(In alto: l'arcivescovo di Milano Mario Delpini, 68 anni)
«Le emozioni e le paure non siano motivo di confusione, per reazioni istintive e spaventate. La vocazione alla santità ci aiuti anche in questo momento a vincere la mediocrità, a reagire alla banalità, a vivere la carità, a dimorare nella pace». Si conclude con queste vibranti parole la benedizione-preghiera diffusa dall’arcivescovo di Milano, Mario Delpini, alla comunità diocesana di fronte all’incalzare dei contagi da coronavirus nel territorio lombardo, che ha reso l’Italia terzo Paese al mondo tra i più colpiti dall’epidemia. Serietà e prudenza, necessarie, non devono tuttavia aprire la via all’allarmismo o ai toni apocalittici, cui pure indulgono i soliti “predicatori” intenti a cogliere nella malattia il segno di “flagelli” divini.
«L’apprensione per sé e per i propri cari, forse persino il panico, si diffondono e contagiano il nostro vivere con maggior rapidità e con più gravi danni del contagio del virus », ha detto Delpini, invocando la benedizione del Signore, che «non è una assicurazione sulla vita» o «una parola magica che mette al riparo dai pericoli», ma «una dichiarazione di alleanza: Dio è alleato del bene, è alleato di chi fa il bene». Il Signore non è intento a punire l’umanità, ma «è alleato degli uomini di scienza che cercano il rimedio per sconfiggere il virus», preannunciando poi che «ogni indicazione data per la prevenzione e per comportamenti prudenti sarà accolta con rigore dalle istituzioni ecclesiastiche». Il rischio opposto, ma non meno grave, dell’allarmismo, infatti, potrebbe essere quel fanatismo pseudoreligioso di chi non esita a polemizzare sulle misure di sicurezza che hanno portato vescovi e sacerdoti delle zone maggiormente colpite a sospendere le Messe, novene e altre iniziative di gruppo, come suggerito dalle autorità sanitarie per arginare il pericolo del contagio. La preghiera unisce anche se non si è nello stesso luogo e così pure la fratellanza, la solidarietà autentica che necessariamente fuga fobie ed egoismi.
Il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, ha invitato i fedeli a dedicare «un tempo conveniente alla preghiera e alla meditazione, eventualmente anche aiutandosi con le celebrazioni tramite radio e Tv». Commovente il messaggio rivolto ai fedeli dal parroco di Castiglione d’Adda, don Gabriele: «Il nostro animo è frastornato. L’emergenza sembrava così lontana, invece è qui in casa nostra. Anche questo fatto ci porta a considerare come nel mondo siamo ormai un’unica grande famiglia. Ora ci dobbiamo attenere alle indicazioni che le autorità preposte hanno stabilito, tra cui la cessazione della celebrazione della Santa Messa. È facile in questa situazione lasciarsi andare spiritualmente diventando apatici nei confronti della preghiera, ritenuta inutile. Vi invito invece a incrementare la preghiera che sempre apre le situazioni a Dio. Ci rendiamo conto in congiunture come la presente della nostra impotenza, perciò gridiamo a Dio la nostra sorpresa, la nostra sofferenza, il nostro timore. Non ho vergogna di dirvi che ieri dinanzi al Tabernacolo e alla statua dell’Assunta anch’io ho pianto e vi chiedo di innalzare con me al Signore il grido della nostra preghiera e del nostro pianto. Pregare significa già sperare».
Altra cosa da evitare per non sortire ulteriori danni riguarda direttamente i politici e la tentazione di non astenersi neppure di fronte a una simile emergenza da slogan irresponsabili e strumentalizzazioni. Come ha detto il presidente Mattarella sono proprio «responsabilità e unità di impegno» a garantire «la migliore e più efficace risposta a tutela della salute dei concittadini».