Monsignor Domenico Battaglia (foto dal sito della Conferenza episcopale italiana).
(Foto sopra Ansa)
«Ditemi voi se non sono i giovani il volto missionario della nostra Chiesa!». Don Mimmo Battaglia pronunciò queste parole ad Assisi nell’estate del 2018 durante la 68ª Settimana di aggiornamento pastorale. Don Domenico Battaglia, 57 anni, è il nuovo Vescovo di Napoli. Arriva dalla diocesi beneventana di Cerreto Sannita - Telese - Sant'Agata de' Goti che ha guidato dallo scorso 24 giugno 2016. Don Battaglia è il successore del Cardinale Crescenzio Sepe che fu nominato nel maggio 2006 da Benedetto XVI.
A Napoli "don Mimmo" andrà in tutte le parrocchie, andrà nei vicoli, andrà nelle periferie per scovare i giovani. Perché a Napoli comincerà da loro. Dai quei ragazzi che sono anche la speranza. A Largo Donnaregina arriva la svolta con un "prete di strada". Una caratteristica che si ritrova anche nel nome, da Domenico a Mimmo, come da sempre ama farsi chiamare, quel diminutivo simboleggia proprio la vicinanza alla comunità. E proprio nel corso degli ultimi anni attraverso i suoi interventi il nuovo vescovo di Napoli si è fatto conoscere come uomo di prossimità, vicino agli ultimi, non a caso la sua nomina a Cardinale è stata fortemente voluta da Bergoglio nel settembre del 2016.
A lui Francesco stava già pensando da tempo. Ma la pandemia e le crisi che ne sono derivate hanno rallentato tutto. E Napoli sembra essere la sua destinazione naturale. Una città difficile, sempre alle prese con quel "diavolo tentatore" che è la camorra. Una città che ha da sempre bisogno di un "genitore" che si prenda cura di lei e dei suoi figli. Una città che ha bisogno di qualcuno che rassicuri. Caratteristiche che don Domenico Battaglia, conosciuto per la sua grande spiritualità e per l’attaccamento al Vangelo, metterà sicuramente a disposizione della città di Napoli. Lui che arriva dal profondo Sud sa benissimo che l’economia gracile che troppo spesso si vive a Napoli, insieme a problemi come quello della pandemia da Coronavirus, possono essere una bomba da dover disinnescare. Solo lo scorso aprile, don Battaglia spiegò come il virus «ha messo a nudo la fragilità di questo nostro mondo, l'inconsistenza di ciò in cui pensavamo di aver trovato la chiave risolutiva di tutti i nostri problemi» evidenziando le sofferenze che il Covid-19 ha provocato mettendo «tutti in esilio a casa propria, anche i manager e i detentori delle grandi finanziarie internazionali, quelle che vedono oggi morire migliaia di uomini e pur tremando per il futuro dei propri profitti, non vogliono allargare i cordoni della borsa. Non lo sanno fare: hanno finora vissuto solo per se stessi e per il loro denaro. La statua d’oro è preziosa ma dura e insensibile come il loro cuore».
E lui sotto questa pandemia ha visto cadere tante persone, ha celebrato il funerale di Michele, 37 anni, una delle vittime più giovani nel suo Sannio. «Adesso è tempo di credere ancora più profondamente nella forza trainante della Risurrezione di Gesù. Così come egli è morto a nostro favore, per noi tutti, è ugualmente risorto non solo per sé, ma per noi». E in Maria individua «l’icona di questo amore che va oltre la soglia sopportabile del dolore. La varca e la supera perché ha un amore sconfinato». A Napoli, don Mimmo, il Vescovo, scoprirà proprio questo: una città che ti sa amare in un modo sconfinato.
«Napoli, incrocio di bellezza e di ricchezze umane all'ombra del Vesuvio, con la sua complessità ed i suoi evidenti problemi, alcuni antichi ed altri nuovi, rappresenta il vero tesoro del Sud, con i suoi limiti e le sue possibilità», ha scritto don Battaglia nel messaggio inviato alla diocesi di Napoli. «Accanto al desiderio di questa umanità che vuole rialzarsi, ci sono tanti che sperano e lottano ogni giorno per la giustizia, l'onestà, l'uguaglianza e la preferenza verso i più deboli, ma anche per la mancanza del lavoro, che rimane la vera piaga di questa nuova società».
«Abbiamo una diocesi ricca di problemi e difficoltà, ma anche di tanta santità», ha dichiarato in conferenza stampa il cardinale Sepe. «Lasciare una diocesi così ricca è la cosa più bella è straordinaria per un vescovo». Ha aggiunto: «ll fenomeno della malavita era il tarlo che rodeva continuamente la nostra comunità. Un muro contro lo sviluppo umano sociale e cristiano». Quando si parla di camorra si parla di un fatto sociale e cultura, «conseguenza di un ordine morale terribile perché i camorristi accolgono in una rete chi si trova in difficoltà economica e sociale. Questi sono problemi che attanagliano i giovani, che poi se ne vanno». Ha proseguito: «È una sfida da combattere giorno per giorno». E un messaggio forte e chiaro: «Non ci si ferma se i camorristi minacciano, si testimonia la carità di Dio e si va avanti».
Chi è don Domenico Battaglia: è nato il 20 gennaio 1963 a Satriano, provincia e arcidiocesi di Catanzaro. Ha svolto gli studi filosofico-teologici nel Seminario “San Pio X” di Catanzaro. Ordinato sacerdote il 6 febbraio 1988, è stato rettore del Seminario liceale di Catanzaro e Membro della Commissione diocesana “Giustizia e Pace” (1989-1992), amministratore parrocchiale a Sant’Elia, Parroco della Madonna del Carmine a Catanzaro, direttore dell’Ufficio diocesano per la “Cooperazione Missionaria tra le Chiese”, parroco a Satriano (1992-1999). È stato successivamente collaboratore al Santuario Santa Maria delle Grazie in Torre Ruggero, collaboratore parrocchiale a Montepaone Lido e Amministratore parrocchiale della parrocchia Santa Maria di Altavilla a Satriano. Dal 1992 è presidente del Centro Calabrese di Solidarietà, struttura legata alle Comunità Terapeutiche (Fict) di don Mario Picchi. Dal 2000 al 2006 è stato vicepresidente della Fondazione Betania di Catanzaro (opera diocesana di assistenza-carità). Dal 2006 al 2015 ha ricoperto l'incarico di Presidente nazionale della Federazione italiana delle comunità terapeutiche. Dal 2008 è canonico della cattedrale di Catanzaro.