Contribuisci a mantenere questo sito gratuito

Riusciamo a fornire informazione gratuita grazie alla pubblicità erogata dai nostri partner.
Accettando i consensi richiesti permetti ad i nostri partner di creare un'esperienza personalizzata ed offrirti un miglior servizio.
Avrai comunque la possibilità di revocare il consenso in qualunque momento.

Selezionando 'Accetta tutto', vedrai più spesso annunci su argomenti che ti interessano.
Selezionando 'Accetta solo cookie necessari', vedrai annunci generici non necessariamente attinenti ai tuoi interessi.

logo san paolo
venerdì 04 ottobre 2024
 
primopiano
 

La politica non deve dimenticare chi è più fragile e in difficoltà

16/08/2023  Reddito di cittadinanza, salario minimo, Pnrr: le scelte del Governo penalizzano poveri e periferie (di Mauro Magatti)

Quando si è all’opposizione è sempre facile accusare il Governo di non fare quello che si deve per risolvere i problemi. È una dinamica normale della democrazia. Accade oggi con il PD e con i Cinque stelle. Accadeva ieri con Fratelli d’Italia, l’unico partito all’apposizione e non a caso il più votato alle ultime elezioni. Adesso che governa, anche Giorgia Meloni fa i conti con la complessità delle nostre società. Scopre quello che ogni governante impara. La coperta è sempre corta, far quadrare i conti e soddisfare tutti è un’impresa impossibile. Col rischio che, al di là delle dichiarazioni di principio, si ritorni sempre allo stesso punto: quando si deve tagliare, si comincia dai più poveri. Che il reddito di cittadinanza necessitasse di essere aggiustato per raggiungere meglio gli obiettivi dichiarati erano in molti a sostenerlo. Il taglio, però, è stato così duro e repentino da provocare scompensi sociali e territoriali che rischiano di aggravare la sofferenza sociale già diffusa nel Paese. Sul salario minimo, il governo tende a fare melina. Si può certamente discutere sullo strumento. A condizione che si metta finalmente e chiaramente a tema il vero problema: e cioè l’abnorme diffusione del lavoro povero. Cioè di quella situazione in cui, pur lavorando, si permane in una condizione di indigenza. Infine, la lunga trattativa per rinegoziare i fondi del Pnrr. È davvero triste apprendere che, alla fine, a essere tagliato sia stato oltre un miliardo di mezzo di euro per gli interventi di riqualificazione delle periferie. Punto delicatissimo del tessuto sociale di tutte le grandi città del nostro Paese. Qual è la logica per cui questo intervento non è stato più considerato una priorità? Negli ultimi due anni l’Italia ha fatto registrare un forte rimbalzo del Pil. Ma, come spesso accade, i benefici non si sono equamente distribuiti. Così oggi l’Italia è un Paese ancora più squilibrato. Territorialmente, laddove la distanza tra Nord e Sud è ancora più grande di qualche anno fa; e socialmente, perché la distanza tra la fascia relativamente piccola di benestanti e il numero di poveri (5,6 milioni in povertà assoluta, poco meno del 10% della popolazione) è in continuo aumento. A conferma del fatto che la crescita da sola non basta. La direzione che si sta prendendo non è quella giusta. Servono politiche efficaci per riassorbire gli squilibri che continuamente si vengono a creare tra le diverse componenti del Paese. Non serve una spesa assistenzialistica. Ma un investimento adeguato e di lungo periodo sulle persone e nei territori. A partire da chi è più fragile. Perché, come recita un proverbio africano: da soli si va più in fretta, insieme si va più lontano.

(Immagina in alto: un momento del corteo di protesta per il lavoro e contro i tagli al reddito di cittadinanza, Napoli, 9 agosto 2023. Foto ANSA/CESARE ABBATE)

 
 
Pubblicità
Edicola San Paolo