Quest’anno per la prima volta, il 21 maggio, è stata festeggiata la memoria della beata Vergine Maria Madre della Chiesa, dopo la pubblicazione – il 3 marzo scorso – del decreto Ecclesia Mater della Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Il Papa, come si legge nel decreto, «considerando attentamente quanto la promozione di questa devozione possa favorire la crescita del senso materno della Chiesa nei pastori, nei religiosi e nei fedeli, come anche della genuina pietà mariana», ha stabilito che la nuova memoria mariana «sia iscritta nel Calendario romano nel lunedì dopo Pentecoste e celebrata ogni anno».
A padre Salvatore Perrella, mariologo di fama internazionale e autore di numerosi testi, chiediamo: cosa significa questa decisione del Papa per il culto mariano, in tutto il mondo?
«Che Maria e la Chiesa non possono mai essere separate l’una dall’altra. Una venerazione a Maria che non portasse a diventare “pietre vive” della Chiesa, da un lato; e un modo di essere Chiesa che facesse a meno di lei, dall’altro, sono entrambi “in difetto” rispetto al messaggio evangelico. Non a caso, il beato Paolo VI, quando proclamò Maria Mater Ecclesiae, lo fece nel contesto della promulgazione della costituzione dogmatica sulla Chiesa Lumen gentium. Il Concilio si era preoccupato di mostrare chi è la Chiesa. E per farlo, ha sentito il dovere di parlare di Maria, in obbedienza alle Scritture. Venerare Maria con questo titolo, allora, significa ricordare che il Concilio rimane la bussola cui guardare per camminare nei sentieri di questo terzo millennio. Più lo si attuerà nello spirito e nelle decisioni, più la testimonianza cristiana sarà credibile».
In che cosa consiste il senso “materno” della Chiesa? E come la liturgia può valorizzarlo?
«La Chiesa è “madre” quanto più coopera all’azione dello Spirito Santo. E l’azione dello Spirito Santo è sempre “vergine”, nel senso che egli non vuole “impossessarsi” o fare violenza ad alcuno: lo Spirito, infatti, non agisce mediante la prevaricazione seduttrice o il “divorare” chi gli sta davanti. Quanto più, allora, la Chiesa diventa spazio e luogo della presenza e dell’azione dello Spirito Santo, tanto più essa vive una “maternità” e una “verginità” che lasciano trasparire il mistero dell’alleanza tra Dio e l’umanità. Nell’azione liturgica, la presenza e l’azione dello Spirito Santo sono certe, indefettibili e infallibili. Se la Chiesa vuole essere fedele alla sua vocazione di “madre” e “vergine”, deve celebrare sempre meglio i sacramenti con l’attiva e fruttuosa partecipazione di tutti. E farlo insieme a Maria, la donna in cui lo Spirito ha “anticipato” gli esiti di tale “maternità” e “verginità”: la santità, la risurrezione della carne, la vita senza fine nel seno della Trinità. Una santità piena opera sia di Dio che del “fiat” permanente di Maria, come ha ricordato papa Francesco nella recente esortazione sulla santità nel mondo contemporaneo dall’emblematico titolo Gaudete et exsultate, del 19 marzo 2018».
In tutto il mondo spesso la devozione mariana è legata a delle apparizioni. Perché la Madonna appare?
«Non per sua volontà. Le apparizioni fanno parte della strategia del cielo, che è per l’umanità. Maria appare in modi, momenti, con tipologie e messaggi che sono diversi. È Dio che destina le apparizioni perché da Dio vengono e a Dio devono condurre. Sin dagli inizi del cristianesimo abbiamo una lunga serie di apparizioni. La stragrande maggioranza non è supportata da fonti storiche, ma da testimonianze della pietà del popolo. Maria appare come latrice di un messaggio da parte di Dio, in un determinato luogo e in una determinata epoca, con lo scopo di richiamare l’uomo al fatto che Dio è presente».
In che vesti si presenta la Vergine?
«La Maria che appare è la madre gloriosa di Cristo, cioè la Vergine assunta in anima e corpo in cielo che appare nella sua santità. Però le apparizioni possono avere diverse forme esterne, o estetiche, di presenza, a seconda del messaggio: pensiamo per esempio alla Madonna de la Salette, vestita da contadina ma con il diadema regale, che piange per il peccato del mondo. O l’Immacolata di Lourdes, Vergine dell’assoluto. O come l’inculturata immagine della Madonna di Guadalupe, del 1531, che porta un messaggio molto radicale, “nessuno è estraneo a Dio”, soprattutto se è povero o, come direbbe papa Francesco, se è scarto. La Vergine si presenta nelle vesti di una morenita (con la pelle scura, ndr) che parla il linguaggio degli indios. O, infine, la Vergine gloriosa come a Fatima, dove si presenta nella sua maestà e nella sua vicinanza. E chiede ai bambini di pregare, perché il mondo si allontana da Dio».
