La Madonna con il Bambino, nota ai più come Madonna del Parto di Jacopo Sansovino torna al suo splendore grazie al biorestauro, una tecnica che utilizza dei batteri che "mangiano" lo sporco senza intaccare il marmo della scultura.

L'opera, che si trova nella Basilica di Sant'Agostino in Campo Marzio a Roma, è stata restaurata dalla Soprintendenza speciale di Roma grazie al finanziamento di Intesa Sanpaolo. La Madonna del Parto conserva ancora oggi un potente carattere devozionale per il suo legame con la maternità, ma il troppo amore dei fedeli ne aveva accelerato il degrado per cui si rendeva necessario l'intervento di restauro: cere, fumi, oli, graffi e abrasioni ne avevano fortemente compromesso il marmo rovinandolo e macchiandolo.

«Un'opera d'arte molto cara alle cittadine perché è visitata da centinaia di mamme e partorienti che non riescono ad avere bambini - afferma la soprintendente speciale Daniela Porro - È stata restaurata grazie ad una tecnica innovativa messa appunto dal laboratorio Oem dell'Enea».

«Nel corso dell'Ottocento c'è stato un exploit del culto mariano dovuto a papa Pio VII Chiaramonti che ne istituì il culto con la concessione dell'indulgenza alle donne e agli uomini che avessero baciato il piede della statua recitando l'Ave Maria - spiega Ilaria Sgarbozza, direttrice dei lavori della Soprintendenza - Nella prima metà del Novecento il piede sinistro consumato dall'uso è stato sostituito con uno in lamina d'argento». Non solo, la statua è stata rovinata anche dall'accensione a tutte le ore del giorno e della notte di candele, lumi e lampade.

«Negli anni Cinquanta Madonna e bambino furono incoronati con delle corone metalliche che si aggiungono agli altri oggetti che li circondavano - racconta Sgarbozza - Nel 1984 l'opera era completamente ricoperta dallo sporco e si sono prese le prime misure protettive», come contenere il numero di lumi accesi o mettere un bussolotto ai piedi della statua per raccogliere le offerte.

Capolavoro rinascimentale di Jacopo Sansovino, commissionata intorno al 1520 dalla famiglia Martelli e nei secoli, soprattutto a partire dall’Ottocento, divenuta oggetto devozionale per donne, mamme e giovani in cerca di un figlio, si mostra oggi in tutta la sua bellezza dopo il restauro promosso dalla Soprintendenza Speciale di Roma, in collaborazione con Intesa Sanpaolo nell'ambito del programma Restituzioni Monumentali.

«È una scultura bellissima, sulla quel si sentono le influenze di Raffello e Michelangelo e custodita in una chiesa che è essa stessa un libro d'arte, con opere che vanno dal '400 all'800» racconta la Soprintendente Daniela Porro, «Sansovino guardava in paricolare alla statuaria antica e si era ispirato a un Apollo citaredo».

Le pratiche devozionali, dalle decine di candele e lumini posti intorno a lei, l'uso di toccarla spalmando olii profumati e vestirla di monili e corone, oltre al tempo e alle polveri, avevano però fortemente oscurato e segnato il suo marmo di Carrara. L'intervento di restauro, condotto dalla restauratrice Anna Borzomati, è durato sei mesi e ha visto l'impiego anche di una metodologia non tradizionale e all'avanguardia, come l'utilizzo di particolari batteri. Coltivati al Laboratorio Oem dell'Enea, sono stati resi affamati proprio delle sostanze che ricoprivano l'opera, così da eliminarle senza danneggiarla e senza l'uso di solventi chimici, nel pieno rispetto di ambiente e fruitori.