Al netto di alcune sviste storiche, segnalate da Ernesto Galli della Loggia sul Corriere della Sera, M - Il figlio del secolo di Antonio Scurati è un libro con cui è necessario confrontarsi. Usiamo il termine “libro” perché l’intento dell’autore è quello di immaginare tutto ciò che non sappiamo di Benito Mussolini, partendo tuttavia da un’impressionante ricerca documentaristica. Siamo in uno spazio fra il romanzo e la storiografia, «un’invenzione cui la realtà arreca i propri materiali. Non arbitraria, però».
Il racconto parte dal 23 marzo 1919 e arriva alla fine del 1924. Cinque anni ricostruiti con brevi capitoli in cui si dà voce a un personaggio – Mussolini, ma anche Giacomo Matteotti, Magherita Sarfatti, Gabriele D’Annunzio, Italo Balbo... – e seguiti da citazioni dei documenti dell’epoca, in un continuo rimando fra realtà e fantasia. Una cronaca quasi quotidiana di ciò che accadde in quei giorni e in quegli anni a Mussolini, in pubblico e nel privato, e all’Italia. Cosa scopriamo? Molto, e farebbero bene insegnanti e studenti, oltre che ogni cittadino, ad adottare il testo. Emerge anzitutto la capacità di quest’uomo venuto dalla provincia di mettersi in sintonia con attese e inquietudini di un Paese appena uscito dalla Grande Guerra. Risulta evidente il ricorso metodico alla violenza come strumento di potere. Come anche la paura (della gente) e l’incapacità (dei politici) di reagire all’avanzata del fascismo.
Scurati non giudica e non commenta, fa parlare i fatti, dipingendo un grandioso affresco del periodo. E se, a più riprese, il lettore avrà l’impressione di rintracciare analogie con il presente, non dovrà imputarlo allo scrittore, bensì ai ricorsi della storia.