Ma questi eventi sono fenomeni reali?
«Queste immagini che impressionano gli aspetti esterni dell’uomo, i suoi sensi e il suo cuore, sono fenomeni reali soprannaturali. Tanto che noi diciamo che le apparizioni mariane fanno parte delle cosiddette rivelazioni private o profetiche, rispetto alla rivelazione pubblica di Dio in Gesù, che è la fonte e la norma della fede, e che si è conclusa con la morte dell’ultimo apostolo, Giovanni. Sono quindi a latere, non necessarie, rispetto a quella pubblica. E sono segno della presenza di Dio nel mondo per richiamare l’uomo alla conversione, alla penitenza, all’Eucaristia, vivendo la fede anche in senso ecclesiale. Le cosiddette rivelazioni private o profetiche sono: le apparizioni, in cui si vede e si percepisce la presenza della Madre di Dio; le visioni, in cui c’è la percezione soggettiva di una presenza; le locuzioni, in cui Dio parla mediante il cuore del credente, lo esorta, gli dà messaggi e indicazioni».
Quali sono le caratteristiche delle apparizioni?
«Non dipendono dalla persona, perché sono improvvise e inattese all’inizio. Non hanno qualità universale, perché riguardano un settore e un tempo. Sono diverse per quantità, qualità e motivazioni. Spesso la Vergine è in silenzio e anche questo ha grande significato: per parlare bisogna essere in comunione con lei e quindi con Dio».
Chi può vedere Maria?
«Tutti noi. Non dipende dalla santità del soggetto. Il soggetto deve diventare santo dopo l’incontro».
Si può essere cattolici e non credere alle apparizioni?
«Come cattolico aderisco all’essenza della fede, espressa nel Credo, dove non c’è posto per le apparizioni. Sono utili alla fede, ma non sono necessarie. La fede non si poggia sulle apparizioni, ma sulla rivelazione dell’unico Dio in Gesù. Però il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 60 dice che questi fenomeni soprannaturali che vengono dalla strategia del cielo aiutano la fede perché ci riportano all’essenza del messaggio evangelico: conversione, adesione al Vangelo, vita di preghiera, ecclesialità. Le apparizioni le approva il vescovo».
Cosa deve fare un vescovo di fronte alla notizia di un evento soprannaturale?
«Al vescovo spetta il processo di verificabilità di questi fenomeni. Il punto di riferimento sono le norme emanate nel 1978 dalla Congregazione della dottrina per la fede e aggiornate nel 2012. Quando, con un certo credito, si ha notizia di un’apparizione, il vescovo è tenuto a intervenire: istituisce una commissione ad hoc, verifica la credibilità dei fatti, di coloro che raccontano l’evento, accerta i frutti dell’avvenimento. Alla fine, in base ai risultati, il vescovo può fare una dichiarazione o negativa (“Non è vero”), o affermativa (“È probabile”, perché non si può mai avere certezza matematica), o attendista (“A tutt’oggi” per quel che sappiamo non ci consta che l’evento sia soprannaturale)».
Lei ha fatto parte della commissione su Medjugorje voluta dalla Santa Sede. Cosa ci può dire, anche in base a quello che ha poi rivelato papa Francesco?
«Ci sono stati due processi diocesani che non hanno dato risultati ufficiali, due commissioni senza pronunciamenti. A quel punto la Santa Sede ha suggerito di rivolgersi alla Conferenza episcopale jugoslava – che ora non c’è più – da cui venne fuori nel 1991 il documento di Zara, con una posizione attendista. Nel 2010 Benedetto XVI costituì una commissione vaticana, della quale ho fatto parte come mariologo, che ha lavorato fino al 2014, presieduta dal cardinal Ruini, che è stato un bravo presidente. Abbiamo seguito e applicato le norme del 1978: interrogato i veggenti, le persone a conoscenza dei fatti, studiato gli atti, trovate le altre testimonianze. Un lavoro accurato, la Chiesa è molto seria in queste cose. La commissione non decide, studia e propone. Il cardinale Ruini ha dato tutto la documentazione al prefetto della Congregazione per la dottrina della fede e a papa Francesco. Il quale ha poi detto, rispondendo a una domanda dei giornalisti, che secondo la commissione sono credibili le prime apparizioni. Non è stato constatato che i veggenti siano malati di mente o moralmente tarati (per dolo, per fare soldi ecc.). Il Papa ha poi inviato l’arcivescovo Henryk Hoser per presentare soluzioni in vista di una pastorale del luogo».