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lunedì 07 ottobre 2024
 
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Credere

Margaret Karram: «Il dialogo è la mia missione»

20/04/2023  La sua è una storia di incontri tra culture: araba cristiana, cittadina d’Israele, studiosa d’ebraismo. Da due anni è alla guida del Movimento dei Focolari e dice: «La scintilla della pace va alimentata ogni giorno»

È cristiana araba, nata ad Haifa in Israele. Viene da una terra che da sempre aspetta un’alba di pace, segnata nel quotidiano dalla violenza tra popoli fratelli. Margaret Karram, 61 anni, dal 2021 è la presidente del Movimento dei Focolari, diffuso in 182 Paesi, con più di 2 milioni di aderenti tra cui cristiani di molte Chiese, fedeli di altre religioni e persone di convinzioni non religiose. Se alla morte della fondatrice, Chiara Lubich, la scelta cadde su Maria Voce – italiana, classe 1937 –, l’elezione due anni fa di questa donna proveniente dalla Terra Santa, anche visivamente rende la svolta che oggi il Movimento sta attraversando, proprio per restare fedele alle sue radici. In fondo è la stessa vita di Karram a essere laboratorio per il carisma sui cui è fondato il Movimento. «Per me unità è costruire rapporti fraterni, un dialogo vero, una via per la pace», dice Margaret. «Più che mai dobbiamo attualizzare questo carisma, trovare nuovi modi di incarnarlo».

UNA FAMIGLIA, TANTE CULTURE

I suoi nonni, originari di Nazaret, scapparono in Egitto agli inizi del Novecento; poi, dopo il ritorno in patria, si recarono esuli in Libano nel 1948, a causa del conflitto araboisraeliano. Il papà scelse di restare con moglie e figli a Haifa, città sino ad allora a maggioranza arabo-palestinese che, con la nascita di Israele, ricadde dentro i confini dello Stato ebraico. «La nostra famiglia ha acquisito la cittadinanza israeliana, mantenendo l’identità araba». Oggi ad Haifa vive ancora un fratello di Margaret, medico, e una sorella, che pure aderisce ai Focolari, che dirige una scuola. L’altra sorella è suora carmelitana, a Firenze. Margaret ha conosciuto il Movimento dei Focolari a 14 anni grazie ad alcuni amici. «I miei genitori ci hanno educati alla fede cattolica, con il Movimento ho scoperto che il Vangelo è una rivoluzione spirituale, divina e anche sociale. Volevo impegnarmi per la giustizia e la pace, anche nel mio Paese».

CONSACRATA NEI FOCOLARI

  

Sceglie la consacrazione, a 19 anni si trasferisce in Italia per la formazione. All’inizio pensa che sarebbe ritornata presto in Israele, poi capisce che per il Movimento è importante il dialogo a tutti i livelli, fondamentale quello con gli ebrei. «E allora mi sono lanciata in un’avventura che mi affascinava». Nel 1984 Margaret va negli Stati Uniti dove si laurea in Ebraismo all’università ebraica di Los Angeles. «In tutta l’Università eravamo solo due non ebrei. Per me è stata una missione, non sempre facile, vivere il dialogo e testimoniare la vita cristiana». Tornata in Israele, nel 1989 collabora con la Commissione episcopale nazionale per il dialogo interreligioso e il Coordinating Inter-Religious Council. Nel 2013 riceve il premio per la riconciliazione “Mount Zion Award” insieme alla studiosa e ricercatrice ebrea Yisca Harani. Margaret racconta un episodio che esprime bene la tensione costante nelle relazioni quotidiane tra arabi ed ebrei. «Quando ero in Focolare a Gerusalemme abbiamo affittato un appartamento nella parte ebraica perché crediamo nel dialogo che si fa nella semplicità di una vita quotidiana condivisa. Un giorno una delle vicine ci ha offerto un tè. Quando mi ha chiesto della mia famiglia, ha reagito dicendo: “Non posso accogliere arabi nella mia casa, per me gli arabi sono terroristi”. Mi sono sentita offesa, umiliata, volevo andare via. Poi ho pensato che quella poteva essere un’opportunità. Le ho raccontato cosa facevo, perché credo nella pace, e piano piano è iniziata una conversazione. È stata una lezione: di fronte a un conflitto, a un’offesa alla tua identità, non devi rispondere allo stesso modo, ma con la carità devi continuare a cercare un rapporto. Alla fine la donna mi ha detto: “Se tanti arabi sono come te, devo cambiare modo di pensare”». Da quell’incontro è nata un’amicizia. «Ci hanno invitato ai matrimoni dei loro figli, sono venuti in chiesa per conoscere il cristianesimo, non per fare proselitismo ma per conoscerci». Dalla spiritualità del movimento, dice Karram, «ho imparato che ognuno è un dono, al di là di quello che ti può dire. L’ignoranza ti porta ad aver paura, la paura e l’ignoranza ti portano all’odio, ma se rimaniamo ignoranti l’uno dell’altro, come possiamo costruire un rapporto?». Una conclusione che spiega anche perché uno dei passi della Bibbia che sente maggiormente vicini è la frase di Paolo ai Corinzi «Ma se non ho l’amore non sono nulla» (1 Corinzi 13,2): «Nella mia vita ho sempre voluto fare tante cose... ma questo passo dice chiaramente che senza la carità non siamo niente».

