«Ci si lamenta e si critica tutto senza tener conto delle cose positive che ci sono. Non dico che non ci siano problemi. Anche nei confronti dei migranti, ci sono tanti problemi da risolvere e la situazione non è facile per nessuno. Ma perché vedere sempre e solo negativo? Non vorrei che fosse un po’ questo il nostro problema: ci lasciamo prendere troppo dal negativo». Intervistato in esclusiva da don Giusto Truglia, direttore della Gazzetta d’Alba, il cardinale Piero Parolin lancia un appello che suona da sprone a tutti gli italiani – sì, proprio loro (noi), quelli che il Censis ha definito “incattiviti e delusi” - e lo fa in maniera netta, senza indugi: bisogna reagire a un Paese incattivito.
Dai migranti all’Europa, il segretario di Stato Vaticano ha detto la sua su temi sempre più spesso strumentalizzati dai populismi. Non bisogna fermarsi ai problemi, ma governarli. Ciò vale per le difficoltà legate alle migrazioni, ma anche per la distanza che si è creata tra cittadini e istituzioni europee. Il sogno dell’Europa? «Da rilanciare sui valori di libertà, democrazia, pace, solidarietà, sussidiarietà, giustizia. Valori che devono essere recuperati e tradotti in maniera comprensibile per i cittadini». L’Europa deve andare avanti tenendo bene a mente i valori dei suoi padri fondatori che, come più volte ribadito anche dal Papa, per Parolin sono essenzialmente due: «La dignità della persona umana e la comunità».
In un Paese chino sul proprio ombelico come l’Italia, «la voce dei cristiani si è però affievolita fin quasi a spegnersi sui grandi temi – che non sono solo quelli etici legati al principio e alla fine della vita – ma un po’ in generale», ha fatto notare Parolin. E qui torna a galla il pensiero di un partito dei cattolici. Per il segretario di Stato Vaticano «è passato il tempo», l’importante è che i cattolici riescano «a trovare una certa unità attorno ad alcuni valori, in qualunque formazione politica militino»: «Dobbiamo essere creativi per trovare gli strumenti che permettano di dar voce ai valori. In questo senso il maggior contributo, anche contro tutti i populismi, è proprio quello di una politica intesa come servizio».
Ad Alba (sede lo storico settimanale paolino) per ordinare vescovo monsignor Marco Mellino, Parolin ha chiarito che non possiamo anestetizzarci nemmeno di fronte ai tanto conflitti che infiammano il mondo: «Non dobbiamo rassegnarci ma fare affidamento sulla grazia di Dio per lottare contro il male. I Papi, a cominciare da Paolo VI, ci hanno insegnato che la pace è possibile e va cercata. Pur coscienti della situazione in cui ci troviamo, segnata dal peccato e dal limite, dobbiamo continuamente lavorare per la pace. La pace non va intesa come assenza di conflitti, perché essi fanno parte della nostra realtà, ma va intesa come superamento dei conflitti». Dal Venezuela alla Siria passando per il Ciad e la Repubblica Centroafricana, giusto per citarne alcuni, in questi giorni di fine 2018 i conflitti in atto sono davvero ancora troppi. Così Parolin, che dal 1986 ha servito la Chiesa nella diplomazia in vari Paesi del mondo, ha fatto ulteriormente riferimento a Francesco: «Come dice il Papa, le differenze ci sono ma devono essere occasioni di crescita comune e arricchimento reciproco».
Infine il Segretario di Stato si è espresso anche sulla riforma della Curia romana - «è già stata avviata e realizzata, non si è bloccata. Vogliamo affermare una maggior collegialità della Curia, con un servizio non solo al romano Pontefice ma anche alle Chiese locali» - e sui frequenti attacchi al Papa: «Ci sono persone che non accettano le aperture che lui sta facendo, nel senso di una Chiesa dal volto evangelico. Francesco vuole che la Chiesa sia trasparenza del Vangelo e questo crea qualche resistenza».
Ed è anche di fronte a queste resistenze, aggiungiamo noi, i cristiani sono chiamati a reagire.
(Foto Ansa)