Problemi pratici e psicologici da gestire, domande difficili, mariti a casa, lavoro costante, prole che studia, o che dovrebbe. Le mamme, proverbiali donne multitasking, stanno mettendo oggi più che mai a dura prova le loro capacità gestionali. E anche i papà non sono da meno.
Margherita Pisani, avvocato trentaseienne, per Martina, 5 anni, e Matilde, uno e mezzo, ha disegnato Corvy, con tanto di nickname familiare, corona in testa, e faccia simpatica. «La domenica in cui a Milano hanno sospeso le attività didattiche la tv era monopolizzata dai telegiornali, ci sono state molte domande e non è stato facile rispondere: ai bimbi bisogna dire la verità, ma stemperando l’ansia. Quindi con vignette ho spiegato che era arrivato un nuovo virus, ma non ci sono i supereroi nella realtà, quindi bisogna fare attenzione perché chi ha determinate patologie rischia di finire in ospedale. Ecco perché chiude la scuola, non si va né in piscina né a danza, ma gli amici si possono vedere lo stesso negli spazi aperti, usando le precauzioni». In tempi di emergenza virale si risponde come si può e si utilizza ciò che si ha. «Lavoriamo in due, Marco è fisioterapista, ma io sono fortunata perché ho i nonni. Valutata un po’ la situazione abbiamo deciso di cambiare la nostra routine quotidiana e portare noi le bambine a casa dei miei e dei miei suoceri: essendo persone a rischio complicanze preferiamo evitare contatti con l’esterno. Toglierli del tutto sarebbe impensabile, ma portiamo e riportiamo da loro le bambine in macchina, cambiamo i vestiti, sterilizziamo. Insomma, limitiamo come si può la possibilità di contagio».
Stessa soluzione per Silvia Ferrario, 43 anni, medico odontoiatra mamma di Giorgia, 5 anni, e moglie di Valerio, programmatore e dipendente. Entrambi continuano a uscire di casa al mattino. «Sono disponibili solo i nonni materni, per ragioni d’età», dice Silvia. «Ho dovuto chiedere aiuto ai miei. Certo, ho paura per loro, ma non ho alternative. Del resto il mio lavoro fa sì che io stessa entri in contato con molte persone: lo studio fa tutto quello che da prassi bisogna fare per proteggere noi e i pazienti, ma è il lavoro in sé a essere un po’ rischioso. Ovviamente si ricorre ai nonni finché reggono: questa situazione va avanti da giorni qui a Milano, è la terza settimana, arriveranno a non farcela più fisicamente, li stiamo sfruttando al massimo, tutto il giorno: sono stanchi e stremati».
È ancora una volta la famiglia allargata a rispondere ai bisogni del nucleo. Sempre quando si può e quando la paura non vince su tutto. Angela Menniti, 38 anni, impiegata nella pubblica amministrazione, ha rinunciato a un viaggio programmato al Sud per paura di contagiare i suoi genitori che vivono lì e ha detto di no alla loro venuta a Milano, in soccorso, così come ha evitato di lasciare le sue due gemelle, Lara e Marta, di 9 anni, con i suoceri milanesi. «Mio marito Federico, consulente del lavoro, è un libero professionista, lavoriamo entrambi. All’inizio dell’emergenza ci siamo alternati: io andavo a lavorare presto, alle 7,30, tornavo a casa alle 13 circa - metà orario di servizio con i permessi- al mio arrivo usciva lui. Ora non è più possibile, lui deve lavorare full time. Spero nello smart working o nel lavoro delocalizzato in una struttura più vicina a casa, ma c’è bisogno di dotazione di pc con programmi adatti e quindi i tempi di realizzazione saranno lunghi». Angela è attualmente in ferie. «Sono arrivati i compiti settimana scorsa, per fortuna uguali per entrambe anche se sono in sezioni diverse della stessa scuola. Li fanno volentieri. Facciamo qualche passeggiata al parco, vediamo qualche amichetto, ma tutte le attività sono sospese. È dura».
Allo stremo non solo le mamme, ma anche i papà. Francesco Ferrandino, avvocato quarantanovenne, in questi giorni si sveglia alle 4 del mattino per lavorare: «Mia moglie è impiegata e non può non andare al lavoro, le bambine -Benedetta di 7 anni e Noemi di 5- sono a casa. Da quando la scuola è chiusa una baby sitter ci aiuta per una parte della giornata, poi torno prima io e quindi recupero all’alba». Situazione complicata: «Lo è per tanti senza nonni come noi, chi lavora da casa ha grossi disagi perché lo deve fare con bambini al seguito. Bisogna tenere chiusi i piccoli per un’intera giornata perché deve risultare che si lavora. Se poi si esce si evitano i gruppi di bambini per diminuire il rischio di contagio. Ovviamente quando si riesce a uscire: perché ci sono i compiti da fare, che sono tanti e o si lavora o si gestisce lo studio dei pargoli». C’è chi da Milano scappa. «Beato chi può. Noi lo facevamo nel fine settimana, ma andavamo in Val Seriana, zona ancora più a rischio di Milano. Io sono di Ischia, anche andare giù non è pensabile, per gli abitanti del posto veniamo dal Nord, la gente teme i contagi». Quindi, che fare? «Resistere come si può, sperando che passi presto».