La tregua a Gaza e la liberazione degli ostaggi, l’insediamento di Trump e l’espulsione dei migranti, «che sarà una disgrazia», la denatalità - «in Italia l'età media è di 46 anni: non fa figli. Faccia entrare i migranti», e gli abusi sui minori per i quali dobbiamo sempre vigilare, il Giubileo, la speranza, il senso dell’umorismo… È una intervista a tutto campo quella del Papa ospite per la terza volta di Fabio Fazio. La biografia Spera, scritta da Francesco con Carlo Musso fa da filo conduttore in un botta e risposta che parte dai ringraziamenti ai mediatori «molto bravi» e dalla speranza, come aveva già detto nel corso dell’Angelus, che si possa arrivare ad avere per israeliani e palestinesi due Stati. «Credo che sia anche l’unica soluzione, la disponibilità alcuni l’hanno altri no e dobbiamo convincerli con quella retorica mite che è la convinzione», dice il Papa ricordando che «la pace è superiore alla guerra sempre. Per fare la pace a volte si perde qualcosa, ma si guadagna di più rispetto a quello che si perde con la guerra. Per la pace ci vuole coraggio».
Riprende il senso del Giubileo, che è un «ricominciare sempre», una «conversione del cuore» sapendo che «Dio perdona sempre, mettetevelo nella testa e nel cuore, dobbiamo solo bussare alla porta: non c’è peccato che non possa essere perdonato. Questo dobbiamo impararlo bene». Il Pontefice parla della speranza che «non delude mai, è l’ancora sulla spiaggia e noi aggrappati alla corda», e del Giubileo che non è una gita turistica a Roma perché «se vai alla porta santa come un turista, senza un senso religioso non serve a niente. La parola è convertirsi, almeno pentirsi, a volte non si può cambiare, ma c’è il pentimento e questo cambia il cuore lentamente. Il giubileo è fare il cuore più umano, che il Signore ci dia lo Spirito santo che ci cambia il cuore».
Francesco affronta soprattutto il tema della guerra legato alla povertà e ricorda che se non si fabbricassero armi per un anno intero si potrebbe risolvere il problema della fame. Su Trump spiega che «non ci siamo sentiti, è venuto quando era presidente l’altra volta», ma se espellerà i migranti «questo se è vero sarà una disgrazia perché fa pagare ai poveri disgraziati che non hanno nulla il conto dello squilibrio, così non si risolvono le cose».
Un po’ con aneddoti personali, i film della Magnani fatti vedere dai genitori o l’opera ascoltata il sabato pomeriggio alla radio con la mamma che ne spiegava il contenuto, le barzellette, perché «bisogna saper ridere, se uno non ride c’è qualcosa che non va», un po’ ribadendo concetti a cui tiene, in particolare quello della guerra «che è sempre una sconfitta» e che «non è inevitabile», il Papa insiste sulla necessità delle relazioni umane.
Parla delle donne sempre più presenti in Vaticano di suor Simona Brambilla, prima donna prefetta e delle tante che lavorano nei diversi dicasteri e «che sanno fare meglio di noi». Parla del gruppo di transessuali ricevuto in Vaticano, «la parola è vicinanza a tutti» e ribadisce che i peccati più gravi non sono quelli legati al sesso, ma alla cura degli altri, al non avere riguardo per i genitori, per esempio, alle truffe.
Sull’imminente giornata della memoria, del 27 gennaio, spiega di provare, pensando alla tragedia della Shoà, «un sentimento di pietà e di vergogna. Pietà perché dobbiamo aprirci a quel dramma e vergogna che noi uomini siamo stati capaci di fare questo». Ricorda la sua visita ad Auschwitz, «una vergogna umana e un dolore umano» e invita a continuare a sentire quei racconti per non dimenticare.
E infine, prima di augurare a tutti gli spettatori, per l’anno giubilare, di «aprire il cuore, non lasciare passare questa opportunità, avanti e coraggio e non perdere il senso dell’umorismo», risponde alla domanda di Fazio su cosa abbia pensato quando è stato eletto Papa. Bergoglio non ci pensa un attimo e risponde: «Sono pazzi, ma che si faccia quello che Dio vuole».