Mike Manley (a sinistra) e Sergio Marchionne in una immagine dell'11 aprile 2014 in occasione della presentazione della Jeep Renegade a Balocco (Torino). Foto Ansa.
La parola che ricorre è una ed una sola: «continuità». «Fca confermi gli impegni su Torino e sull'Italia», dicono all'unisono politici, imprese e sindacati. Si vedrà. Attorno a mezzogiono di domenica 22 luglio, davanti all'ingresso delle Palazzine di Mirafiori un giovane sfoglia il giornale che pubblica le cronache delle ultime drammatiche ore: la convocazione d'urgenza del consigli d'amministrazione di Fca, Ferrari e Cnh che ha portato alla sostituzione di Sergio Marchionne, 66 anni, ricoverato in Svizzera,operato alla spalla destra, ma vittima di complicazioni tali da finire in terapia intensiva. Mentre all'Universitätsspital, la clinica universitaria sulla collina poco distante dal centro di Zurigo, Marchionne lotta per la vita, nella Torino della grande fabbrica che s'affaccia su corso Traiano, regna il deserto. Giusto un paio di ciclisti e quattro auto. Il termometro segna 28 gradi. Alla porta 2 di corso Settembrini, il mitico ingresso della classe operaia, delle sue lotte, delle sue conquiste e delle sue sconfitte, non c'è nessuno.
A pochi chilometri da lì, negli uffici del Lingotto, in realtà c'è già chi tesse il futuro. Il nuovo amministratore delegato Mike Manley sta lavorando alla nuova agenda. Domani e martedì riunirà il Gec (Group Executive Council), l'organismo decisionale del gruppo, costituito dai responsabili dei settori operativi e da alcuni capi funzione. Per la prima volta da anni, non lo guiderà Sergio Marchionne, ma lui, inglese di Edenbridge, 54 anni lo scorso 6 marzo, una laurea in ingegneria alla Southbank University di Londra e un master in business administration all'Ashridge Management College.
L'ex amministratore delegato Sergio Marchionne, a sinistra, e il presidente di Fca, John Elkann, durante un incontro pubblico a Roma, il 5 maggio 2016. Foto Ansa.
MARCHIONNE, 14 ANNI AL VERTICE (E QUELL'ESORDIO IN MENSA...)
Il suo mandato avrebbe dovuto finire nell'aprile 2019. Nato a Chieti nel 1952, doppia nazionalità italiana e canadese, due figli, Sergio Marchionne diventa amministratore delegato della Fiat nel 2004, alla morte di Umberto Agnelli, al posto di Giuseppe Morchio. L'azienda, allora, è vicina al fallimento, rimasta a galla anche grazie al prestito convertendo concesso da una cordata di banche: il bilancio 2003 presenta un rosso di 2 miliardi e una perdita operativa di 500 milioni. Il manager in pullover blu, arrivato dalla società svizzera Sgs ma un perfetto sconosciuto per la maggior parte degli italiani, trasforma la Fiat in un gruppo globale.
Primi passi sono lo scioglimento della joint venture con la General motor (Gm) e la conversione del prestito bancario, mentre non va in porto il tentativo di rilevare la tedesca Opel. Il grande salto con l'acquisto di Chrysler nel 2009, grazie anche all'ottimo rapporto con Barack Obama, che permette al gruppo di piazzarsi al settimo posto tra i costruttori mondiali di auto. Marchionne porta poi a termine gli spin off di Cnh Industrial e Ferrari, operazioni che spingono la capitalizzazione di Fca vicino ai 56 miliardi. Più recente il piano di rilancio dell'Alfa Romeo, di cui fa parte anche la scelta di portare il Biscione in Formula Uno e la nascita del polo del lusso con Maserati.
Tre lauree e un master in business administration, Marchionne è anche l'uomo della "rottura" nel campo delle relazioni industriali, con la disdetta nell'aprile del 2010 del contratto nazionale e la richiesta ai sindacati di una serie di concessioni per investire a Pomigliano nella produzione della nuova Panda. E' l'inizio del lungo duello con la Fiom, tra fabbriche e tribunali, mentre a fine 2011 arriva la decisione di Fiat di uscire da Confindustria.
E' duro con gli altri, con sè stesso, con l'inefficienza, con la mancanza di buon senso. «Ero alla mensa della palazzina di Mirafiori pochi minuti prima dell’orario del pranzo», racconta un giorno ai cronisti, parlando del suo esordio a Torino. «Quando è stato il momento, si sono aperte le porte ed è entrata una fila di persone che si sono sedute ai tavoli. È chiaro che erano in ordinata attesa dietro la porta da un po’ di tempo». Non va. Interviene. Le mense vengono rifatte. Ciascuna è chiamata con un nome di città italiana: Venezia, Firenze, Roma... Colori. Poster. Luce. Basta con il grigiore dello stabilimento che si riflette nell'intorpidimento dei cuori. Anni dopo, in un'intervista all'allora direttore de la Repubblica, Ezio Mauro, Marchionne spiegherà cosí le scelte di quel periodo: «Mi ricordo i primi 60 giorni dopo che ero arrivato, nel 2004: giravo tutti gli stabilimenti, e poi quando tornavo a Torino il sabato e la domenica andavo a Mirafiori, senza nessuno, per vedere quel che volevo io, le docce, gli spogliatoi, la mensa, i cessi. Cose obbrobriose, stia a sentirmi. Ho cambiato tutto: come faccio a chiedere un prodotto di qualità agli operai e a farli vivere in uno stabilimento cosí degradato? In piú, la Fiat era tecnicamente fallita, se il fallimento significa non avere i soldi in cassa per pagare i debiti. Perdevamo 2 milioni al giorno, non so se mi spiego...».
La Fiat, diventata Fca, sempre meno italiana e sempre più apolide, Marchionne alla fine l'ha salvata. A costo di duri sacrifici. Dei dipendenti. E suoi.
Foto Ansa.
DAI CARABINIERI, RICORDANDO IL PADRE. L'ULTIMA USCITA PUBBLICA
Il papà di Sergio, Concezio Marchionne, era maresciallo dei Carabinieri. Prestò a lungo servizio in Istria a cavallo delle due guerre e oltre. Lì conobbe la madre Maria, la cui famiglia fu tragicamente perseguitata nello scontro etnico fra italiani e slavi. Per questo i due si rifugiano dalla famiglia di lui, in Abruzzo. Lì nacque Sergio, che lì resterà fino ai 14 anni. Poi il padre, raggiunta la pensione, decise di prendere armi e bagagli e ricominciare in Canada. Più volte l'amministratore delegato di Fca ricorda questi episodi, riconoscendo che il senso del dovere e quello del sacrrificio glieli ha insegnati il padre: più con l'esempio che con le parole.
Sembra destino: l'ultima uscita pubblica di Sergio Marchionne è stata proprio dai Carabinieri, il 26 giugno 2018, il giorno prima del ricovero in Svizzera, quando, a Roma, ha consegnato un nuovo modello di Jeep all'Arma.