, di cui 13.596 nuovi immatricolati nei corsi di laurea, segnando una crescita sulle magistrali», afferma, «è sempre notevole e convinto il sostegno dell’Ateneo al diritto allo studio per rendere accessibili a tutti percorsi di qualità: solo nel 2022/23, l’investimento destinato ad agevolazioni economiche e borse di studio è stato di 22,3 milioni di euro».

Beccalli si sofferma poi sulla missione dell’Ateneo nei prossimi anni: «L’Università Cattolica del Sacro Cuore deve essere la migliore università per il mondo, non semplicemente la migliore università del mondo. In altre parole, un’Università a servizio del mondo. Il sapersi continuamente interrogare sulle questioni radicali richiede la capacità di formulare domande di senso che guardino al futuro – senza limitarsi a dare risposte ai temi di ieri – e quella di confrontarsi con i paradigmi dominanti per proporre una visione nuova».

Una missione che deve compiersi ispirandosi a tre linee di pensiero e azione che la rettrice riassume così: «Servire il sapere con uno sguardo lungo e integrale per elaborare nuovi paradigmi, far dialogare le discipline per evitare di cadere nella parcellizzazione, educare donne e uomini di valore per insegnare a riconoscere la verità».

La rettrice cita il fondatore, padre Agostino Gemelli, per definire l’identità profonda dell’Ateneo, che è quella di essere, spiega, una «research university, chiamata a proporre adeguati modelli di studio e ricerca secondo le specificità di ogni disciplina, con uno spirito che è, nello stesso tempo, libero e orientato alla ricerca della verità. È così», prosegue, «che l’università può offrire un contributo di pensiero alle questioni di fondo di ogni epoca, anche attraverso azioni sinergiche rese possibili da una rete di alleanze strategiche con enti e istituzioni. Proprio nella prospettiva di alleanze strategiche, accogliamo – ed estendiamo ad altri atenei – l’appello formulato da papa Francesco nel recente Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace a delineare “nuove architetture”, a partire da quella finanziaria, per promuovere cambiamenti culturali e strutturali».

La rettrice ricorda poi i dati, allarmanti, sull’emergenza educativa e le disuguaglianze nell’accesso all’istruzione e si sofferma sulla questione dell’intelligenza artificiale, «la cui natura ambivalente», sottolinea, «è stata riconosciuta persino da Geoffrey Hinton, premio Nobel per la fisica per le sue scoperte sulle reti neurali artificiali. Un’ambivalenza che va affrontata a partire dalla questione antropologica, vista in relazione al cosiddetto paradigma tecnocratico. Quest’ultimo induce a ritenere la realtà, il bene e la verità come esiti spontanei della tecnologia tanto da portare alla negazione stessa dell’umano. Non sono pochi i rischi che ne derivano. Innanzitutto, la capacità d’azione dei dispositivi artificiali che talvolta induce a una vera e propria servitù volontaria, forse inconsapevole, da parte degli utenti. In secondo luogo, l’impatto delle macchine sul modo in cui pensiamo e prendiamo decisioni, tale da determinare un nuovo sistema cognitivo, che si aggiunge a quelli analitico e intuitivo. Infine, il delicato aspetto dell’autonomia degli algoritmi, che introduce il tema dell’attribuzione di responsabilità per le loro scelte».

Proprio partendo dall’urgenza di questo tema Beccalli propone un Patto educativo per le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale, che descrive come «una visione d’insieme e alleanze strategiche il cui presupposto è che l’educazione può trarre benefici dalle nuove tecnologie quando queste fungono da mediatori, senza che esse diventino un fine in sé».

Nell’ultima parte del suo discorso, la rettrice si sofferma sul Piano Africa, che sarà al centro anche dei Dies Academici delle altre sedi dell’Università in programma nelle prossime settimane (a Roma il 6 febbraio, a Brescia il 4 marzo e a Piacenza il 13 marzo): «Il Piano è una struttura d’azione, in coerenza con quell’indirizzo di apertura dell’Ateneo, che mira a porre il continente africano al cuore delle progettualità educative, di ricerca e di terza missione. Secondo uno spirito di reciprocità, l’Ateneo intende ampliare i percorsi per la formazione di giovani africani in loco o nel nostro paese, diventare polo educativo per i giovani africani di seconda generazione che vivono in Europa, spesso ai margini, pur rappresentando una parte rilevante del nostro futuro, nonché rendere sempre più sistematiche le esperienze curriculari di volontariato per i nostri studenti. L’aspirazione è diventare l’Università europea con la più rilevante presenza in Africa, attraverso partnership con atenei e istituzioni locali, nell’ottica di un arricchimento vicendevole, per la formazione integrale delle persone e la promozione della fratellanza e, non da ultimo, della pacifica convivenza sociale».

