Non pensavo che l’Università fosse così complicata, per mia figlia ma anche per me. Marta, 24 anni, ha deciso cinque anni fa di iscriversi a Ingegneria con mio grande piacere. Da sempre brava e motivata, ha scelto di restare al Sud in una sede a solo un’ora di distanza da casa. Le difficoltà sono arrivate via via, si è scoraggiata dopo qualche esame andato male e il suo percorso è diventato un’impresa titanica anche per me che l’ho dovuta affiancare e stimolare per non farle perdere la motivazione. Risultato: un fallimento. Quest’estate contro tutto e tutti si è messa a lavorare, ora dice di desiderare un suo stipendio e di non volere più che io paghi le tasse, a quattro esami dalla conclusione del percorso triennale! Parla anche di partenza per il Nord. Non condivido la sua scelta e vorrei dissuaderla. Quali sono le parole giuste da usare perché ritrovi un po’ di piacere per lo studio?
CATERINA
— Cara Caterina, ho letto quanto hai scritto e a ogni frase ho associato occhi di madri sedute davanti a me nelle ore di ricevimento, mani agitate e sofferenti, mentre discutono di figli che scelgono strade diverse dai programmi familiari ben tracciati a volte fin dall’infanzia. Chiedono aiuto, parole giuste appunto, perché io allontani i loro pargoli dal precipizio. Non me ne volere, ma sento di dire a te ciò che dico sempre anche a loro (e che ripeto a me stessa madre): a volte i figli bisogna proprio lasciarli fare. Anche legandosi i polsi o tappandosi gli occhi, se il carattere non consente di restare a guardare con un sorriso o meglio di incoraggiare mentre si preparano al salto. La tua Marta è brava, diligente, ha scelto finora ciò che desideravi anche tu per lei, dalla facoltà alla città vicino a casa. Niente di male, ma mi chiedo se questo è ciò che anche lei voleva per sé stessa. Arrivati all’Università la motivazione allo studio non deve più arrivare da mamma, né da un’insegnante, come goccia mattutina che seda ansie e affanni. Occorre avere un’idea di sé chiara almeno nei suoi contorni, che nasce da un’attenta analisi dei propri desideri e delle personali attitudini. È la tappa di un percorso che per la verità comincia qualche anno prima della scelta della Facoltà, ma che si fa sempre in tempo a intraprendere. So che non è quello che volevi sentirti dire, ma ben venga il lavoro al Nord. Lasciala partire serena, i sensi di colpa per averti delusa non la aiutano a trovare la sua strada. E soprattutto non vedere la scelta autonoma come un tuo fallimento, ma apprezzala come segnale di maturità. Non è detto che se la passione per lo studio c’era, se era veramente sua, non torni da sola, magari l’anno prossimo. Magari proprio lontano da casa.