LA VOCAZIONE DEL DIALOGO

Il Medio Oriente resta centrale nella vita di Karram e nella sua visione di fede: «Tutto è partito da lì. Mi dico sempre che ci sarà un piano di Dio anche su questo, in un Paese dove è nato Gesù ma che non ha pace, dove crescono i muri». Lei ha due luoghi del cuore dove ama ritornare. Haifa, la città dove è nata, «armoniosa, dove c’è una buona convivenza tra le tre religioni, dove sento l’affetto della famiglia e dove riesco a sperare che la pace sia possibile». E poi Gerusalemme, dove ha vissuto per ben 24 anni: «È una sfida continua, ma quando mi sento scoraggiata, anche se sono lontana, il mio cuore va alla chiesa del Santo Sepolcro. In arabo si chiama chiesa della Risurrezione. Mi ritrovo lì, a mettere la mano nel buco della croce, a dire “io ci credo”. Il dolore del crocifisso redimerà la mia patria, il Medio Oriente, il mondo».

LAVORARE PER L’UNITÀ

  

Dalle ferite del conflitto mediorientale a quelle della guerra in Ucraina: due Focolari, quello di Mosca e quello di Kiev, ogni sera alle 19.30 si ritrovano in streaming a pregare insieme il Rosario. «Si incoraggiano a vicenda, non si abbandonano». E da tutto il mondo in tanti si stanno unendo a questo momento: «Lo stare vicini è la nostra forza». Margaret nel mese di aprile è impegnata in un lungo viaggio nel continente asiatico, per incontrare gli aderenti al Movimento ma anche rinsaldare «le relazioni fraterne con i buddhisti Rissho Kosei-Kai, con i musulmani in Indonesia». Dopo due anni a capo dei Focolari ciò che la sorprende ancora è che «il movimento attira tante persone, da tante culture e Paesi del mondo. Non è un’ideologia, ma lo scegliere di vivere per l’unità». Se le adesioni tra i consacrati sono in calo, è soprattutto il ramo delle famiglie quello che registra maggiori consensi: «Oggi mi sembra che le persone sposate siano chiamate a essere più protagoniste nel trasmettere la fede. Si torna alla vita dei primi cristiani». La cosa le piace, anche perché, come ha scritto a papa Francesco quando è stata eletta, vuole «prima di tutto essere figlia della Chiesa, non presidente di un movimento». E in questi due anni le lettere, i messaggi e gli incontri fraterni con il Papa non sono mancati.

IL DONO DELLA PACE

Prima di partire le hanno comunicato che le avevano assegnato il premio “Fuoco dentro – Donne e uomini che cambiano il mondo”, istituito dall’arcidiocesi di Milano e da Elikya, associazione multiculturale di promozione sociale, e che le sarà conferito il 28 aprile al Teatro Pime di Milano. Quando lo ha saputo era il giorno del suo compleanno e ha creduto si trattasse di uno scherzo. «Ho ripensato al momento in cui si è acceso in me il fuoco dell’amore, me l’hanno trasmesso i miei genitori. E oggi sento che è la scintilla della pace che va alimentata giorno per giorno perché si avveri. Dobbiamo vivere con questa passione e non smettere di credere e chiedere a Dio questo dono».

(Foto in alto: Margaret Karram, GSC Audiovisivi)

 
 
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