Obbligo vaccinale, Green pass rafforzato, lockdown selettivo, stato di emergenza. Sono temi sul piatto in tutta Europa, misure che si rafforzano o si allentano al muoversi dell’epidemia. Quali di queste sono compatibili con la Costituzione italiana? Risponde Roberto Bin, già ordinario di Diritto costituzionale all’Università di Ferrara, direttore di La costituzione.info e direttore della rivista Diritto costituzionale. Rivista quadrimestrale.
La Costituzione è il convitato di pietra chiamato in causa da tutti quelli che, a vario titolo, soffrono le restrizioni anticovid. La stando tirando per la giacca o hanno ragione?
«Da un certo punto di vista è bello questo, perché vuol dire che la Costituzione, a quasi 80 anni, tiene botta, nel senso che la gente la tratta come un punto di riferimento, un fatto non scontato. Per chi la studia per professione questo è un aspetto positivo. Che le istanze di ciascuno, comprese quelle dei no vax e dei no pass, trovino davvero un ombrello protettivo nella Costituzione è un altro paio di maniche».
L’obbligo vaccinale in Italia è un fatto storico, esiste da molti anni per l’infanzia. Solo pochi mesi fa è stato introdotto l’obbligo di sottoporsi alla vaccinazione anticovid per i sanitari. È un punto pacifico per la Costituzione?
«È scritto nel suo testo: all’articolo 32 (nel quale si parla di diritto alla salute) si legge che le scelte individuali possono essere superate dell’obbligo di solidarietà, per motivi di salute pubblica può essere imposto con legge un trattamento sanitario obbligatorio. Tutti i vaccini che sono stati fatti nella storia, come vaccini obbligatori, sono basati su questo articolo. Non c’è discussione su questo. Se lo Stato vuole imporre il vaccino lo può fare, sarebbe perfettamente costituzionale».
Alcuni dicono che l’obbligo abbia un problema pratico: quale sanzione? È una obiezione sensata o solo una strategia per spingere l’alternativa cioè il Green pass?
«È una obiezione abbastanza sensata, nel senso non è semplice individuare una sanzione. La soluzione più ovvia sarebbe quella adottata a Singapore e di cui si discute in Germania: chi non si vaccina non è più coperto dalla gratuità delle prestazioni sanitarie, però questo aprirebbe un bel problema. In Costituzione c’è il diritto alla salute e noi abbiamo sempre assicurato le cure a tutti senza distinzioni: cominciare a escludere dalla gratuità potrebbe essere una misura molto forte. Potrebbe creare un precedente difficile da gestire, perché poi lo si potrebbe applicare a chi fuma, a chi è sovrappeso, a chi beve bibite gassate e non si finirebbe più…».
Siamo tutti troppo “peccatori”?
«Sarebbe un piano inclinato e insaponato. Non sono sicuro che sarebbe incompatibile con la Costituzione ma non sarebbe conveniente, perché potrebbe aprire a una discrezionalità senza ritorno».
L’alternativa è il Green pass. Potremmo paragonarlo alla patente? Liberi tutti ma se non l’hai non guidi.
«È esattamente questo il punto su cui chi va in giro con i cartelli che gridano alla “dittatura sanitaria” fa confusione: non c’è una libertà garantita di fare ciò che si vuole, non esiste in Costituzione e non esiste neppure in teoria. Se la libertà limitata è la circolazione, essa non è affatto impedita: si mette la mascherina e si va. Se libertà è andare al cinema, già diverso: non è un diritto, tanto è vero che si paga un biglietto. Lo stesso dicasi per la discoteca, per lo spritz al bar. Non sono diritti costituzionalmente tutelati, sono aspetti specifici della libertà di circolazione ma minimi. E la libertà di circolazione, guarda caso, può essere limitata per questioni di incolumità e di salute pubblica. Nell’articolo 32 c’è un obbligo di solidarietà, previsto dall’articolo 2: chi non si vuole vaccinare non può pretendere la solidarietà degli altri».
Tra il Green pass rinforzato (per soli vaccinati e immuni perché guariti) e un obbligo la cui sanzione sia: “senza vaccino hai maggiori restrizioni” c’è differenza sul piano costituzionale?
«Non è obbligatorio vaccinarsi, ma chi non lo fa non può fare una serie di cose. Ci sono dei limiti che sono messi come prevenzione, perché alcuni hanno fatto la scelta di non vaccinarsi ma non hanno il diritto di infettare gli altri».
Una lettera su Quotidiano sanità chiedeva: se un domani qualcuno ricorresse alla Corte costituzionale contro il decreto che ha imposto l’obbligo di vaccino anticovid ai sanitari, i giudici come potrebbero sentirsi autonomi sapendo che al testo ha messo mano la ministra Cartabia ex presidente della Corte?
«Il fatto che Marta Cartabia sia stata giudice costituzionale non significa nulla, la Corte Costituzionale è un organo collegiale, le decisioni sono prese da un collegio di 15 persone, in nulla incide il fatto che il testo della legge sottoposta al suo giudizio sia scritto da una ex giudice, che oggi è un soggetto politico come gli altri e come tale va trattato».
Un altro tema che fa discutere è il protrarsi dello stato d’emergenza, nel caso specifico funzionale alla velocità di decisioni in cui il fattore tempo è decisivo. È un problema?
«È un tema che ha fatto sempre discutere i costituzionalisti, il problema è che l’emergenza è un concetto che si adatta alle esigenze: molle, elastico. Non a caso la Costituzione prevede il decreto legge: nella misura in cui la situazione ha requisiti di necessità e urgenza si fa un decreto legge, che per sua natura è poco definito nei suoi presupposti proprio perché deve rispondere all’emergenza: poi lo si porta in Parlamento: in questo senso l’emergenza è già prevista dalla nostra Costituzione. Riguardo alla dichiarazione dello ”stato di emergenza”, è un fatto che non ha conseguenze pratiche sulla nostra vita: non subiamo persecuzioni, perdiamo diritti, ecc., ma semplicemente consente l’uso del Dpcm, un atto amministrativo, non normativo, che è tempo e non lascia conseguenze sull’ordinamento. Lo stato di emergenza è previsto dalla legge sulla protezione civile. La preoccupazione che il Governo si approfitti perché dichiara l’emergenza è infondata. Il problema semmai è molto più generale: è che si governa in prevalenza con i decreti legge e con un Parlamento esautorato, ma questo succede da prima, non è un effetto della pandemia».
L’Austria differenzia le misure: lockdown selettivo per i non vaccinati. Farebbe problema da noi?
«No, già esiste. La quarantena ne è un esempio. Non è che si mettano divieti alle persone per il colore della pelle, la cittadinanza, la religione, li si mette come conseguenza della scelta libera delle persone di non vaccinarsi: non c’è nulla di discutibile. Non esiste una libertà di andare in giro a infettare la gente, che tra l’altro per la stragrande maggioranza è corsa a vaccinarsi e vuole uscire dall’epidemia. C’è chi obietta che lo Stato dovrebbe lasciarti libero di fare come vuoi, di non mettere le cinture, di non mettere il casco, si vorrebbe uno Stato meno paternalistico; ma se poi io sbatto in motorino e senza casco mi rompo la testa, lo Stato mi cura gratis a spese della collettività: in questo senso è normale che mi imponga di tutelarmi, anche perché le risorse non sono infinite».