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domenica 03 novembre 2024
 
 

Max Biaggi, la forza di dire basta

11/11/2012  Max ha deciso di smettere con le corse. Entra di diritto nella storia del motociclismo e ora volta pagina: opinionista televisivo, un ruolo in Aprilia, cacciatore di nuovi talenti?

Clint Eastwoow, nonostante i suoi 82 anni suonati, ha detto che non abbandonerà mai il cinema. Michael Schumaker non ha resistito lontano dalla Formula 1. Si è rimesso in gioco senza riuscire ad essere più quello di un tempo. Due eccellenze, due punti di vista diversi. Certo, smettere quando si è ancora all’apice e dopo aver vinto l’ennesimo mondiale deve essere difficile, quasi dolosoro. Ha lasciato tutti senza parole, infatti, la decisione di Max Biaggi di appendere al chiodo tuta e casco. Senza di lui niente sarà più come prima perché i campioni che riempiono stadi e autodromi sono sempre di meno. Ed il pubblico ha bisogno di avere dei uno per poter amare ancora lo sport. Ma è successo.

E così, a un mese dalla conquista del secondo titolo Superbike a Magny Cours, il corsaro appende il casco a soli 41 anni, con all’attivo 6 mondiali. Quattro in 250 e 2 in Superbike. Dopo la conferenza stampa di addio a Vallelunga, là dove aveva iniziato, Max non ha potuto tornare subito a casa. Aveva troppe cose da sbrigare. Tutto in grande fretta, però, perché il suo desiderio era quello di riabbracciare la famiglia. Da oggi è di nuovo a Montecarlo. È ormai sera quando risponde al telefono. Dalla sua voce traspare tranquillità, perché quella che ha preso era la decisione giusta, ma anche una profonda nostalgia per un mondo che non ha ancora lasciato del tutto ma che, senz’altro, gli mancherà da morire. Sta giocando con Inès Angelica e Leon Alexandre ma si concede volentieri per i lettori di Famiglia Cristiana.

Max, quando si mettono al mondo dei bimbi si hanno nuove, grandi responsabilità. Il tuo lavoro è rischioso. È stato anche questo che ti ha fatto prendere la decisione di lasciare?

Il fatto di essere diventato padre e, soprattutto, di voler essere un buon padre ha influito, sicuramente. Ma se devo dirla tutta, ho trovato la forza di dire basta non solo per i bimbi. Sono molto soddisfatto di quello che ho ottenuto in questi anni e quando ho avuto la fortuna di riuscire a vincere ancora un mondiale, a 41 anni, mi si è presentata un’opportunità troppo ghiotta per farla sfuggire . lasciare da numero uno incontrastato. Un’occasione che molto difficilmente mi si sarebbe ripresentata in futuro e così ho preso la palla al balzo…

Hai maturato questa scelta da solo o la tua compagna, i tuoi genitori te l’hanno chiesto?
No. Queste sono decisioni molto personali anche se quando hai una famiglia le esigenze dei tuoi cari diventano anche la tua priorità. E da quando ci sono Eleonora ed i bimbi nella mia vita tutte le mie decisioni hanno avuto anche la loro approvazione. Per me la famiglia è al primo posto, al di sopra di tutto e tutti.

Quando hai vinto l’ultimo Mondiale avevi già deciso in cuor tuo?
Ci sono arrivato pian piano ma dopo subito dopo aver fatto la scelta l’ho resa subito pubblica.

Se tuo figlio volesse fare il tuo lavoro cosa gli diresti?
Direi, aiutoooo! Sarei preoccupatissimo. Eleonora e io crediamo, però, di aver fatto una scelta lungimirante. In casa nostra non c’è nessun oggetto che richiami una moto. Non c’è un trofeo, non una coppa. Se i bimbi non crescono condizionati dai genitori, ci metteranno molto più tempo a fare “brum, brum” e tutti quei giochini che, pian piano, li portano a chiedere in regalo una moto.

Il Dna del campione non puoi cancellarlo, anche tuo nipote Federico è un pilota motoclistico professionista...
Questo è vero.

Hai avuto la forza di dire stop all’apice e senza aver subito gravi infortuni. Cosa pensi di Alex Zanardi che, invece, si è rimesso in gioco?
Sono due cose totalmente diverse. Alex, secondo me, è straordinario. È diventato un esempio per tutti coloro che hanno delle disabilità. Il suo è un invito speciale a non mollare mai, anche nei momenti più brutti della propria esistenza. Ritengo che Alex stia dando un bellissimo messaggio a tutti noi.

Il ricordo più bello della tua carriera?
E’ sicuramente legato ad un traguardo anche se, per fortuna, nella mia carriera sono stati diversi. Era il 1994 quando vinsi il mio primo mondiale. Un giorno che non potrò mai scordare.

Quello più triste?
Gli infortuni, naturalmente. Perché questo sport ti può dare tanto ma ti può anche togliere molto...

Il messagio più gradito che hai ricevuto quando si è diffusa la notizia del tuo addio alle corse?
Uno dei miei tifosi più accaniti, non faccio il nome per non fare torto a tutti gli altri, mi ha scritto una lettera, lunghissima e toccante, che mi ha emozionato. Una lettera che conserverò perché questo ragazzo mi ha sempre seguito in tutte le gare che ho fatto in giro per il mondo dandomi il suo appoggio incondizionato, anche nei periodi bui. Non credevo che dei tifosi potessere essere così profondi, così carnali.

E i tuoi amici come hanno reagito?
Li ho spiazziati ma rispettano le mie scelte. Fiorello oggi mi ha detto, ridendo: “Ma lo sai che sei responsabile di una cosa molto importante? Hai vinto un mondiale a 41 anni e adesso molti penseranno che si possa vincere a tutte le età ma non è così. E’ tuo dovere ricordare che il motociclismo si inizia a 15 anni e che, di solito, la carriera è molto più breve”.

Lasci un vuoto difficile da colmare nel mondo delle due ruote...
I tifosi realizzaranno veramente che non gareggio più all’inizio della prossima stagione quando alla partenza non ci sarà l’Aprilia con il numero 3. Penso che potrei fare ancora molto, comunque, per questo sport. Forse dedicarmi ai giovani. Ma è ancora troppo presto e, sicuramente, vorrei anche provare nuove esperienze.

La maglia numero 6 del mitico Baresi, l’hanno ritirata…
Per il motociclismo è molto difficile che questo accada perché i primi dieci posti riflettono la classifica della stagione precedente. Sarebbe un cadeau gradito ma non ne faccio una questione prioritaria.

Intanto, il prossimo 2 dicembre scenderai ancora in pista con la motard a Latina, in occasione del SIC Supermoto Day, gara di beneficenza in ricordo di Marco Simoncelli, pilota e amico scomparso l’anno scorso in Malesia...
Quando mi si è presentata l’occasione di poter fare veramente qualcosa di serio per la memoria di Marco ho subito aderito e a Latina sarà proprio l’ultima gara che farò in una specialità mista tra l’asfalto e la terra. Colgo l’occasione per chiedervi di intervenire numerosi perché l’intero incasso sarà devoluto alla Fondazione Simoncelli che porta avanti numerosi progetti umanitari.

Un messaggio ai tuoi tifosi…
Grazie a tutti di cuore perché ho avuto l’onore di avere una delle più belle tifoserie degli ultimi 20anni. Una vera e propria folla di persone che mi ha sempre seguito in tutte le tappe del campionato del mondo d’Europa ed extra Europa.

 
 
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