L'Evangelii gaudium, il giorno dopo. Si moltiplicano i commenti. «L'esortazione apostolica», osserva don Vinicio Albanesi, presidente della Comunità Capodarco, «un testo particolare per lo stile, il linguaggio e i contenuti:
un primo spaccato del pensiero del papa sul tema centrale della Chiesa
missionaria. L’esortazione di Papa Francesco è indubbiamente una novità:
benefica, incoraggiante, vicina a chi ascolta, senza giri di parole o
atteggiamenti melensi. Una boccata di ossigeno per i nostri scarsi
entusiasmi».
«La prima novità», precisa don Albanesi, «riguarda lo stile: papa Francesco scrive in prima persona. Nel
testo non è raro incontrare passaggi nei quali parla in prima persona.
Alcuni esempi: “Non è compito del Papa offrire un’analisi dettagliata e
completa sulla realtà contemporanee, ma esorto tutte le comunità ad
avere una sempre vigile capacità di studiare i segni dei tempi” (n. 51).
Oppure: “In questo quadro, e in base alla dottrina della Costituzione
dogmatica Lumen gentium, ho deciso, tra gli altri temi, di soffermarmi
ampiamente nelle seguenti questioni […]”. (n. 17). Ancora: “Mi
soffermerò particolarmente, e persino con una certa meticolosità,
sull’omelia e la sua preparazione” (n. 135).
Modi che indicano una
riflessione propria, senza tralasciare i lavori del Sinodo. Non usa mai il noi, plurale maiestatico. Il linguaggio anonimo e curiale di altri scritti pontifici è decisamente lontano. Papa Francesco, con questo stile, ricorda Paolo VI, facendo emergere chiaramente che le sue parole sono riflessioni personali».
«Una seconda novità», prosegue don Vinicio, «riguarda le espressioni che usa: di immediata comprensione, quasi un linguaggio popolare. Nella
parte dove esamina l’omelia, spiegherà come la predicazione deve essere
adatta a chi l’ascolta, interpretando sentimenti e affinità. Alcuni
esempi: “la Chiesa in uscita”, per indicare la voglia di evangelizzare;
“‘primerear’, prendere l’iniziativa: vogliate scusarmi per questo
neologismo” (n. 24); “nomadi senza radici”, per indicare movimenti
cattolici staccati dalla pastorale del territorio (n. 29); “il denaro
deve servire, non governare” (n. 58); “nella cultura dominante, il primo
posto è occupato da ciò che è esteriore, immediato, visibile, veloce,
superficiale, provvisorio” (n. 62); “sono moltissimi i ‘non cittadini’,
‘i cittadini a metà’ o gli ‘avanzi urbani’ (n. 74); “si sviluppa la
psicologia della tomba, che poco a poco trasforma i cristiani in mummie
da museo” , a proposito del grigio pragmatismo della Chiesa (n. 83). Si
potrebbe continuare a lungo, concludendo che la parola è usata per essere di immediata comprensione».
«Una delle parole chiave e ricorrenti nel documento è l'audacia, cui
il Papa esorta i cattolici, da cui è pervaso il documento e di cui
Francesco in prima persona è testimone esemplare». È in quest'ottica che va letta l'esortazione apostolica Evangelii gaudium» secondo monsignor Mauro Cozzoli, ordinario di Teologia morale alla Pontificia Università Lateranense.
Per Cozzoli si tratta di un testo «coerente, in cui tutto si tiene»,
caratterizzato da alcuni «assi portanti». «Una Chiesa - spiega
innanzitutto - eminentemente collegiale e sinodale a tutti i livelli e
gradi del suo essere ed operare. In ordine a cui il Papa chiede una
"conversione pastorale. A cominciare dal livello più alto, cioè da se
stesso. Con molta audacia il Papa si mette in gioco: "Dal momento - egli
dice - che sono chiamato a vivere quanto chiedo agli altri, devo anche
pensare a una conversione del papato". E con il papato il Papa mette in
gioco le strutture centrali della Chiesa. Per questa svolta sinodale,
collegiale, è necessaria - prosegue Cozzoli citando il Papa - "una
salutare decentralizzazione" poiché "'un'eccessiva centralizzazione
anziché aiutare, complica la vita della Chiesa e la sua dinamica
missionaria"».
Il teologo spiega poi che «questa conversione in senso sinodale e
partecipativo non è un'operazione di vertice ma coinvolge tutto il
popolo di Dio. Di qui l'accorato appello a far crescere la
responsabilità dei laici, che "un eccessivo clericalismo", denuncia il
Papa, tiene "'al margine delle decisioni" nella Chiesa». Cozzoli
sottolinea inoltre l'«appello ad allargare gli spazi per una presenza
femminile più non come operazione di moda e di facciata, ma incisiva e
reale».
Altro «asse» è quello di «una Chiesa non più eurocentrica ma
policentrica», capace di riconoscere, dare autonomia e attingere ad
altre aree del mondo in cui la Chiesa s'è inculturata, come l'Africa,
l'America Latina, da cui proviene Papa Bergoglio. E ancora, del
testo di papa Francesco, Cozzoli evidenzia «l'intima connessione tra
evangelizzazione e promozione umana per cui la Chiesa "non può né deve
rimanere al margine della lotta per la giustizia". Questo diritto-dovere
della Chiesa di far sentire la sua voce in campo sociale induce il Papa
a denunciare l'ingiustizia dell'attuale sistema economico, parla
proprio di sistema 'ingiusto alla radice"».
Il Papa dice «no a un'economia dell'esclusione e dell'iniquità». Così, osserva infine il teologo, «l'annuncio
del Vangelo nel sociale induce il Papa a farsi voce dei diritti senza
voce» includendo «i senza tetto, i tossicodipendenti, i rifugiati, i
popoli indigeni, gli anziani sempre più soli e abbandonati, i migranti»,
fino alla denuncia delle nuove forme di schiavismo, del crimine
mafioso, al richiamo forte della «dignità disconosciuta o minacciata
delle 'donne che soffrono situazioni di esclusione, maltrattamento e
violenza" e i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di
tutti».
Reazioni positive anche dagli ebrei. L'American Jewish Committee (Ajc) esprime un caldo apprezzamento per
l'affermazione di papa Francesco della speciale relazione cattolici-ebrei nella
sua esortazione apostolica Evangelii gaudium, che tocca
anche il tema del dialogo interreligioso. «La sua enfasi sulla presenza divina nella
vita del popolo ebraico e sull'importanza dei 'valori dell'Ebraismò per i
cristiani è particolarmente significativa nell'ulteriore avanzamento della
storica trasformazione nell'approccio della Chiesa cattolica verso il popolo
ebraico», dice il rabbino David Rosen, direttore internazionale degli affari
religiosi dell'Ajc, che ha incontrato papa Francesco quattro volte dall'inizio
del pontificato.
Il Papa loda lo stato attuale delle relazioni
cattolico-ebraiche, lamentando invece il trattamento riservato agli ebrei nel
passato. «L'affetto che si è sviluppato ci porta sinceramente ed amaramente a
dispiacerci per le terribile persecuzioni di cui furono e sono oggetto,
particolarmente per quelle che coinvolgono o hanno coinvolto cristiani», scrive
il Papa nel testo. Rosen loda anche «l'enfasi del Papa sull'importanza del
dialogo interreligioso per promuovere la pace nel mondo e come un mezzo per
'conoscere e accettare gli altri e le loro differenzè, quale potente
incoraggiamento per un maggiore rispetto e armonia nel mondo d'oggi».