La rettrice dell'Università Cattolica, Elena Beccalli, durante il discorso alla cerimonia d'inaugurazione dell'Anno accademico 2024-25 (Ansa)

La prospettiva di questo Piano, precisa Beccalli, «si basa sull’education power, cioè sulla capacità di aiutare un paese attraverso piani educativi incisivi e rispettosi. L’educazione, infatti, è lo strumento che più, e meglio, di altri consente di lavorare con i paesi africani piuttosto che per i paesi africani, passando da un approccio top-down a uno bottom-up in cui anch’essi partecipino a definire i problemi e a proporre soluzioni. Da questo punto di vista, il binomio tra educazione e crescita, accompagnato dalla solidarietà, è la chiave per lo sviluppo integrale e solidale, anche del Global South. Una prospettiva della quale ben si comprende la rilevanza oggi, nella fase di elaborazione e attuazione del Piano Mattei per l’Africa, con il quale auspichiamo di creare feconde connessioni».

Il Piano Africa della Cattolica, conclude Beccalli, «intende continuare nel solco di questa tradizione consolidando studi e progetti educativi – abbiamo infatti già 123 progetti attivi con 40 paesi africani – frutto di una collaborazione continua e proficua, di accordi e di alleanze con università, istituzioni, imprese e comunità locali. Un esempio virtuoso è indubbiamente il progetto dell’Ateneo con la Fondazione E4Impact, che ha formato nel tempo più di 1.700 imprenditori con programmi di MBA in 20 paesi africani con atenei locali. L’impegno che ci assumiamo è proseguire e potenziare le iniziative con l’Africa in stretta sinergia con le realtà che già vi operano, da quelle cattoliche a quelle internazionalmente riconosciute come UNESCO e FAO».

Dopo la rettrice, l’intervento dell’arcivescovo di Milano e presidente dell’Istituto Toniolo, Mario Delpini, che nel suo saluto ha ribadito qual è la missione dell’Ateneo dei cattolici italiani pronunciando un’invettiva contro la banalità che, sottolinea Delpini, «è l’esito di un sapere che si riduce a raccolta di una attrezzatura», mentre «l’Università Cattolica contrasta la banalità, la riduzione del sapere ad attrezzatura perché propone di intendere il sapere come un fattore della sapienza, che contempla, interpreta, utilizza e criticamente ripensa l’utilizzo e non rinuncia a sognare. La banalità», continua, «è l’esito di quel modo di studiare il passato che riduce la memoria a erudizione, l’accumulo noioso di enormi giacimenti di pezzi di antiquariato e l’Università Cattolica contrasta la banalità perché propone lo studio del passato come una forma di esperienza spirituale di fraternità tra le generazioni, come una forma di riconoscenza e gratitudine, come una memoria che impedisce di appiattirsi sul presente e di ignorarne le radici». L’Università Cattolica, ribadisce Delpini, «contrasta la banalità perché si propone come università, cioè come luogo di incontro dei saperi e come contesto propizio per la ricerca della verità, cioè non solo della specializzazione sul particolare, ma anche sulla domanda del senso della specializzazione e del particolare».

Nel corso del suo intervento Leymah Gbowee ha raccontato la sua esperienza in Liberia dove con il suo movimento femminile si è battuta per la fine della guerra e l’accesso all’istruzione delle ragazze. Poi, a margine della cerimonia, riconosce che il Piano Africa «è una grandissima iniziativa. Incoraggio anche a vedere questo partenariato come una situazione di rispetto reciproco, entrambe le parti del mondo hanno delle competenze che vanno apprezzate. Quindi un impegno in uno spirito di umanità collettiva, e con questo intendo che ogni persona ha un proprio talento e dei propri doni e occorre far leva su questo talento individuale - ha aggiunto -. Al nucleo di tutto questo deve esserci il rispetto della dignità umana».

La Premio Nobel ha evidenziato non sono più i giorni «in cui si considerava l'Africa come un continente dove semplicemente si è esportavano competenze ed esperienze». «Io ho vissuto in Africa anche tutto il periodo della mia formazione dunque non ho studiato all'estero. Posso garantire che c'è tanta competenza e conoscenza in Africa tanto quanto nel resto del mondo - ha concluso -, l'università certamente trarrà un vantaggio da questo scambio di conoscenze e dall'Africa e con l'Africa». Gbowee ha anche commentato l'intesa sulla tregua tra il governo di Israele e Hamas per la tregua a Gaza: «Bisogna nutrire speranza che questo accordo possa durare nel tempo. Sono felice che finalmente sia stato raggiunto un accordo perché i palestinesi ne avevano maledettamente bisogno - ha aggiunto -. Faccio parte dell'organizzazione di donne che hanno avuto il premio Nobel e siamo state le prime a definire quanto sta succedendo a Gaza come un genocidio. Si è fatto un passo in avanti e spero che questo - ha concluso - porti anche ad una situazione che consenta ai palestinesi di ricostruire la propria vita».

Dopo l'intervento di Gbowee, il professore Aryeetey si è soffermato sul problema della disoccupazione giovanile nel continente africano, frutto del mancato accesso all’istruzione e delle disparità educative tra uomini e donne.

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