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venerdì 18 aprile 2025
 
Mirella Antonione Casale
 

La Preside che ha combattuto per una scuola aperta ai bambini "speciali"

12/12/2016  Voglia di insegnare e tanto amore per la figlia: la storia della preside che ha posto fine alle classi speciali e ha ispirato la fiction con Vanessa Incontrada "La classe degli asini"

Era il 4 agosto del 1977 quando il Parlamento approvò la legge 517, nota come Legge Falcucci, che prevedeva l’inclusione e il sostegno dei bambini portatori di handicap nella scuola dell’obbligo. I lavori della Commissione parlamentare, presieduta dall’onorevole Franca Falcucci, erano terminati nel 1975, dopo un decennio di riflessioni e studi in cui l’esempio di Mirella Antonione Casale aveva indicato la strada.
Novantunenne elegante e dall’aria fiera, Mirella oggi ci apre le porte di casa sua a Torre Pellice, in provincia di Torino, dove vive dal 1988, immersa nei libri e nei ricordi. Incessantemente ripete e ripercorre, con lo sguardo che si illumina, i sorrisi di quella figlia Flavia che tanto ha condizionato la sua vita e la sua carriera, rendendola speciale.
Era il 1° maggio del 1957 quando nacque la prima figlia. «Eravamo contenti perché aveva scelto il giorno giusto. Una bambina bella e sana finché non si ammalò di influenza asiatica». Una febbre altissima, una corsa in ospedale e un responso agghiacciante. «“La porti a casa e se la coccoli”, ci dissero. La davano per spacciata. La febbre continuò per qualche giorno con le convulsioni. Lei che faceva già i sorrisetti... Chiamammo un medico che lavorava con i bambini al Cottolengo (l’istituto di carità di Torino che si occupa di fragilità, ndr). Ci cambiò cura e ci consigliò un antibiotico recente arrivato dall’America. Forse è stato quello che l’ha salvata».

LE CLASSI SPECIALI

Fatto sta che Flavia sopravvisse, ma riportò danni gravissimi. «Un’encefalite con paralisi fisiche e l’impossibilità di parlare. Fu una tristezza vederla. Una bambina completamente in balìa del supporto e dell’aiuto degli altri». Presto si pose anche il problema della scuola. Mirella si scontrò con il tentativo di iscriverla in una scuola elementare “normale”, «ci venne risposto di no perché ancora non camminava con sicurezza e non parlava». E un’indicazione inaccettabile: «La iscriva in una scuola “speciale”». Da lì la scelta di tenerla a casa, seguirla e stimolarla. Un’esperienza che Mirella non poté non tenere ben presente anche nel suo mestiere, di insegnante prima e di preside poi. Una vocazione all’attenzione e all’aiuto dell’altro rafforzata dalla figlia Flavia, ma presente sin da bambina.

LA LEGGE FALCUCCI

  

«A sei anni mi mandarono a scuola per la prima volta. Il primo giorno, in una classe di 40 bambini, rimasi così scioccata dai maschi che si prendevano a botte che presi la cartella e me ne andai. La sera mio padre mi disse che non mi ero comportata bene e mi spiegò che i bambini vanno seguiti e curati. Lo guardai e risposi: “Papà, sai che c’è? Vado a fare la maestra”».
Iniziò così la sua lunga carriera, sulla scia di quell’aneddoto che ancora oggi, a distanza di anni, non la lascia. Due diplomi, uno alle magistrali e uno al liceo classico e, nel 1949, una laurea in Lettere classiche. Nel 1951 iniziò a insegnare in provincia di Vercelli e poi con incarico di ruolo a Torino, nella scuola media prima e nell’Istituto tecnico poi. Nel 1968 vince il concorso di preside di scuola media a Torino con incarico alla Camillo Olivetti. «Una scuola di precollina con due strati sociali eterogenei tra chi poteva e chi meno, tra borghesi torinesi e immigrati dal Sud. Fu in quegli anni che lavorai su due fronti: il tempo pieno, di cui necessitavano in tanti, e l’integrazione degli alunni handicappati nelle classi “normali” fin dal 1971. Fu grazie a quell’intuizione e alla determinazione dei miei insegnanti che riuscimmo gradualmente a eliminare le classi speciali e introdurre i bisogni speciali nelle classi normali».
L’esempio di Mirella fu studiato e apprezzato dal ministero della Pubblica istruzione che a lei si ispirò per scrivere la Legge Falcucci e la designò a coordinare l’integrazione scolastica dei disabili presso il Provveditorato agli Studi di Torino. «Perché la scuola è un diritto per tutti. E non può esisterne una in cui ci sono le classi di “luminari” e la classe degli asini».

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