Le donne sa come farle felici. Anche quelle che non lo conoscono, come le star di Hollywood che sfilano sul red carpet indossando preziosi accessori da migliaia di euro, made in Calenzano. O le operaie come Debora, 30 anni e da tre lavoratrice alla BB, affetta da sindrome di Down, che a vederlo si scioglie in lacrime e corre ad abbracciarlo. Marco Bartoletti è “diversamente imprenditore”. Sì, perché quella che viene considerata la normalità resta fuori dalla porta di questi stabilimenti che fanno accessori di lusso per i brand più importanti dell’alta moda.
«Sono convinto che il lavoro non sia influenzato in negativo dalle persone in difficoltà, ciò che giova al prodotto è la sensibilità di chi lo fa. Perciò le problematiche le andiamo a cercare»: è la filosofia di questo imprenditore 55enne, sposato con Marzia, due figli. Rimasto attaccato alla terra dove è nato, Calenzano, industriosa provincia fiorentina, dopo aver dato le dimissioni da assicuratore, Bartoletti ha messo su una società di due operai, di cui uno con molte difficoltà che ancora lavora con lui, riuscendo a far nascere una holding di sette aziende, che dall’ideazione alla produzione seguono tutte la fasi della realizzazione dei prodotti, fibbie, borsette, spille, dando lavoro a 250 persone in fabbrica e ad altre 300 sul territorio. Questo regno dell’iperlusso − dove una borsa mignon, «tre esemplari in tutto il mondo», costa più di un appartamento a Roma −, secondo il suo fondatore è come una «vera famiglia»: «Quando qualcuno si ammala gli si fa cerchio intorno, non lo si manda via».
Giovani in difficoltà, malati di tumore, persone con sindrome di Down, adulti disoccupati… un po’ tutte le categorie che normalmente vengono considerate un peso per la produttività di un’impresa, qui trovano porta aperta e orari di lavoro personalizzati, compatibili per esempio con i turni delle chemioterapie. Le persone in difficoltà sono circa il 30 per cento. In prevalenza gli occupati sono donne, anche nei posti dirigenziali. «E se qualcuna è in gravidanza, va in maternità dal giorno in cui lo scopre», spiega.
Se è pur vero che il mercato dell’iperlusso non conosce crisi, la politica di Bartoletti va decisamente controcorrente. «Il ruolo di un imprenditore è scegliere il mercato giusto, investire in tecnologia, saper cercare le commissioni… non può fare profitto a scapito dello stipendio dei suoi lavoratori». Anche perché, aggiunge, «come si può pensare che un prodotto che dovrebbe rappresentare l’eccellenza rechi i segni del dolore di una persona sfruttata o che lavora malvolentieri?». Insomma, la filosofia dell’imprenditore è che se sei contento e gratificato da quello che fai, lavori meglio e produci con passione. A maggior ragione se quel lavoro ti restituisce dignità e voglia di vivere.
IL “MIRACOLO” DEL LAVORO
Così se bussi alla BB puoi anche sperare in un “miracolo”. Come è accaduto a Carlo, un ragazzo autistico, che dopo un colloquio è stato assunto e oggi con il suo stipendio mantiene padre, madre e sorella. O a Giovanni, che un sabato mattina − giorno in cui il “patron” riceve le persone che vogliono incontrarlo − si presenta raccontando la sua storia. «Aveva scoperto una grave malattia debilitante ed era stato “accompagnato” a lasciare il precedente lavoro. È entrato a lavorare da noi e dopo un mese e mezzo mi ha chiamato il medico che lo aveva in cura. Giovanni stava lottando, la malattia regrediva. Oggi è sparita». Da quell’incontro è nata una collaborazione con gli ospedali della zona − «sono il nostro ufficio di collocamento» − e la BB ha sponsorizzato e ospitato convegni di oncologia e iniziative parallele su questi temi.
La spillina tricolore all’occhiello dell’imprenditore dice che il suo modus operandi gli è valso l’onorificenza di Ufficiale al merito della Repubblica, consegnatagli dal presidente Sergio Mattarella. La Madonnina in un angolo della stanza di rappresentanza racconta della sua devozione a Maria. Mentre nel racconto dei “suoi” operai, di quello che si potrebbe fare e di come occorra a volte alzare la voce a difesa dei più deboli − «le leggi ci sono, ma tutelano fino a un certo punto» − Bartoletti corre spedito come un fiume in piena, diventa più discreto quando si parla della sa esperienza spirituale e familiare.
Considera che i figli, 24 e 18 anni, ogni tanto, reclamano un po’ di tempo da parte del padre. «So che in fondo sono un egoista, aiutare gli altri fa del bene prima di tutto a me stesso». È anche la memoria dell’infanzia a spingerlo a darsi tanto da fare. Un’educazione tradizionale in una famiglia semplice − un fratello, papà operaio e mamma casalinga − gli ha fatto comprendere «quanto sia complicato tirare avanti una famiglia con un solo stipendio». E lo ha portato più volte a riflettere su come giocare bene le carte vincenti che la vita gli ha fatto capitare, senza rinnegare i successi ottenuti. «Oggi per me il lusso è la possibilità di poter essere ciò che sono e di dire ciò che penso» e «mettere a frutto il mio patrimonio anche per aiutare gli altri». Una consapevolezza più matura Bartoletti l’ha raggiunta da cinque anni a questa parte. La svolta, dice, «c’è stata al Festival della dottrina sociale di Verona, dove ho conosciuto l’organizzatore, monsignor Adriano Vincenzi, presidente della Fondazione Toniolo di Verona. Parlando con lui ho dato una cornice a quello che stavo facendo con la mia azienda. E da quel momento ho pensato che valesse anche la pena andare in giro a raccontarlo ai colleghi imprenditori, oltre che impegnarsi assiduamente nel Festival».
UNA MISSIONE DA DIFFONDERE
È nato così l’albero della dottrina sociale, il premio realizzato dalla stessa BB, che ogni anno va a una realtà meritevole. E lo slogan «Toglietevi la giacca» con cui, nei vari contesti in cui è invitato, Bartoletti invita capitani di azienda e industriali che si professano cristiani a «ritornare persone, riscoprendo i valori nel fare impresa, dando vita alle idee della dottrina sociale». Un invito cui segue anche, spesso, la proposta concreta di “adottare” un’onlus, insegnare come lavorare a giovani in difficoltà, dare insomma una mano, come la BB fa con la cooperativa LetteraOtto. Oppure quella di assumere persone considerate “non abili”.
OLTRE LE LIMITAZIONI
Presentarsi ai convegni con Paola, responsabile dei trasporti dell’azienda, che si muove in carrozzina, significa portare sotto gli occhi di tutti «l’esempio del successo di una donna che, aiutata, ha saputo gestire una grave problematica di salute ed è diventata risorsa». Per lui questa è la normalità. «La prossimità con chi soffre, con la malattia, per me è fondamentale. Mi fa restare ancorato alla realtà, con i piedi ben piantati per terra».
Foto di Pietro Paolini /Terraproject