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mercoledì 30 aprile 2025
 
 

Locloc, Blablacar... l'impresa sociale "in Rete"

15/09/2013  Si sono ritrovati per "una due-giorni". Cinquecento imprenditori sociali hanno fatto il punto della situazione, alle prese con la crisi, ma anche con le potenzialità ancora da sviluppare. E con l'impetuoso vento di novità del web.

Un attore chiave del welfare si trova per la prima volta ad affrontare la crisi dopo decenni di crescita ininterrotta. I dati del 9° Censimento Istat dell'industria, dei servizi e delle istituzioni non profit rilevano come il numero delle imprese sociali in forma cooperativa sia cresciuto del 100% nel decennio 2001-2011 raggiungendo la cifra di 11.264 unità, a cui si aggiungono le 600 imprese sociali “di nuova generazione” cresciute del 63% nell’ultimo triennio (Unioncamere).

Altri dati però indicano un rallentamento della crescita, ad esempio per quanto riguarda la creazione di posti di lavoro. Sono infatti 408.370 i dipendenti delle imprese sociali (3,6% del totale), ma sempre per Unioncamere il saldo 2012 tra nuovi ingressi e uscite è negativo (-0,6). Un risultato comunque migliore dell’occupazione nazionale (-1,1%) ma che poco consola perché si tratta di imprese che della creazione di posti di lavoro, anche per persone in difficoltà, fanno la loro missione.

Il 12 e 13 settembre, 500 imprenditori sociali si sono ritrovati all’undicesimo Workshop sull’impresa sociale, dal titolo “Il valore delle relazioni, coinvolgere per innovare”, per riflettere su questi dati e su quello che alcuni operatori del settore hanno provocatoriamente chiamato “annus horribilis”: 15 sessioni di lavoro tra buone prassi, masterclass e panel, 40 esperienze innovative selezionate in tutta Italia, 80 relatori e quasi 20 ore di discussione.

«Non è una crisi strutturale», ha spiegato Carlo Borzaga, presidente di Iris Network (Istituti di ricerca sull’impresa sociale) e animatore dell’evento di Riva del Garda, «a patto che si attivino al più presto strumenti mirati. Risorse già disponibili, come i fondi strutturali europei, da impiegare avendo come priorità di investimento l’impresa sociale. Non servono misure tampone, ma la semplice attuazione di quanto previsto, soprattutto in sede Comunitaria, liberando così un potenziale ancora inespresso di sviluppo economico, sociale e occupazionale».

Il modello "ad alto contenuto di relazioni" funziona

Il presidente di Iris Network ha ricordato due importanti novità che l’impresa sociale ha introdotto nel sistema istituzionale: «Innanzitutto ha dimostrato che i servizi di interesse generale (sociali, educativi, culturali, sanitari) non necessariamente devono essere “erogati” da enti pubblici o assimilati - cioè definiti nella quantità e nella qualità solo in base alle risorse disponibili - ma possono essere “prodotti” in forma imprenditoriale, cioè a partire dai bisogni e cercando di reperire le risorse necessarie. La seconda innovazione è costituita dalla radicale modifica – peraltro ancora da metabolizzare - nel modo di concepire l’impresa e il suo ruolo economico e sociale: da organizzazione con l’esclusiva finalità di garantire ai proprietari il massimo profitto (o più semplicemente con finalità speculativa, come sostiene il nostro codice civile) a meccanismo di coordinamento di risorse umane e materiali che può perseguire, oltre al profitto, anche, soprattutto o soltanto finalità di carattere sociale, con il solo vincolo di sopravvivenza, cioè di pareggio di bilancio».

Secondo Borzaga, «il modello dell’impresa sociale come impresa ad “alto contenuto di relazioni”, in parte istituzionalizzato nelle forme proprietarie e di governante, è un modello che funziona. La vera sfida dell'impresa sociale sarà creare una multi-stakeholdership, con al centro gli utenti coproduttori». Questa parola, l’ennesima in inglese, da vent’anni è un “mantra” del dibattito e indica la capacità di coinvolgere nei processi produttivi e nel governo dell’impresa una pluralità di soggetti, come i prestatori d’opera (lavoratori e volontari) e i beneficiari dei servizi (utenti e loro reti sociali).

Il Web, vero motore dell'economia condivisa

  

Come dice il Manifesto del convegno, «servono capacità gestionali, soluzioni organizzative e risorse dedicate in grado di estrarre valore dalle relazioni. In altri termini, un processo di cambiamento organizzativo perseguito intenzionalmente e in grado di valutare, misurandoli, i propri esiti. Non a caso, la maggior parte delle metriche d’impatto delle imprese sociali riguardano il coinvolgimento degli interlocutori, chiudendo un circolo virtuoso che combina efficacia dell’intervento sociale e sostenibilità economica dell’impresa».

Su questo approccio di “apertura globale”, è interessante il confronto con altri soggetti pubblici e privati che ricercano la collaborazione per la co-produzione di beni e servizi facendo leva sul potenziale “social” del web che si sta rivelando il vero motore dell’economia condivisa (shared economy) e che potrebbe essere una risorsa anche per l’impresa sociale.

Dalla casa all’orto, dalla macchina ai vestiti, dalle competenze al tempo, oggi in rete si condivide e si scambia di tutto. Sono iniziative imprenditoriali che nascono dal basso, per volontà di singoli individui che spesso investono denaro e tempo per raggiungere la propria intuizioni.

A Riva del Garda, per esempio, sono stati presentati Locloc “la community del noleggio”, BlaBlaCar “il primo sito italiano dedicato alla condivisione dell’auto", Gnammo, “un modo semplice per condividere abilità culinarie, passione per il cibo, organizzazione di eventi", Sailsquare “un modo sociale, collaborativo e indipendente che rivoluziona le vacanze in barca”.

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