È morto il 29 settembre. Aveva 94 anni. Luigi Arisio guidò la marcia dei Quarantamila, la manifestazione dei colletti bianchi - impiegati e capi Fiat - che il 14 ottobre 1980 (40 anni fa esatti) chiuse il lungo periodo di scioperi nelle fabbriche torinesi contro i licenziamenti e la cassa integrazione. Misure annunciate da Cesare Romiti, allora amministratore delegato di Fiat, scomparso anche lui poche settimane or sono. Arisio ha fondato nel 1974 il Coordinamento Capi Fiat, poi diventato Associazione Capi Fiat. È stato deputato, eletto nelle liste del Partito Repubblicano con Susanna Agnelli.
Ripubblichiamo un'intervista apparsa su Famiglia Cristiana nel settembre 2001, in cui Arisio, diventato ormai uomo-simbolo di un'epoca, raccontò quei giorni.
A casa conserva ancora un cartello, uno dei tanti sollevati con orgoglio per le strade di Torino in quel 14 ottobre 1980 che cambiò la storia - sindacale, ma non solo - dell'Italia repubblicana. C'è il riferimento di fabbrica (Mirafiori presse) e la "firma", una "q" bianca in campo verde, «Quella "q" sta per "quadri", spiega Luigi Arisio, presidente nazionale dei Maestri del lavoro d'Italia, classe 1926,43 anni di Fiat alle spalle, storico leader della "marcia dei quarantamila" e dunque protagonista di uno degli autunni più caldi: «Quella "q", insiste, sta per "quadri intermedi", né semplici operai né alti dirigenti; eravamo noi, i quadri, e noi, alla maggioranza silenziosa cui appartenevamo, abbiamo dato voce, coraggio, visibilità», «Nekl 1980, tensioni e conflitti laceravano il Paese, incutevano paura», ricorda Arisio, «La Fiat stava cercando ili riprendere il controllo degli stabilimenti minato da un sindacalismo selvaggio, aveva già licenziato 61 dipendenti in odore di terrorismo e aveva annunciato l'intenzione di procedere a forti tagli di mano d’opera al fine, dichiarò, di rimanere competitiva e reggere così l’urto della concorrenza, rafforzatasi grazie alle nuove tecnologie e a costi del lavoro più bassi. Il sindacato reagì con durezza, proclamando uno sciopero ad oltranza. Bloccò gli ingressi con picchetti che impedivano a tutti di entrare. Non mutò linea neppure quando l'azienda cambiò rotta (l'iniziale richiesta di 14 mila licenziamenti venne trasformata nella domanda della cassa integrazione a zero ore per 23 mila persone). La Federazione lavoratori metalmeccanici (Firn)., in particolar modo, non capì che i tempi erano cambiati e che l'azienda era sul punto di soccombere. Non solo. Arroccandosi sulla linea dura, finì per perdere il consenso del resto della popolazione che all'inizio, quando si opponeva ai licenziamenti, ci fu».
Si arrivò così al 14 ottobre 1980. «Da oltre un mese, perdurando lo sciopero, nessuno percepiva più la retribuzione, Era crisi, crisi nera, Noi decidemmo dì convocare un'assemblea pubblica presso il Teatro Nuovo. Spedimmo 17 mila lettera personali di invito ad altrettanti quadri intermedi Fiat. Terminato l’incontro sfilammo per le vie del centro fino in piazza Castello, dove ha sede la Prefettura. Il corteo s’ingrossò cammin facendo. Uno slogan fra tutti, forse il più significativo: “Il lavoro si difende lavorando”. Le agenzie di stampa batterono la notizia: “Hanno marciato in quarantamila”. E marcia dei quarantamila fu. La vertenza si sbloccò la sera stessa. Capimmo che quella era la Caporetto di un certo modo di fare sindacato. Ricevetti minacce di morte: per qualche tempo fui costretto a muovermi scortato”.
Un altro autunno sta per cominciare. Anche questo, gravido di incognite e problemi. Secondo Luigi Arisio, due caratteristiche accomunano i giorni nostri a quelli che visse nell’80: «Ci sono profonde trasformazioni in campo economico, che non tutti sanno o vogliono capire fino in fondo. Le nuove modalità del lavoro e le improcrastinabili riforme del sistema pensionistico o le gestiamo tutti insieme al meglio, o comunque si affermeranno da sé. Dio solo sa come. E poi, il terrorismo. Allora sembrava non dovesse finire mai. Ma in realtà si stava esaurendo. Ora, invece, sembra rinascere. Occorre vigilare, facendo tesoro della nostra storia recente».
da Famiglia Cristiana 35, 2 settembre 2001